15 Domenica del Tempo Ordinario
Nel cuore dell'estate parliamo della Parola. Parola che riempie, che scuote, che converte, che rianima, che scrolla, che consola. Parola che penetra come una spada a doppio taglio fino nelle profondità di noi stessi, fino negli abissi dei cuori, per illuminare, per svelarci il vero volto di Dio. Parola che ascoltiamo tutte le domeniche, Parola solennemente riconsegnata al popolo di Dio dopo il Concilio ma che, purtroppo, ancora resta sconosciuta, anche ai cristiani.
Sconforta vedere così tante persone ignorare magari il Vangelo e seguire poi la profezia dell'ultimo veggente di turno, rattrista ascoltare prediche che parlano di tutto, fuorché commentare la Parola proclamata, inquieta vedere la Chiesa citata per le sue posizioni etiche e non leggerla mai quando, fedele al mandato ricevuto dal Signore, proclama la Buona notizia.
Isaia, nella prima lettura, parla al popolo di Israele, scoraggiato ed esiliato in Babilonia. Sono passati molti decenni dalle promesse di ritorno fatte dal profeta Ezechiele, nessuno pensa seriamente che si possa tornare a Gerusalemme, ormai. La profezia, allora, si alza con fermezza: la pioggia e la neve fecondano la terra e tornano in cielo solo dopo avere compiuto la propria missione. Così sarà della Parola di Dio. Certo: i tempi di Dio non sono i nostri, ma l'efficacia delle sue promesse è indiscutibile.
Isaia invita anche noi a non perdere coraggio in questi tempi difficili, ma a perseverare nella lettura e nella meditazione quotidiana della Bibbia. Forse la Parola che ascoltiamo e che preghiamo, al momento, non ci dice nulla. Ma, la Parola accolta nel cuore torna alla mente e alla vita quando meno ce lo aspettiamo. È efficace la Parola di Dio, ma se non la conosciamo, se la lasciamo accanto alle tante, troppe parole umane, non può fecondare il nostro cuore e portare frutto.
Seguiamo ora con cuore attento il racconto che ci fa l'evangelista Matteo.
La parabola del seminatore è una delle pochissime ad essere spiegata direttamente da Gesù. Che ne parla in un momento non semplice della sua missione, in cui davvero ha la triste impressione che le sue parole siano travisate o dimenticate. È una parabola dai tratti cupi, problematici, davvero sembra che l'efficacia della sua predicazione sia sconfitta dalle distrazioni, dalle preoccupazioni, dall'opera dell'avversario. Ma la cosa che stupisce è che, nonostante questo, il padrone getti il seme con abbondanza. Anche sulle pietre, anche fra i cespugli. Quello che resta di questa immagine è l'ottimismo di Dio che continua a seminare la sua Parola in questo mondo che ci soffoca di parole, tante, troppe.
Mentre Gesù racconta la parabola, siamo nel vivo della stagione della semina. Gesù parla alle folle dal mare, seduto su una barca. Ha di fronte a sé, in lontananza, lo spettacolo meraviglioso di grandi estensioni di terreno arato e quindi messo nelle condizioni migliori di fertilità. I contadini, a braccia robuste e allargate, con ampi e spaziosi gesti capaci di disegnare forme geometriche ritmiche e precise, affidano alla fecondità del terreno la fruttuosità del seme. E aspettano, ansiosi di veder germogliare il chicco con l'apparire dei primi fili d'erba, segni premonitori di un possibile abbondante raccolto: "Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli".
È una mattina come tante, Gesù esce di casa e si dirige verso il lago. In breve tempo si raduna intorno a lui tanta gente e per potersi far vedere e sentire da tutti, sale su una barca, si discosta un po' dalla riva, e comincia a raccontare alcune parabole. Per prima, racconta quella del contadino, che esce in campagna a seminare. Oggi, molto spesso, si usano delle macchine apposta, per seminare, che lanciano i semi in aria con un getto alto e preciso, in modo da farli cadere nei solchi già preparati. Al tempo di Gesù, però, non c'erano queste macchine: il seminatore camminava lentamente tra i solchi del terreno arato, con un sacchetto di semi a tracolla. Con ritmo regolare, il seminatore immergeva la mano nel sacchetto e poi lanciava i semi accanto a sé, perché cadessero nella terra scura.
Gesù e la gente del suo tempo hanno in mente questa scena, mentre il Rabbi di Nazareth racconta di quello che accade ai semi, dopo che il seminatore li ha seminati: una parte di essi cadde lungo la strada e gli uccelli, andarono subito a beccarli. Un'altre parte cadde invece tra i sassi, dove la terra era poco profonda: germogliò in fretta, ma le radici erano troppo deboli, e quando il sole si fece alto e caldo, quella pianticella si seccò. Un'altra parte ancora cadde in mezzo ai cespugli spinosi e selvatici, che crescendo prepotenti soffocarono la piccola piantina che cercava di spuntare. Infine, finalmente, un'altra parte cadde nel terreno buono, preparato dal contadino, crebbe e divenne spiga piena e al tempo del raccolto fu festa grande.
Quando i discepoli si trovano da soli con il Maestro gli domandano: ma perché racconti queste storie? Che cosa vuoi dire con queste parabole? Con pazienza, Gesù spiega loro il motivo: il mistero del Regno di Dio non è facile da comprendere, le parabole diventano un aiuto perché usano paragoni, esempi, similitudini vicine alla vita delle persone e alla loro esperienza. Un lungo discorso sarebbe noioso e non lo ricorderemmo, mentre il racconto di una parabola ci resta impresso nella memoria.
A questo punto, il Maestro e Signore, si mette a spiegare ai suoi discepoli, qual è il significato della parabola del seminatore.
Il seme è la Parola di Dio:
- ogni volta che uno ascolta in maniera distratta, è come il seme caduto sulla strada e mangiato dagli uccelli, di cui non resta traccia;
- il seme caduto tra i sassi è la Parola di Dio ascoltata da chi è incostante: si entusiasma facilmente, ma quando diventa difficile vivere secondo il Vangelo, allora si scoraggia e lascia perdere, facendo seccare quella piccola pianticella che non aveva radici abbastanza profonde;
- il seme caduto tra i cespugli selvatici è la Parola di Dio ascoltata da chi la comprende e ne gioisce, ma poi se ne dimentica in fretta perché comincia a pensare alle tante cose da fare, agli impegni della giornata. La bellezza della Buona Notizia è soffocata da altri pensieri e altre preoccupazioni;
- infine, chi ascolta la Parola di Dio con attenzione e amore, la ricorda, la conserva nel cuore e la vive giorno dopo giorno, è simile al seme caduto sulla terra buona e fertile, che produce un buon raccolto.
La spiegazione che dà Gesù ai discepoli mi ha fatto tornare in mente Alberto, un mio capo scout di Padova. Davanti alla domanda: “Tu quale terreno pensi di essere?”, dopo averci pensato un po’ su, risponde: “Noi siamo tutti e quattro questi terreni insieme! Voglio dire: non è che uno è solo come la strada, oppure solo come i cespugli spinosi! Ognuno di noi è come un grande terreno fertile, dove crescono un po' di cespugli spinosi e si accumulano un po' di sassi se non lo curiamo bene. Un grande spazio di terra buona, dove passano anche un po' di strade, che vanno tenute d'occhio, se no gli uccelli vanno a beccare!... Ci sono giorni in cui ascoltiamo la Parola di Dio e la ricordiamo bene, la conserviamo nel cuore e riusciamo a viverla lungo la settimana. Ci sono volte in cui la Parola di Dio che ascoltiamo la domenica, ci vola via dalla testa prima ancora che la Messa finisca! Ma non siamo solo sassi o cespugli spinosi, credo che Dio ci ha fatti tutti come terreno buono!".
La spiegazione di Alberto mi è piaciuta molto: siamo fatti proprio così, come un grande terreno ricco e buono, che per dare un buon raccolto deve essere curato, altrimenti si riempie di sassi, di cespugli spinosi e selvatici, e gli uccelli vengono a mangiare tutti i semi della Parola che ascoltiamo.
Da quattro anni fa non ho mai dimenticato le parole di Alberto e credo che oggi possano trasformarsi in un impegno per noi: di certo, il Padre ci ha creati come un terreno fertile e buono, e questo è un ottimo punto di partenza! Ma anche il terreno migliore, ha bisogno di essere curato, zappato, liberato dalle erbacce e dai sassi! Prima dell’Eucaristia, proviamo a chiederci ogni volta: sono pronto per ascoltare la Parola di Dio e ad accoglierla con amore? Ci sono pensieri, preoccupazioni, interessi, che sono in cima alla mia attenzione e che potrebbero soffocare il seme del Vangelo che sto per ascoltare?
Se ci prepariamo così, saremo come il contadino che ara la terra, la innaffia, la cura, e di certo non mancherà il frutto abbondante e prezioso al tempo del raccolto!