Domenica dei Defunti 6 Novembre 2016
La Risurrezione: tema centrale della nostra fede… un tema “caldo” perché sempre difficile da affrontare: siamo abituati a guardare all'oggi da dimenticare di guardare alla vita sub specie aeternitatis, consapevoli, cioè, che vi è una dimensione al di là, di eternità, che ci sfugge al momento, ma della quale sentiamo un profondo bisogno.
Proviamo a comprendere cosa ci dice a riguardo Gesù. Una diatriba profonda che sfocia nel ridicolo. Il racconto ci presenta un episodio che prende spunto da una vecchia discussione presente in due dei gruppi più importanti in Israele: da un lato i Sadducei, i nobili legati al Tempio, collaboratori con i Romani, ma conservatori in ambito religioso e che negavano la realtà della Risurrezione dei morti; dall’altro i Farisei, più legati al mondo della gente comune, grandi esperti della Legge, ma anche aperti a novità nella sua interpretazione e che consideravano valida la realtà della Risurrezione. La diatriba, come ci viene presentata oggi dal Vangelo, fa comprendere come l’idea di Risurrezione fosse troppo ancorata alla sfera materiale: era vista, da ambo le parti, come una sorta di prosecuzione della vita “materiale” ed il racconto della donna sposa di sette fratelli scivola nel ridicolo di una comprensione limitata, un’idea che non sa elevarsi dalla mera quotidianità. L’Oltre è qualcosa in più. È qui che Gesù interviene e, come sempre capita di fronte a delle idee poco chiare degli Israeliti, va in profondità e apre al significato autentico. Anzi, potremmo dire che, più che andare in profondità, Gesù permette di innalzarsi, per andare oltre le categorie che limitano il nostro pensiero, anche quello religioso.
Di fronte alla concezione di allora, Gesù sottolinea due aspetti, circa il primo dice: “… quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli…”. Usando le stesse immagini dei suoi interlocutori, Gesù fa capire che la realtà dell’Oltre è qualcosa che segna un salto di qualità. Non è un ritorno alla vita terrena, ma è una sorta di nuova creazione che riguarda la persona nella sua integralità. Non è il prolungamento della condizione materiale, ma è una sua “trasformazione”, che porta ad essere autenticamente ciò che siamo nella profondità del nostro essere e cioè figli di Dio!
L’Oltre si fonda poi nella fedeltà di Dio: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui". Gesù vuole sottolineare che il nostro andare verso l’Oltre non sarà mai un salto nel buio, c’è una base dalla quale possiamo innalzarci, ed è la consapevolezza della fedeltà di Dio, una fedeltà che nasce da un’esperienza profonda vissuta con Lui, dall’aver camminato con Lui qui ed ora, nell’aver fatto storia con Lui nell’oggi di ogni giorno. Ecco allora che il Dio della storia, fedele alla sua alleanza, non abbandonerà coloro che a Lui si sono affidati, che con Lui hanno vissuto una profonda comunione!
Tutto questo per cercare di sollevare un velo nel profondo mistero della Vita: le parole di Gesù, ma soprattutto l’esperienza della sua Risurrezione, diventano elemento di speranza e di sprone per ciascuno di noi. Speranza di una realtà che si apre in un Oltre che è sì profondamente radicato nella nostra vita di oggi, ma allo stesso tempo ci fa fare un salto di qualità. Sprone, perché nulla si improvvisa, e se nel nostro oggi non sappiamo camminare con Dio, fare storia con Lui, vivere in comunione con Lui, ecco che in quell’Oltre, che resta mistero, non ci sarà storia di cui far memoria, non ci sarà vita da salvare … perché quando non si fa storia con il Dio dei vivi si è già morti qui ed ora! Non è mai facile parlare di Risurrezione, di Oltre … si cerca di balbettare qualcosa, ma allo stesso tempo non dobbiamo avere timore di cercare di comprendere: Cristo è la nostra speranza e la nostra roccia e Dio, nel momento in cui saremo chiamati ad entrare in quella dimensione, non rifiuterà di tendere la sua mano a coloro che hanno voluto fare strada con Lui … e questo significa vita eterna, perché Dio è Dio dei vivi e non dei morti!
Un pensiero anche oggi va proprio ai nostri fratelli Defunti: stiamo ancora celebrando l’Ottavario di preghiera per loro.
Commemorare letteralmente significa = cum memorare …fare memoria insieme.
Ricordare letteralmente significa = re cordis…ritornare al cuore.
I ricordi sono quella parte di noi che a volte ci mantengono in vita. Ci rifugiamo nei ricordi e ci serve vivere di ricordi. Non possiamo fare a meno dei ricordi. Le malattie più devastanti sono quelle che privano la persona del ricordo dell'affetto ricevuto, dell'amor donato, delle lacrime versate. Ricordare significa mantenere in vita, così come il cuore fa con ognuno di noi. Ricordare i nostri fratelli e sorelle defunti, vale a dire mantenerli in vita, dentro di noi. I momenti in cui si è riso o pianto insieme, l'attimo in cui i nostri sguardi si sono incrociati, le sere passate davanti alla tv a vedere una partita o a giocare, i litigi che puntualmente finivano con un abbraccio, le lunghe telefonate ad ascoltare lo sfogo dell'altro: questi e tanti altri ricordi sono i battiti che mantengono in vita, dentro il nostro cuore, il cuore di chi non c'è più. E anche se non li vediamo più con gli occhi, li ricordiamo e li teniamo davanti agli occhi del cuore, come se fosse soltanto ieri. Non un lumino, né un fiore o un marmo bianco potranno mai sostituire il valore di un ricordo. Del ricordo del cuore, ma anche nella preghiera. Ricordiamo insieme perché siamo una famiglia. Perché è bello ricordare da soli, ma quando si ricorda insieme, tutto diventa più semplice, anche la morte. Siamo una famiglia che non ricorda con nostalgia o sofferenza, ma parla della morte con la speranza sulle labbra e con il sepolcro vuoto negli occhi. Ricordiamo insieme alla comunione dei santi, perché loro hanno indicato la strada ai nostri cari per tornare a casa, alla casa del Padre preparata per tutti noi. Perché la morte è solo passare dall'altra parte, nascondersi nella stanza a fianco… Ma quanta paura ci fa. La morte ci fa paura perché non la conosciamo. Nessuno ce l'ha mai presentata. È lei che si presenta all'improvviso, come ospite inatteso, bussando alle porte delle nostre case. Da lei ci sentiamo derubati delle persone più care, degli affetti più grandi e vorremmo cacciarla via con tutte le nostre forze, ma non ci riusciamo. La morte è incomprensibile ma non è invincibile: Cristo l'ha vinta per noi una volta e per sempre. La fede ci ha dato l'arma più potente per combatterla: la speranza nella Risurrezione! Eppure continua a farci paura perché oggi la morte è un tabù: nessuno ne parla, non portiamo più i bambini al Cimitero ma a fare "dolcetto o scherzetto", ognuno sa darti un consiglio su come migliorare la tua vita ma nessuno ti insegna a morire. Abbiamo dimenticato che alla morte si arriva vivi.
La Commemorazione dei Defunti, allora, non è un'occasione solo per parlare di morte, ma per riflettere sulla vita. Sul valore che gli diamo, sul modo in cui impieghiamo il tempo a nostra disposizione, sul bene che facciamo, sull'amore che doniamo gratuitamente, sulle mani che stringiamo e sulle carezze che riceviamo. E quando arriverà la morte non sarà la fine della storia, ma l'inizio di un capitolo nuovo. Se impariamo a vivere sarà bello per gli altri ricordarsi di noi e noi continueremo a vivere in loro.
Se impariamo a vivere, sapremo anche morire.