Santo Natale 2016
Buon Natale e buona Domenica! Quest’anno la Solennità del Santo Natale cade proprio nel giorno della Domenica, del “dies domini” e questo mi porta a leggere il messaggio di fede dentro questa coincidenza del calendario. La domenica per i cristiani è stata e rimane la festa per eccellenza. Celebrare la domenica come giorno nel Signore è venuto prima di ogni altra ricorrenza del calendario, e in questo giorno la comunità dei cristiani si riconosce e ha la sua prima e immodificabile tradizione. Chissà quale giorno della settimana era quel 25 dicembre della nascita di Gesù. Ma mi piace pensare che fosse di domenica non tanto come elemento da calendario ma come significato. È un giorno di luce per il mondo, proprio come quel “giorno dopo il sabato” nel quale Gesù rompe le catene della morte e si mostra vivo per sempre.
Le icone, immagini antiche venerate soprattutto in oriente, nel modo di rappresentare la scena, hanno sempre legato nascita e morte del Signore. Con una croce vicina, una culla dipinta come un sepolcro, le fasce di Gesù Bambino che sembrano quelle di un sudario, l’arte religiosa ha voluto dire quel che emerge dal Vangelo, cioè che quella nascita normale è insieme prodigiosa, e in quel bambino piccolo posto dai genitori in una mangiatoia è presente il Risorto, il Salvatore del mondo. Quella notte non c’erano le luci decorative che vediamo un po’ ovunque nelle nostre città e paesi, e nemmeno gli alberi natalizi più o meno artistici. Non c’erano i mercatini o Babbi Natale con sottofondo di canti tradizionali. Quella notte non c’era nulla di questo, non c’era nulla di straordinario se non una nascita come tante altre e pastori ignari di tutto, che sono chiamati a vederci dentro Gesù, il Salvatore del mondo. I pastori sono come i primi testimoni della Risurrezione, che non sono stati nemmeno gli apostoli ma le donne. Anche in quella notte di Betlemme non sono i sacerdoti ad accorgersi e verificare la nascita del Messia tanto atteso, ma proprio uomini e donne qualunque, che sono pronti e disponibili a venire e poi andare ad annunciare.
Anche in questo Natale siamo chiamati a riscoprire la Pasqua dentro gli eventi di Betlemme. Gesù è Dio che entra nel mondo attraverso la porta di un bambino, che crescendo e diventando uomo, mostra che la Vita è entrata nella nostra vita e fin da adesso la fa risorgere… nonostante tutto. È un vero Natale pasquale quello che viviamo non solo oggi, ma tutti gli anni e tutti i giorni, anche quando le luci si sono spente, gli alberi smontati, i mercatini chiusi, la musica cambiata e i Babbi Natale sbarbati fino al prossimo anno.
Questa notte la liturgia ha invitato a riflettere sul mistero di un Dio che sceglie di rivelarsi al mondo sotto le spoglie di un neonato... Il Vangelo di oggi, vera opera d'arte letteraria, uscita dalla penna e dal cuore di Giovanni, ci aiuta ad accostare il mistero del Natale da un punto di vista meno pittoresco forse, di minore impatto emotivo, ma certamente di spessore teologico incomparabilmente superiore. "En arché...", "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio...". Cinque secoli prima di Giovanni, i filosofi greci avevano cercato di stabilire quale fosse l'arché, il principio del mondo, dal quale tutto ha avuto origine, e per il quale tutto sussiste: un elemento fluido, un principio astratto, l'indefinito, illimitato, l’archè è l'aria, oppure l’archè è il fuoco e il movimento… Giovanni, per tradizione ritenuto il più giovane degli apostoli, si muove all'interno di questo complesso e affascinante dibattito filosofico. C'è tuttavia una differenza sostanziale tra l’evengelista e i filosofi antichi: per loro l'arché costituisce una deduzione razionale, fondata sull'osservazione della realtà; per Giovan l'arché, il principio che precede, che crea e che mantiene in vita tutto ciò che esiste, è una certezza indubitabile, motivata e convalidata dalla fede nella Verità rivelata dalle Sacre Scritture, e comprovata dall'esperienza diretta dell'incontro con Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio. Mi rendo conto che questo discorso, fatto proprio a Natale, può suonare particolarmente ostico, e magari anche poco interessante per la maggioranza dei cristiani. Chi ha scritto una tesi di laurea, sa che la tesi deve aprirsi con l'introduzione e chiudersi con le conclusioni... Ma, gli universitari lo sanno, l'introduzione è la parte più difficile di tutta la tesi; abitualmente si scrive per ultima... perché deve contenere in poche righe il contenuto dell'intero lavoro e le conclusioni. Giovanni concentra nel prologo tutto il contenuto del suo Vangelo, anzi, di tutta la Parola, dalla Genesi, all'Apocalisse. Anche se il linguaggio è fortemente spirituale, il Prologo di Giovanni attesta la concretezza di un'esperienza vissuta. L'attesa è finita; il tempo finalmente è arrivato! In verità, l'apostolo dichiara che ciò che lui ha conosciuto e che proclama nel suo libro, non è una novità degli ultimi tempi... Ciò che profuma di novità è il passaggio dal logos, dalla parola iniziale, che era già allora più che una semplice parola pronunciata, era parola creante, parola che dà vita e mantiene in vita, la novità consiste nel passaggio dalla parola uscita dalla bocca di Dio, alla parola incarnata nell'uomo Gesù. Da una presenza implicita, non così evidente, sulla quale si poteva e si può discutere - non solo i filosofi lo facevano e lo fanno - siamo passati ad una presenza esplicita; dal dato puramente teologico, al fatto storico.
La nostra non è una religione del Libro, come l'Islam e l'Ebraismo. La centralità che per i nostri fratelli Musulmani ed Ebrei è rappresentata dal testo ispirato, per noi cristiani è rappresentata da Gesù di Nazareth, il Santo di Dio, il Cristo della fede. Noi non ci misuriamo con un testo, ma con una persona, che ci parla, sì, attraverso il Vangelo, ma non solo: Cristo si manifesta realmente nei sacramenti, dei quali l'Eucaristia costituisce il più importante e dalla quale tutti gli altri scaturiscono. Ci vuole una gran fede per credere che in quel piccolo pezzo di pane e in quel sorso di vino si rivela la persona di Cristo, la pienezza della Sua divinità! Questo è vero il significato del Natale: da celebrare e poi da vivere.
Buon Natale alla mia mamma che mi vuole tanto bene e al mio papà che ora mi sorride dal cielo e mi dice: “Va tutto bene!”
e Buon Natale a tutta la mia famiglia che in mille modi mi è sempre vicina a mi aiuta ad andare avanti.
Buon Natale ai diaconi Tito e Luciano e alle persone che in questa Chiesa credono in me, ci sono sempre e condividono le cose belle e meno belle di ogni giorno.
Buon Natale a chi mi dà una mano molto concreta e vera, a chi dona il suo tempo per il Signore e per questa Chiesa: senza di loro non so come farei ad andare avanti.
Buon Natale alle tante, tantissime persone che in questo luogo soffrono per la perdita di una persona cara: le vostre lacrime siano asciugate dal Bambino Gesù il Dio della Vita.
Buon Natale anche a chi mi vuole male e non si rende conto di quello che purtroppo sta facendo.
Buon Natale alla Comunità di Rinnovamento Carismatico “Gesù il Signore è vivo”: con voi sto condividendo le fatiche di questi ultimi mesi, ma soprattutto la gioia di pregare e di lodare insieme il Signore, anche in questo luogo.
Buon Natale infine a te, fratello don Andrea: non sai quanto sia grande e significativa la tua presenza qui oggi per me e per tutti noi.
Buon Natale allora a tutti, con questo grande augurio: incontriamo il Bambino nato a Betlemme, il Dio di Gesù Cristo, diventando anche noi, per coloro che incontreremo, l'occasione per vivere nel cuore la nostra stessa esperienza.
E sarà veramente Natale!
Per me, per voi, per tutti!