Pentecoste 15 Maggio 2016
Shevuot, la festa della mietitura per il popolo ebreo, che ricorda la sua celebrazione cinquanta giorni dopo Pesah, era una festa agricola che, con il passare dei secoli, era stata arricchita da un altro segno: in quel giorno si ricordava il dono della Torah sul monte Sinai, la Legge di Dio. Israele era fiero della Legge che Dio gli aveva consegnato; pur essendo il più piccolo fra i popoli, era stato scelto per testimoniare al mondo il vero volto dell’unico Dio. Proprio in quel giorno, Luca situa la discesa dello Spirito Santo.
Spirito che era già stato promesso da Gesù ai discepoli in vari momenti, e donato loro la sera di Pasqua. Perché ripetere questa effusione? Perché quel giorno? Forse Luca vuole dire ai discepoli che la nuova Legge è un movimento dello Spirito, una luce interiore, una nuova forza di vita. Gesù non aggiunge precetti ai tanti - forse troppi! - già presenti nella Legge ebraica, ma li semplifica, e li porta all'essenziale. Gesù non dona delle nuove tavole, ma cambia il modo di vederle, ci cambia il cuore. Lo Spirito diventa l'anti-babele: se l'arroganza degli uomini ha portato alla confusione delle lingue, a non capirsi più, la presenza dello Spirito ci fa udire un solo linguaggio, una sola voce.
Per questa festa importante, a Gerusalemme si radunava tanta folla, gente di ogni città e paese, persone che arrivavano anche da molto lontano. Gli apostoli pensano che con tutta quella confusione non è proprio il caso di andare in giro. Per via della folla, ci sono in città anche molte più guardie, molti più controlli… non è prudente farsi vedere, con il rischio di essere riconosciuti come amici del Maestro di Nazareth. Dopotutto sono passati solo cinquanta giorni da quando è stato crocifisso: potrebbe toccare la stessa sorte anche a loro. Sanno bene che i capi del popolo li stanno cercando, perché vogliono mettere a tacere tutti gli amici di Gesù, tutti quelli che lo seguivano, che stavano con lui. Perciò se ne stanno tutti insieme, al sicuro nel Cenacolo. Con loro c’è anche Maria. Lì, tutti riuniti in quella casa tranquilla, si sentono in salvo. “Lasciamo che passi la festa – si dicono tra loro – Poi decideremo cosa fare”. Qualcuno pensa di certo all’incarico grande e importante che ha affidato il Maestro nel salutarli: portare la Bella Notizia a tutti, fino ai confini della Terra… ma come fare? Dove trovare la forza e il coraggio per parlare, per annunciare il Vangelo? Non sono mica di quelli che hanno studiato, loro! Sono pescatori, gente semplice… Ma il Maestro ha detto che devono andare in tutto il mondo e annunciare il Vangelo a ogni creatura! Sì, vero, verissimo… ma per ora la paura è più forte di ogni altra cosa.
Con questi pensieri e questi timori, arriva e anche trascorre il giorno di Pentecoste. Ormai è quasi il tramonto, quando accadono segni strani, prodigiosi, inaspettati: ce li racconta con molti particolari, il brano della Prima lettura, tratto dagli Atti degli Apostoli. Per prima cosa “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano”. Così, di colpo, un rumore forte, fragoroso, attraversa l’intera città di Gerusalemme: lo sentono tutti. Sembra che ci sia una tempesta di vento, perché le porte e le finestre del luogo dove sono radunati i discepoli si spalancano d’un tratto: la forza del vento penetra dappertutto, rinfresca l’aria, porta il profumo della primavera, e si fa sentire ovunque, riempie ogni stanza, ogni angolo, la casa intera. Sono ancora stupiti per il fragore del vento quando un nuovo prodigio li sconvolge: “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro”. Lingue di fuoco, fiammelle che si muovono nell’aria. Si dividono, diventano numerose e vanno a posarsi sulla testa di ciascuno dei presenti. Un segno luminoso, caldo, personale. Come una lieve carezza di luce e tepore, che rassicura, consola e comincia a infondere nuova forza ed un coraggio che mai avrebbero sognato di possedere. E non è ancora finita: “Cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Si accorgono, cioè, che ciascuno è diventato capace di parlare lingue diverse dalla propria. Le parole sgorgano facili, leggere. È un regalo straordinario dello Spirito Santo, che rende visibile la promessa fatta da Gesù nel giorno dell’Ascensione: coloro che credono nella sua Risurrezione, sono in grado di parlare lingue nuove. La cosa splendida è che in Gerusalemme, per via della festa, c’è veramente tanta gente che arriva da posti lontani e che resta stupita e felice nel sentire parlare la propria lingua! Che meraviglia! Ci si riesce a comprendere perfettamente! Gli Apostoli stanno raccontando del loro Maestro, Gesù, che è stato messo a morte e che invece è vivo, risorto! Stanno spiegando che i profeti e la Scrittura Sacra, da sempre hanno parlato di Lui: questa promessa di Dio si è compiuta! Stupiti e commossi, tutti si mettono in ascolto: forse all’inizio c’è soprattutto la voglia e la curiosità di ascoltare questi giudei che parlano in tante lingue diverse. Poi si accende l’interesse per le cose splendide che vengono raccontate, per il meraviglioso dono che Dio ha fatto al mondo attraverso il suo Figlio, Gesù.
Il brano degli Atti degli Apostoli termina qui, con tutta la sua carica di stupore e di mistero. Quando si tratta dello Spirito Santo questo accade di frequente: non riusciamo a pensare allo Spirito, a come può essere, a qual è il suo aspetto. La stessa parola di Dio non ce lo descrive in un solo modo. Già solo in questo breve brano, lo Spirito Santo è come il fragore di un tuono, come un vento pieno di energia, come un fuoco danzante, come la forza di comunione che cancella le differenze di lingua. È forza, slancio, coraggio di prendere la parola; consolazione e forza che cancella le paure; è novità, come il vento che spazza via la polvere; è calore, bellezza, luce, come le lingue di fuoco. No, veramente le nostre parole fanno fatica a descrivere lo Spirito Santo, ma tutte queste immagini, tutte le somiglianze che la Parola di Dio usa, ci aiutano a capire qualcosa di più su di Lui, ci permettono di farcene almeno un’idea. Ed è un’idea ricca di bellezza, di armonia, di splendore, di forza.
Ora i discepoli sono uomini pasquali, abilitati a portare il grande annuncio. Non lasciamo passare le occasioni per pregare lo Spirito Santo, per chiedergli di abitare in noi, nel nostro cuore. Per domandargli di sfiorare con la sua carezza le nostre menti, le nostre labbra, le nostre mani: perché i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni siano sempre secondo il cuore di Dio. Chiediamo allo Spirito Santo di donarci la sua luce, la sua forza, la sua armonia, per crescere anche noi nella capacità di essere in comunione con tutti e con il Padre. Invitiamo lo Spirito d’Amore a travolgerci come il vento impetuoso che ha spazzato via timori e paure in quel tramonto di Pentecoste. Facciamoci rinnovare dalla sua energia, lasciamoci colmare dalla sua bellezza, per essere testimoni del Signore Risorto.
Vieni Spirito Creatore!
Veni, Creator Spiritus!