4 del Tempo Ordinario 29 Gennaio 2017

Dalla 1Lettera ai Corinzibis"Solo Cristo e questi crocifisso". Paolo tutto legge in Lui: presente, passato e futuro; tutto verifica in Lui: parole, opere, azioni; tutto confronta in Lui: ogni sua parola e ogni parola che è uscita dalla bocca di Dio; tutto orienta a Lui: la vita e la morte, il dolore e la gioia, la sofferenza e la salute, la malattia e ogni altra tribolazione. Tutto deve essere immerso in Cristo, e in Lui crocifisso, per trovare la sua verità.
Brano di riferimento: 1Cor 1,26-2,5

Il piccolo gregge
Una controprova del rovesciamento delle vie della salvezza, operato da Dio in Cristo, Paolo lo vede nella comunità stessa e nella sua esperienza personale di apostolo. La maggioranza dei cristiani che formano la comunità di Corinto sono persone semplici, umili, senza cultura e potere umano. Sono quelle che sanno fidarsi di Dio più che di se stesse, del missionario più che dei grandi maestri umani. Ritornano alla mente le parole sul piccolo gregge di Lc12,32, dette da Gesù mentre contemplava lo squinternato gruppo dei suoi discepoli: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”; o quella preghiera di lode al Padre per aver tenuto nascosto il suo modo di agire ai sapienti e averlo rivelato ai semplici di Mt11,25: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. Come sono i nostri rapporti? C’è spazio e considerazione per gli umili, per le persone semplici, di poca iniziativa, o prevale sempre la logica dell’essere potenti, capaci? Il fatto che stiamo diventando minoranza, piccolo gregge di praticanti in un mare di “cristiani della soglia” o del consumismo religioso ci induce solo alla paura e alla lamentazione, o ci apre anche alla fiducia e alla lode? Paolo invita a ricordarsi di quell’anno e mezzo della sua permanenza a Corinto, segnato dalla debolezza - forse da una malattia o da una forte depressione dopo lo smacco di Atene -. Certamente i primi cristiani di Corinto hanno accolto l’annuncio del Vangelo non per l’attrattiva che suscitava Paolo, ma per la forza dello Spirito che agiva nei loro cuori.

La debolezza e la piccolezza
Quello della debolezza e della piccolezza è un tema che ritorna spesso nel Nuovo Testamento: non sono i grandi mezzi, le personalità forti, i grandi miracoli o i grandi discorsi che convertono le persone, che le aprono a Dio e le rendono disponibili al cambiamento, ma è lo Spirito. È un aspetto da meditare bene anche oggi, perché la tentazione di porre la fiducia nei mezzi umani, nelle opere, nei grandi segni e nella loro risonanza mediatica, nei mezzi tecnologici è sempre attuale. La logica dell’agire di Dio rovescia le logiche umane, anche quella - ritornata in auge recentemente - di esaltare i santi, i fondatori, le persone carismatiche e di farne degli eroi, dei superman, togliendoli così dal contesto segnato dalla fragilità, dalla semplicità, dalla condivisione, dall’insicurezza e dalle persecuzioni anche religiose in cui erano vissuti e avevano intrapreso la loro opera. Alla fede, all’amore di condivisione, alla sofferenza per il Vangelo - che erano la loro vera forza - si sostituiscono le opere, l’eroismo, gli onori e i battimani…cose tutte molto più tranquillizzanti dell’impegno a rivitalizzarne il carisma nella realtà d’oggi. La logica della piccolezza è quella di essere una minoranza che diventa lievito e sale, luce e calore che illumina e riscalda il cuore delle persone e le apre alla fede. Non la Chiesa dei concordati e delle mediazioni politiche, ma la Chiesa della fede e dell’amore, delle persone semplici e di chi è capace di condivisione, di perdono e di solidarietà. Anche la nostra Chiesa di Verona dovrà concepire non più l’ottica di rinserrare le fila dei praticanti, ormai sempre più esigue, ma in quella di ritrovare il coraggio e la gioia di essere minoranza profetica, presenza che raccoglie e vivifica la grande tradizione di fede e di segni che ha caratterizzato il nostro passato, anche recente. È bello sentire che siamo coinvolti tutti in un’unica storia. Ma come mai fra noi ci sono pochi nobili, potenti, sapienti? Come mai chi è dotato ed attrezzato trova difficoltà? Perché tutto quello che siamo entra in crisi nell'incontro con il Vangelo? Perché in chi è chiamato, Dio ha scelto le cose deboli, non quelle forti; la fragilità, non le virtù. Sceglie le cose deboli e stolte del mondo, non cose misteriose: le nostre sconfitte, le nostre ferite, gli spazi in cui noi non possiamo. Sono queste le cose a cui è attento, e che portano alla elezione. Noi invece tendiamo spesso a sbagliare nel nostro rapporto con Dio, siamo portati a pensare che si incentri sul fatto che Lui approva le nostre virtù e disapprova i nostri difetti, quasi fosse una macchina per registrare bene/male. Invece il centro di tutto è la misericordia. Noi pensiamo molto spesso alle regole: si deve fare così e non così, ecc. Invece dovremmo semplicemente contemplare il fatto che Lui dalla morte fa fiorire la vita.

Il nostro vanto è nel Signore
Il nostro vanto è nel Signore: quanto è stato bravo il Signore per me! San Tommaso dice che ogni cosa buona, giusta e vera viene da Dio. Vantarsi nel Signore deve avere pertanto un solo significato: dare gloria a Dio in ogni cosa. Si dona gloria a Dio se si attribuisce a lui sia il dono che il frutto del dono. Si dona gloria a Dio quando lo si benedice e lo si ringrazia per quanto ha operato in noi e attraverso noi; quando lo si invoca perché voglia operarlo ancora, ma non perché salga a noi la gloria, ma perché ogni gloria sia data a Lui, anzi, affinché cresca la sua gloria attraverso di noi nel mondo. Come Maria, quando riconosce che Dio il ha fatto in Lei grandi cose e per questo la sua anima magnifica, loda, benedice, ringrazia il Signore. Nell’umiltà e nella virtù della semplicità del cuore, anche il dono grande si vive da piccoli e vivendolo da piccoli ci fa rimanere piccoli, bambini dinanzi a Dio e agli uomini. Gesù dice: “Se non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli”. Del bambino è proprio la piccolezza. Quando egli comincia a pensare in termini di gloria e di grandezza, egli non è più bambino. È finita per lui per sempre l’età in cui tutto è visto come un dono, come uno che è dagli altri e per gli altri. Non si è più bambini quando ci si pensa da se stessi e per se stessi. È proprio in questo momento che l’uomo si crede autore e attore di tutto ciò che avviene in lui e attorno a lui. Però Dio con noi ha un rapporto di salvezza, che non è solo bene/male, ma tirar fuori dal male verso il bene. Questo è il vero respiro della fede. La prospettiva è quella di una gioia infinita. In riferimento alla chiamata, Paolo vuole dirci: "Non vedi come sono andate le cose?". Noi non siamo qui per una gara vinta, ma unicamente per la sua misericordia. E solo di questo dobbiamo vantarci.

La parola e la predicazione: Gesù Cristo crocifisso
Il vero, autentico annunciatore del Vangelo deve in questo imitare Paolo. Deve essere sempre illuminato dallo Spirito del Signore perché abbandoni ogni sublimità di parola e di sapienza umana. La testimonianza di Cristo Gesù trascende tutte le culture, tutte le sapienze, tutte le parole degli uomini. Ogni cultura, ogni sapienza, ogni parola è in Cristo Gesù, è in questa testimonianza che riceve la verità, la consistenza, la sua forza di trasformare l’uomo e di condurlo nella verità e nella saggezza che salvano la sua vita. È questa la regola perenne della predicazione cristiana. È Cristo la nostra verità, l’unica verità da annunziare. Ma il Cristo da annunziare è nel mistero della sua croce. Paolo lo dice chiaramente: egli non ha voluto sapere altro in Corinto se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Non sapere altro deve significare per lui e anche per noi una cosa sola: la scienza di Paolo è come bloccata. Egli non vede altro davanti ai suoi occhi se non Cristo e questi crocifisso. È come se intorno a sé si facesse buio, come se tutto scomparisse: la sua storia, le sue tradizioni, le sue origini, tutto il suo passato, anche il suo futuro. Ciò che prima era l’oggetto della sua mente, dei suoi desideri, dei suoi pensieri, l’aspirazione del suo cuore. Tutto cessa, tutto finisce, tutto scompare, tutto si perde, viene meno. È come se fosse avvolto dal nulla, come se mai fosse esistito. Dinanzi alla sua mente e al suo cuore c’è una sola luce, una sola verità, un solo pensiero, un solo amore, una sola realtà, una sola speranza, un solo desiderio, una sola sapienza, una sola vita, una sola morte: Cristo e questi crocifisso. Vedendo solo Cristo e questi crocifisso, Paolo tutto legge in Lui: presente, passato e futuro; tutto verifica in Lui: parole, opere, azioni; tutto confronta in Lui: ogni sua parola e ogni parola che è uscita precedentemente dalla bocca di Dio; tutto orienta a Lui: la vita e la morte, il dolore e la gioia, la sofferenza e la salute, la malattia e ogni altra tribolazione. Tutto deve essere immerso in Cristo, e in Lui crocifisso, per trovare la sua verità. Tutto ciò che non è condotto a Cristo, da Cristo non è verificato, in Cristo non è immerso, non può avere diritto di essere annoverato tra le cose vere, sante, buone. Tutto ciò che non viene purificato dalla croce di Cristo e da Cristo crocifisso rimane nella sua imperfezione, nella sua incapacità di portare salvezza sulla terra. Tutti i pensieri su Dio, quelli già conosciuti, perché detti da Lui, tutti quelli ancora da dire, perché lo Spirito del Signore non li ha suggeriti alla mente, devono essere messi a confronto con Cristo e questi crocifisso, poiché è Lui l’unica verità di Dio ed è la sua croce l’unico metro per conoscere se quanto noi pensiamo è verità, oppure è falsità. Cristo crocifisso è l’unico libro da leggere, l’unico da comprendere, ma anche l’unico da spiegare e l’unico da completare di scrivere e bisogna completarlo a scrivere aggiungendo il capitolo della nostra vita, la parte che ci riguarda. Il libro della croce, il libro di Cristo crocifisso sarà terminato solo alla fine del mondo, quando sarà completato ciò che ancora manca ai patimenti di Cristo Gesù, in favore del suo corpo che è la Chiesa. Nel frattempo ognuno dovrà imparare a leggere in questo libro, dovrà farsi aiutare nella comprensione, perché inizi la scrittura di quella parte che ancora manca e che è la propria crocifissione in Cristo. Ormai c’è una sola via per andare a Dio e all’uomo e questa via è quella di Cristo e questi crocifisso. Pensare di andare all’uomo senza la via della croce è solo consumo invano di ogni energia spirituale, fisica e morale. È lasciare l’uomo così come esso è. La pastorale, ogni pastorale, diviene pertanto insegnamento a leggere a ciascuno e a tutti insieme il grande e stupendo libro della croce, perché conoscendolo perfettamente, ognuno inizi a scrivere e a completare quanto ancora manca in esso per la redenzione propria e del mondo intero. Comprendiamo allora perché la mente di Paolo si chiude sul mondo e si apre interamente sulla croce di Cristo; sappiamo ora perché Paolo non conosce altro. Non conosce altro, perché non vede altro; non conosce altro perché nel suo cuore e nella sua mente non c’è altro. Dinanzi a Cristo crocifisso è come se il cuore e con il cuore tutto si fosse liquefatto in lui e un nuovo essere da Cristo Gesù è nato e si è formato. È come se il vecchio uomo fosse realmente morto e un nuovo uomo è nato da quella morte e questo realmente e non solo spiritualmente, o moralmente. Un fatto è certo: dopo la visione del Cristo crocifisso nella gloria che egli ha contemplato sulla via di Damasco, è morto in lui veramente l’uomo vecchio, ed è nato l’uomo nuovo e questo uomo nuovo porta impresso nella sua mente il sigillo di Cristo crocifisso. È come se ora Paolo fosse fatto sul modello della croce, crocifisso come Cristo, a perfetta sua immagine e somiglianza. Questa è la verità che egli ha cercato di manifestarci attraverso parole così semplici: Cristo Gesù, e questi crocifisso. Paolo attesta che niente promana da lui, tutto è invece posto nelle mani del Signore. Se il Signore converte, egli converte; se il Signore unisce, egli unisce; se il Signore non converte, egli non potrà mai convertire; se il Signore non unisce, egli mai potrà formare una comunità che porti il suo nome. La debolezza dice esplicito riferimento a Dio, alla sua grazia, alla sua verità. Dice richiesta dello Spirito Santo a Dio perché sia Lui a scendere in un cuore e orientarlo verso il Padre celeste nella verità e nella grazia di Cristo Gesù. La debolezza dice umiltà, povertà in spirito, fiducia incondizionata nel Signore. Dice fede nella Parola di Cristo Gesù, che conforta i suoi discepoli con la certezza nella mente e nel cuore che la loro missione mai andrà perduta, anche se al momento i frutti non maturano. È proprio di Dio conoscere i tempi e i momenti per la edificazione del suo regno sulla terra; è proprio del Signore conoscere i tempi e i momenti per la conversione di un cuore. La conversione di un cuore, l’accoglienza della parola di vita, l’adesione a Cristo Gesù non nascono da noi. Uno può anche lavorare senza sosta per mesi e mesi, si trova sempre nella situazione di Pietro che fatica e si stanca per una intera notte ma senza prendere nulla. La pastorale si fa sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza. Lo Spirito si manifesta creando una nuova realtà, illuminando le menti, riscaldando il cuore, compiendo segni e prodigi di amore e di verità, convertendo il nostro spirito con una sola parola, anzi, molte volte, con un solo sguardo.

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