2 di Quaresima 21 Febbraio 2016

2. TRASFIGURAZIONE BEATO ANGELICO 1440 CIRCA SAN MARCO FIRENZEQuando Beato Angelico, artista e frate domenicano, prese in mano i pennelli per dipingere questo affresco, non era certo guidato dall'idea di realizzare un’opera per un grande pubblico; voleva realizzare un dipinto che avrebbe guidato la meditazione dei frati che abitavano il Convento di S. Marco, nel centro di Firenze. Siamo nel 1440 e nel cuore di questa città commerciale, attraversata da fiumi di soldi e mercanzie di ogni tipo, come in un’oasi di silenzio e di preghiera, vive l’Ordine dei Predicatori, osservanti della regola di San Domenico.
Trasfigurazione di Beato Angelico, 1440/41, Convento di San Marco - Firenze 

Sono religiosi che si dedicano all’annuncio della Parola, alla predicazione ed anche Beato Angelico è uno di loro; pertanto si può interpretare la sua opera proprio come un’omelia non scritta o detta, ma dipinta con i colori. Infatti la sua opera si rivela in tal senso un grande capolavoro di arte e di fede. Lo vogliamo immaginare dunque mentre si accinge ai primi tocchi col suo pennello in una delle celle della clausura, dopo aver lungamente meditato sulle scritture, ed in questo caso sulla pagina evangelica della Trasfigurazione.

Dopo aver affrescato le prime celle, Beato Angelico si misura qui con il racconto molto particolare, di un avvenimento che fa da cerniera tra la vita di Gesù e la sua Pasqua ( non a caso la Chiesa ci propone la lettura di questo vangelo nella seconda domenica di Quaresima); l’artista è consapevole dell’impegno e dedicherà a questo affresco una cura speciale: non le solite tre/quattro giornate di lavoro ma otto, di cui una intera per realizzare il solo volto di Cristo!

Il particolare del monte citato nel Vangelo, viene  ridotto da Beato Angelico ad un promontorio di roccia nuda e calcarea che funge da piedistallo per il monumentale Cristo trasfigurato. L’artista era solito rappresentare uno spuntone di roccia come questa come basamento per i suoi Crocifissi, per evocare il Calvario. Ecco allora subito accennato con discrezione il collegamento con la Pasqua: questo monte diventa il luogo del Memoriale della Morte e Risurrezione del Signore, che la Trasfigurazione ci anticipa nel suo significato di rivelazione dell’identità di Cristo come Figlio Prediletto del Padre.

 

Sopra questo monte sta, solennemente eretta, una grandiosa figura di Cristo con le braccia spalancate, come in croce. Ciò che è straordinario in questa raffigurazione è la sua innovazione: non troviamo più il Gesù della tradizione iconografica precedente; Beato Angelico inventa questa disposizione del corpo del Signore per mostrarcelo già crocifisso e risorto! Se non sapessimo che si tratta della trasfigurazione potremo scambiare questa immagine con la scena dell’apparizione del Risorto ai discepoli o della Ascensione.

 

Anche la mandorla di luce che lo circonda ci fa cogliere il Cristo in prospettiva pasquale. Le sue vesti bianche, lucenti, creano un effetto quasi fluorescente. Sono vesti ampie, che il vangelo dice “candide come la luce”; sono l’abbigliamento che si confà  proprio al Kyrios. Sono fatte così proprio per rivelarci la condizione gloriosa, divina, di questo Figlio che ha attraversato le difficoltà della missione e ne è uscito vincitore: per questo può rassicurare e incoraggiare i discepoli che lo seguono! Bisognerebbe poi soffermarsi più a lungo sul suo volto: una creazione raffinata ed intensa, certamente uno dei volti di Cristo più belli dell’arte occidentale. Un volto molto umano, che tuttavia ha conservato qualcosa della tradizione bizantina più antica. È questo il volto che “brillò” ci dice il Vangelo: è un volto incorniciato e nobilitato dall’aureola con una croce di un rosso vivissimo.

 

Accanto a Cristo, appena accennati nei loro volti, scorgiamo Mosè ed Elia. Sono i testimoni, sono in due per confermare che la testimonianza è valida, secondo la tradizione ebraica. Beato Angelico li raffigura con una scelta di estrema essenzialità, limitandosi ai loro volti. L’uno, quello di Mosè, alla destra di Cristo, è incorniciato da due raggi di luce: è la luminosità di chi incontra Dio da vicino - faccia a faccia dice Deuteronomio 34,10 - la luce spirituale che doveva irraggiare i volti dei frati domenicani del convento di S. Marco. L’altro, quello di Elia, considerato un padre della vita monastica, sembra proprio quello di un venerando abate. Entrambi sono rivolti a Gesù: in lui essi riconoscono il testimone che sa custodire la fedeltà a Dio anche in tempi difficili. Sono figure di riferimento per i discepoli di tutti i tempi, antichi e moderni, che vivono momenti critici, passaggi dell’esistenza che mettono a dura prova la fede e la speranza.

 

Ecco che assieme a loro l’artista raffigura due personaggi che non centrano con l’episodio della Trasfigurazione, ma lo inseriscono in una cornice di attualità, come memoria, presenza, anticipo: Maria, figura carissima ai domenicani e lo stesso s. Domenico. Beato Angelico aveva colto un vivo riflesso della luce pasquale nella persona del suo fondatore; così non esita a metterlo in scena nella sua opera proprio per questo motivo. La vita consacrata nella prospettiva della sua regola religiosa doveva diventare come una Trasfigurazione, un segno di speranza, un anticipo della condizione di vita dei risorti in cielo.

 

In basso vediamo Pietro, Giacomo e Giovanni. Le loro pose esprimonola distanza, la loro fatica a comprendere l’evento. Devono ancora riprendersi dopo lo sconcertante annuncio della Passione e dalle condizioni dettate da Gesù per seguirlo, nella pagina precedente del Vangelo di Matteo. Non sanno coniugare quell’annuncio tragico, con questa esperienza gloriosa che avviene sotto i loro e sotto i nostri occhi!  C’è qualcosa che supera, travolge e nel medesimo istante affascina. “È bello stare qui. Farò tre tende” dice Pietro, parole inadeguate al Mistero: questi gesti ne traducono molto bene la sproporzione.

 

Anche noi siamo invitati a distanziarci, quasi per contemplare in modo più completo l’affresco che rappresenta il Mistero. I pennelli dell’artista hanno tracciato attorno a Gesù questo alone luminoso per amplificare il senso di maestà e di gloria che emana da lui: è quella nube luminosa da cui viene la voce e che esprime qui il divino abbraccio del Padre a questo Figlio Prediletto. Quando alla fine del Vangelo vedremo i discepoli convocati sul monte dopo la risurrezione, allora, nonostante i dubbi, potranno adorarlo. Allora la “Beata Passio” sarà compiuta, tutte le nazioni saranno ammaestrate e battezzate; il Signore da allora rimane con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Tutto ciò viene anticipato nella Trasfigurazione!

Beato Angelico intuiva che questa missione si realizzava in modo speciale nel suo tempo attraverso il ministero dell’annuncio dei frati predicatori. La Firenze del ‘400 era una metropoli turbinosa per lo sviluppo economico, per l’afflusso dei capitali e per il via vai imposto dai ritmi del mercato; era una città che aveva bisogno della parola del Vangelo per ritrovare motivi per credere, sperare ed amare. Nella dispersione delle faccende quotidiane, questo artista che predicava con i colori, forse è capace ancor oggi di invitare noi, cristiani di diverse tradizioni, a raccoglierci in una specie di cella interiore per contemplare la Trasfigurazione di Cristo. E meditando su questo Signore in cui abbiamo sperato, potremo riscoprire che Egli non delude: 

con Lui, anche noi, ancora nella prova, possiamo sperimentare la forza della sua presenza nella nostra vita. Per Lui ed in Lui siamo invitati a creare opere belle e buone di conversione, anche in questa Quaresima; ad offrire, delle piccole trasfigurazioni, segni profetici per le persone che incontriamo. Anche l’opera bella di Beato Angelico, potrà aprirci ad accogliere in dono l’energia di questo futuro glorioso del Signore già operante nella nostra vita. Che tutto il nostro essere possa rivolgersi alla sua gloria e possiamo non disperare mai … perché noi siamo sotto la sua mano ed in Lui è ogni forza e bontà. Amen.

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