5 di Quaresima 13 Marzo 2016
Giovanni narra un episodio scabroso Il fatto è presto detto: un gruppo di persone molto religiose, avevano sorpreso una donna sposata mentre era a letto con un altro uomo. Nella società giudaica di duemila anni fa, il tradimento coniugale veniva punito con la lapidazione, ma prima occorreva che fosse pronunciato un giudizio e formulata una sentenza.
"L'adultera" Lorenzo Lotto, 1529, Louvre -Parigi.
Quale migliore occasione per incastrare il Maestro di Nazareth, celebre per la sua misericordia con i peccatori?
Con questo dipinto, Lorenzo Lotto interpreta in modo magistrale la scena centrale della pagina evangelica: Gesù infatti sta al centro della tela, circondato dalla folla dei suoi avversari; la donna sorpresa in adulterio sta piangendo alla sua destra. Gesù è sul punto di pronunciare la celeberrima asserzione "Chi è senza peccato, scagli la prima pietra!". Tra un attimo, dopo queste parole, il gruppo si scioglierà lentamente: uno dopo l'altro, scribi e farisei se ne andranno in silenzio e con vergogna. Resterà solo la donna di fronte a Gesù: "La misera e la misericordia", come affermerà S. Agostino (In Ioh. Ev. tr. 33,5).
Lorenzo Lotto era un pittore dell'area veneziana.
Era un uomo segnato da una profonda religiosità: tra i suoi committenti, un ruolo privilegiato le ebbero i Domenicani. Il suo talento lo portò ad integrare abilmente nelle sue opere anche la tecnica di Raffaello e le novità architettoniche di Bramante. Probabilmente fu proprio Bramante che lo introdusse alla corte pontificia a Roma, nel 1508, dove però non incontrò i favori del papa. Così, dopo aver lavorato a Treviso e Recanati, Lotto tornò prima nelle Marche e poi si trasferì a Bergamo: fu questo il periodo più felice della sua vita. Dopo altre parentesi lavorative a Venezia ed a Treviso, Lorenzo Lotto, entrò come oblato nella comunità religiosa di Loreto, dove dedicò gli ultimi anni della sua vita al servizio del Santuario della Santa Casa ( + 1557). Questo grande "genio inquieto del Rinascimento" si contraddistinse per una pittura disinvolta, e per la sua libertà rispetto agli schemi figurativi tradizionali; ma questa sua originalità non fu compresa da molti suoi autorevoli contemporanei, come il Vasari. Solo a partire dal '900 ed in particolare negli ultimi decenni, Lotto è stato rivalutato per le sue eccezionali doti artistiche.
• L'ADULTERA
Partendo a leggere il dipinto dalla sinistra di chi guarda, incontriamo innanzitutto la figura della donna adultera. Ciò che traspare immediatamente da questa donna sola, umiliata e spaventata, è la sua vulnerabilità: Lotto accentua infatti il contrasto tra sensualità e violenza, contrapponendo la carnagione bianca e delicata della donna, alla freddezza e durezza metallica dell'armatura del soldato che la afferra per i capelli. La sua veste verde le cade dalle spalle. Il suo capo è chinato: non ha nemmeno la forza di reggere lo sguardo dei suoi accusatori.
L'espressione del viso è piena di dolore: la donna è consapevole di aver fatto qualcosa di grave…forse ne è pentita, e comunque sa che per il suo peccato rischia la vita. Sembra proprio un animale indifeso, preso in trappola e circondato dai suoi predatori!
Conosciamo molteplici rappresentazioni di questo episodio (Tiziano, Palma il Vecchio ...) ma questa del Lotto è senza dubbio dotata di una tensione molto drammatica.
• SCRIBI E FARISEI
Il gruppo degli accusatori mostra una carrellata di volti che emergono da un fondo buio ed indefinito che evoca un ambiente notturno. È una situazione limite e l'agitazione è all'estremo. A questi uomini devoti, scribi e farisei, in realtà non interessa il tradimento della donna: la sua infedeltà coniugale è solo un pretesto per incastrare Cristo: il pittore, infatti, ci mostra che il cerchio si stringe attorno a Gesù, non all'adultera! Questa scena diventa così un preludio dell'arresto di Gesù nell'Orto degli Olivi, oppure agli oltraggi di Cristo subiti durante la sua Passione.
Tra gli accusatori c'è chi punta il dito... c'è chi sembra gridare... c'è chi sorride in modo beffardo ... chi rivolge uno sguardo carico di disprezzo, chi sembra enumerare la lista delle colpe...Gli sguardi sono inquisitori. Stanno discutendo tra di loro. Alcuni sono adulti, altri sembrano decisamente più anziani: l'evangelista annoterà che saranno proprio questi ultimi ad allontanarsi per primi, dopo l'invito di Gesù a scagliare la prima pietra. Questa gente sa quello che fa, ha le idee chiare: si vuole costringere Gesù a trasgredire la Legge di Mosè. Per questo hanno trascinato davanti a lui questa donna anonima: per loro la sua persona si identifica in un atto, in una colpa.
Non esiste altro che un caso giuridico da sfruttare abilmente contro Gesù: scribi e farisei hanno già giudicato e condan-nato la donna. Se la portano da Gesù è solo per coglierlo in fallo e trovare un capo di accusa contro di lui: se Gesù la assolve si mette contro la Legge, se la condanna si rimangia di fatto la sua predicazione e perde credibilità. Gli avversari di Gesù sono astuti: nel primo caso potranno condannarlo; nel secondo lasciarlo perdere.
• CRISTO
Cristo è pressato e circondato: è lui quello che ormai sembra non avere più scampo! La sua mano protesa in avanti, da un lato sembra voler placare l'aggressività degli scribi e dei farisei, dall'altro manifesta l'intenzione di prendere la parola Dopo essersi chinato a scrivere per terra Gesù si rialza e interviene con decisione. Le sue parole sono rivolte agli accusatori: egli svela la loro radicale ingiustizia, nascosta dietro l’apparente ricerca di fedeltà alla legge. È infatti all'uomo col dito puntato che si indirizza lo sguardo serio ma sereno di Gesù; in questo senso la sua mano sembra anche mettersi in mezzo, creando una barriera tra questo indice accusatore e la donna.
L'uomo che sta alle sue spalle, il cui volto spunta dietro la testa di Cristo, ha lui pure un dito puntato, ma questa volta è levato al cielo, quasi ad evocare quel "dito di Dio" che aveva scritto la Legge donata ad Israele: è in nome di questa autorità divina che tra poco, i giudei cercheranno infine di lapidare Gesù cfr. Gv 8, 59. Solo dopo che il gruppo si sarà sciolto, Gesù interverrà una seconda volta rivolgendosi alla donna, non per condannarla ma per offrirle una nuova possibilità di vita: Gesù trasforma così il vicolo cieco disposto dai suoi nemici in una strada aperta che permetterà alla donna di oltrepassare il limite segnato dal suo peccato.
Questa magnifica tela di Lorenzo Lotto, diventa in un certo modo la rappresentazione della nostra situazione davanti al Signore. C'è sempre per noi il pericolo di schierarci dalla parte degli scribi e dei farisei, che non hanno bisogno di Gesù, perché presumono che la sua redenzione è per loro superflua: purtroppo anche noi siamo convinti di avere già una nostra salvezza. Possiamo sottrarci alla coscienza del nostro peccato dicendo che il peccato non esiste; possiamo anche evitare di scoprirci peccatori riconducendo ogni cosa sbagliata ad altre cause affermando che la responsabilità non è nostra, ma degli altri, della società, etc ...
Possiamo ottenere lo stesso scopo riducendo la legge di Dio alla nostra misura, la misura umana: "Io non ammazzo, io non rubo, quindi sono a posto!". Solo chi si riconosce in questa donna può sentire rivolte a sé le parole del Signore: "Io non ti condanno!".
Certo, la misericordia e il perdono non minimizzano la serietà del peccato: l'esortazione finale del brano a non peccare più vale per noi tutti. Gesù rifiuta la condanna a morte del colpevole: egli venuto per giustificarci, cioè per renderci giusti! Noi siamo sempre per strada: cadere e rialzarci segnano la nostra esistenza fin dai suoi primi passi. Ma sappiamo che possiamo sempre contare su un Dio che ci fa dimenticare il passato per intraprendere il cammino che resta da compiere verso la meta di una vita nuova.