XXI del Tempo Ordinario 21 Agosto 2016
Gesù insegna passando per città e villaggi. Ma che cosa insegna camminando verso Gerusalemme? La domanda posta da un tale ci rivela che Gesù insegna sul tema della "salvezza". È chiaro che l'invito non è rivolto solo a chi ha avuto il dono di ricevere l'annuncio del Vangelo, ma a tutti gli uomini, da qualunque parte del mondo provengano e in qualunque modo siano giunti alla conoscenza o all'intuizione di Dio.
La rappresentazione che il profeta Isaia evoca con le sue parole è opposta a quella nota della Torre di Babele: le genti allora si disperdevano, ognuna con la sua lingua e usanze, senza avere apparentemente nulla in comune. In realtà le genti sono radunate da un elemento comune: la fede nell'unico Dio, seppur pronunciata e manifestata in modo diverso. Se tutte le genti sono chiamate, chi fra queste sarà salvato?
La domanda che apre il brano evangelico, nel modo in cui viene posta a Gesù, tradisce la convinzione di fondo che soltanto i membri del popolo eletto o le persone "per bene" di Israele otterranno la salvezza.
Ma che cos'è questa salvezza che Gesù insegna?
Come ci si può veramente salvare?
Come si può entrare nel Regno di Dio?
Come si può avere la vita nuova in Cristo?
Gesù dice di entrare per la porta stretta. Ma che cosa significa "sforzarsi di entrare per la porta stretta?". Che cosa è quella porta stretta? Papa Francesco ci sta aiutando a capire cosa bisogna fare per entrare per la porta stretta: dobbiamo decentrarci, uscire dal nostro volere e dal nostro interesse. Il centro deve divenire Cristo. L'allegoria contiene due diversi elementi: il primo è lo "sforzarsi", l'impegnarsi attivamente, il metterci energia e dedizione, costanza nella determinazione. Non è un'azione che venga naturale senza che ce ne accorgiamo, senza la nostra volontà, o che si esaurisca in un unico tentativo. Il secondo elemento è “la porta stretta”: ci passa solo la persona, senza che si porti nulla, senza che sia sorretta o accompagnata. Entrare dalla porta stretta è perciò una scelta personale che richiede totale dedizione. Non viene dato un limite di tempo, il numero non è limitato da una data di scadenza o da una data di consegna. Quindi è aperta per tutti e per tutto il tempo necessario, finché il padrone di casa non chiuderà la porta. Per ogni uomo questa porta si chiuderà nell'ultimo giorno della nostra esistenza terrena, e comunque alla fine dei tempi.
Fra le righe l'invito è evitare la mediocrità, che ci illude di essere "bravi", senza però che ci siamo sforzati veramente e abbassati abbastanza da passare da quella angusta porta. È in gioco la salvezza. Chi non si sforza, chi non lotta ogni giorno conforme alla volontà di Dio, si esclude da questa salvezza. "Sforzatevi di entrare per la porta stretta" dice Gesù. Questo non risolve il problema sul numero dei salvati, se siano tanti o pochi, ma coinvolge personalmente i suoi interlocutori. Nessuno può rimanere indifferente di fronte ad una questione così importante. C'è una porta da trovare e occorre mettercela tutta per passare attraverso di essa. Questa porta è quella della fede. Paolo e Barnaba di ritorno dal primo viaggio missionario radunano la Comunità di Gerusalemme e riferiscono come Dio "avesse aperto ai pagani la porta della fede". Più precisamente questa porta è Gesù, secondo l'insegnamento della parabola del Buon Pastore: "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo". Per questo Paolo chiede agli abitanti di Colossi: "Pregate anche per noi, perché Dio ci apra la porta della Parola per annunciare il mistero di Cristo". Attraverso una porta stretta si entra facendosi piccoli e curvandosi. Nel passo parallelo del Vangelo di Matteo si dice: "Larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione... Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita...".
A Gerusalemme l'ingresso del sepolcro di Gesù nell'omonima basilica è basso e stretto e all'interno l'ambiente è angusto e buio; eppure proprio da qui con la sua risurrezione, Gesù uscì per riempire di luce e di vita il mondo. Chi crede ha intrapreso la via della salvezza che terminerà ad un'altra porta, quella della gloria di cui si parla nell'Apocalisse: "Ecco, una porta era aperta nel cielo! Per essa entrano i giusti". Al Signore bisogna rivolgersi con la bocca, con il cuore, ma anche con le opere. "Non chiunque mi dice: 'Signore, Signore', entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" aveva già avvisato il Signore. A chi si rivolge a lui con la bocca soltanto, ma ha il suo cuore lontano, il Signore non apre la porta.
La proposta del Regno di Dio è per tutti: "Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio", ma occorre farsi trovare pronti. Non importa il punto di partenza, sembra dire il Signore; quello che fa la differenza è il punto di arrivo. C'è un verbo che Gesù usa che può farci comprendere che cosa significa entrare per la porta stretta: conoscere! Gesù dice a quelli che bussano e vogliono entrare: "Non vi conosco". Forse quel verbo è la chiave per entrare per la porta stretta. Conoscere significa diventare una sola cosa con la persona che si apre a noi, che ci dischiude la porta del cuore, che ci accetta per quello che siamo, che ci ama infinitamente per farci essere noi stessi, che ci fa diventare la parte centrale della propria vita attraverso la sua incondizionata misericordia. Conoscere è darsi perché l'altro possa esistere, possa fare esperienza dell'amore, possa gioire della vita.
"Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo" Gv17,3.
È Lui la porta che conduce alla conoscenza e alla comunione con il Padre, perché lui e il Padre sono una cosa sola.
Conoscere Gesù è conoscere il Padre.