Maria Madre di Dio 1 Gennaio 2017
Qualcosa di rosso addosso... Una cravatta? Una maglietta? Un cappello? Devo mettere qualcosa di rosso se voglio fortuna per il nuovo anno! Ma non è questa la sola tradizione legata al passaggio dal vecchio al nuovo anno: ci sono anche le lenticchie, che mangiate nel cenone, richiamano anch'esse fortuna. E poi mia mamma la sera dell’ultimo dell’anno e al pranzo del 1 gennaio ci ha insegnato a mangiare qualche chicco di uva… sempre per avere fortuna nel nuovo anno. E gli antichi Romani si scambiavano miele, datteri e fichi secchi per augurare un dolce e fruttuoso anno.
Il capodanno obbliga ciascuno a ripensare al tempo che passa e che fugge. Il cambio di data che va in avanti - e che non torna indietro come vorremmo noi adulti quando vediamo aumentare la cifra dei nostri anni -, è un momento di bilancio del passato e di speranza verso il futuro: si spera per sè e per gli altri che il nuovo anno sia più ricco, più felice, più sereno.
San Paolo, scrivendo molti secoli fa alla piccola comunità dei cristiani della Galazia, parla di un tempo nel quale Dio ha cambiato la storia e ha iniziato un nuovo tempo. Era la pienezza dei tempi, cioè il momento giusto della storia che ha iniziato un nuovo corso: è il tempo di Gesù. Quel nuovo inizio non è stato caratterizzato da indumenti rossi, da lenticchie, baci e brindisi, ma dalla nascita di un Bambino, che ha portato salvezza per l’uomo di ogni tempo. Iniziamo quindi il nuovo anno con questa consapevolezza: sono amato da Dio e non devo guadagnarmi niente, perché lui mi ama già così come sono... perché sono suo figlio. Inizio il nuovo anno con un compito preciso che è quello di far sì che tutto coloro incontrerò si sentano amati. Gesù mi ricorda che anche io sono figlio e posso operare il miracolo dell'amore, come Lui ha fatto. E in questo compito non sono solo! Non sono l'unico figlio di Dio e fratello di Gesù. Se mi guardo attorno sono tanti quelli che con me sono lì a costruire il Regno di Dio, sono miei fratelli e sorelle da amare. Per molti di noi infatti, la prima parola pronunciata stanotte e stamattina è stata: Auguri! È la stessa parola che la Bibbia ci rivolge all'inizio del nuovo anno: "Ti benedica il Signore e ti protegga, faccia brillare il suo volto su di te".
Un nuovo anno: ci sono persone che non rileggono per la seconda volta un romanzo o un racconto per il semplice fatto che ne conoscono già il contenuto e soprattutto perché sanno già "come va a finire"... Se si dovesse, applicare questo modo di fare alla vita, oppure al Vangelo, sarebbero guai... Si potrebbe perdere l'ondata di tutte quelle emozioni e di tutti quei sentimenti provati in prima battuta; in una parola si potrebbe perdere via via la capacità di stupore e la gioia di vivere. È proprio per evitare questo pericolo che la liturgia propone la lettura ripetuta, ma non ripetitiva, di brani di Vangelo, quasi a suggerirci che è proprio perché si sa "come va a finire" il racconto, che è possibile - ed efficace per la nostra fede - concentrare l'attenzione su tutti i dettagli della narrazione per crescere nel nostro rapporto con Cristo. E, se è vero che "scrivere è vivere" - come annotava il romanziere inglese Julien Green - allora è possibile interpretare il "leggere" come una sorta di metafora della vita: è possibile - come scriveva il poeta Tagore - "fare memoria dello stupore del primo incontro"… così come si può fare per la "prima lettura" onde non perdere la capacità di stupirci nello scorrere della ferialità ed evitare di cadere nelle sabbie mobili della monotonia, dell'abitudine o della ritualità. Il brano di Vangelo di questo primo dell'anno, a ben vedere, ci descrive un quadretto di vita talmente usuale e normale da non scuotere più di tanto il nostro cuore. Tuttavia, a ben soffermarsi sulla descrizione dei sentimenti del cuore e dell'anima dei singoli protagonisti, ci si può trovare d'accordo con chi ha affermato – Chesterton - che "il mondo perirà non per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia". Il brano di oggi sottolinea lo stupore e la gioia di umili pastori di fronte ad un avvenimento semplice e naturale, come la nascita di un bambino nel pieno di una notte. Un avvenimento annunciato loro da angeli… questa forse la cosa "eclatante" che pur tuttavia non spaventa e che li fa scattare in piedi per andare a verificare. Tutti questi dettagli ci dicono che la vita di ogni giorno può essere vissuta con l'atteggiamento dello "stupore" per quello che ci capita nel "qui ed ora" perché è proprio lì che c'è Dio... Anzi - paradossalmente parlando - si potrebbe dire che Dio più che essere all'esterno "nelle cose che capitano", sta all'interno, nella "gioia" intima dell'anima di fronte a queste. Di stupore in stupore, quindi quello dei pastori che corrono a verificare quello che avevano sentito annunciare, uscendo poi di scena saltellando dalla gioia e lodando Dio, stupore unito a quello della Madre che non credeva ai suoi occhi per quello che stava vivendo. Non credeva ai suoi occhi ed era rimasta senza parole… al punto che Luca la descrive così: "Conservava tutte queste cose meditandole in cuor suo". Quanto sarebbe bello, nella quotidianità, recuperare questo silenzio che già di per sé è lode! Quanto sarebbe bello vivere l'attimo e il presente dei piccoli e grandi eventi del tempo con l'anima collegata all'eterno! Evaporerebbero, come nebbia al sole, dolori e rimpianti del passato, ansie e preoccupazioni per il futuro. Rimarrebbe la gioia, la gioia pura di vivere e di credere "ai propri occhi", quelli dell'anima, gli unici a vedere l'invisibile.
Il Signore vi sorrida sempre!
Buon anno a tutti!