5 Domenica di Quaresima

5DomQuaresimaA2014Ci si arriva uscendo da Gerusalemme, scendendo nell'avvallamento del Cedron per poi risalire sulla collina, attraverso i polverosi sentieri che solcano i poderi coltivati del Monte degli Ulivi. Tre km che Gesù percorre spesso per incontrare Lazzaro, Marta e Maria. Betania è un nome fortemente evocativo. Anche se ai nostri giorni visitare la tomba di Lazzaro a Betania lascia un po’ delusi: un cartello e una cavità raggiungibile attraverso stretti gradini… e la guida ti dice che non si sa se il posto sia realmente quello giusto!


A Betania, dai suoi tre amici, Gesù si rifugiava quando, col cuore gonfio di tensione e d'incomprensione, lasciava la Gerusalemme che uccide i profeti per trovare un angolo di serenità. Betania svela il volto di un Dio che sente il bisogno di essere amato, Betania è l'icona dell'amicizia tra Dio e l'uomo, ma anche il bisogno di amicizia e di calore dell’uomo Gesù, Betania è il segno di un approccio diverso, nuovo, al volto di Dio a cui siamo abituati.
E proprio su Betania, si abbatte la vicenda della vita e della morte: Lazzaro si ammala gravemente. Qualcuno avvisa Gesù e gli dice: "Il tuo amico è malato". Gesù ora lo sa, ma non fa nulla… e Lazzaro muore. Che mistero a volte l'apparente silenzio di Dio. Che silenzio assordante, quello di Dio. Gesù non guarisce Lazzaro, tace… ma dopo alcuni giorni si fa presente.
Il tumulto è grande, c'è molta gente intorno a Marta e Maria, le nostre amiche sono conosciute e stimate nel piccolo paese. Sapendo che arriva il Maestro, finalmente, Marta e Maria, escono di casa e gli vanno incontro: cercano una Parola, un gesto di conforto, uno sguardo. Lazzaro è morto, ma Gesù era lontano. Le due sorelle non disperano, forse non capiscono, ma non urlano, non inveiscono, né piegano la testa in una rassegnata disperazione. Attendono con fiducia. Lazzaro è morto, il loro amato fratello è morto. Ma ora Gesù, l'Amico, è qui. 
Marta e Maria piangono, la folla lo spinge a vedere, il Figlio di Dio viene accompagnato a vedere quanto dolore suscita la morte, quanto pianto suscita il dolore.
Giovanni non teme di annotare il profondo dolore di Gesù, che è scosso nel profondo. Gesù vede la disperazione di Maria e il dolore dei giudei e ne è molto turbato. Gesù chiede di vedere Lazzaro e la risposta è: "Vieni e vedi".

"Vieni e vedi": è la stessa frase che egli aveva rivolto, tre anni prima, ai suoi primi due discepoli, Giovanni e Andrea, che gli avevano chiesto dove abitasse: "Venite e vedrete" - Gv 1,39 - . I discepoli ieri erano invitati a mettersi in gioco, a partecipare: la fede è un "andare a vedere" anche per noi oggi.
Ora invece è Gesù che si fa discepolo.

Ora è Lui che è chiamato ad andare a vedere.
A vedere nel volto dei suoi amici più cari la disperazione che suscita in noi uomini la morte. E il Figlio di Dio piange. È come se Gesù, fino ad allora, non avesse ancora visto la casa del dolore, come se, solo in quel momento, Gesù prendesse consapevolezza della devastazione della morte. Certo: Gesù aveva incontrato ammalati e aveva anche risuscitato dei morti, come la figlia di Giairo o il figlio unico della madre vedova. Ma erano degli sconosciuti. Qui, ora, per la prima volta Dio vede il dolore nel cuore di persone che egli ama. Dio impara il dolore, diventa discepolo. Divenendo uomo, lui che è l'assoluta perfezione, l'immensa totalità… impara la fragilità. Dio piange. Davanti a quel pianto possiamo lamentarci del fatto che, invece di piangere, poteva fare qualcosa prima…come dice la folla. O restare stupiti di tanto amore. Il cristianesimo, di fronte al dolore, si pone, impotente, davanti a questa sconcertante notizia: Dio condivide il dolore e, assumendolo, lo redime. Non lo evita, né per sé, né per noi. Non so se preferisco un Dio che condivide il dolore con me o un Dio che mi eviti la sofferenza. Come uno dei due ladri appesi alla croce, sento dentro di me la lacerazione di volere, da chi può tutto, che mi tolga dalla croce. Oppure, come l'altro ladro, non so se stupirmi di un Dio che soffre esattamente come me cfr Lc 23,39-43.
Forse, realisticamente, preferirei un Dio assoluto e onnipotente, che mi eviti la sofferenza, piuttosto di un Dio che muore per amore. Davanti a questo dolore, Gesù, l'amico, prende una decisione: darà la sua vita perché Lazzaro torni alle sue amate sorelle.
Giovanni pone questo episodio appena prima dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme. Questo miracolo così eclatante, forse, sarà la goccia che farà traboccare il vaso, la valanga che si distacca dal monte e tutto travolge, portandolo a morire. La tensione è alle stelle, i suoi nemici si aspettano un solo piccolo passo falso per denunciarlo. Gesù lo sa -Tommaso glielo ha detto: andremo a morire! - e accetta lo scambio. Lo stesso scambio che, da lì a qualche giorno, farà dall'altare della croce per ciascuno di noi. Ora che Dio conosce il dolore che la morte suscita nei cuori di chi si ama, decide di donare la sua vita. Gesù risuscita il suo amico Lazzaro e pronuncia una clamorosa promessa: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno".

Che cosa vuol dire risurrezione?
Che cosa vuol dire risorgere?

Alessandro Manzoni, ad esempio, sintetizzò le fortune politiche di Napoleone nella lapidaria espressione "Cadde, risorse e giacque": risorse in senso traslato, appunto politico, dopo la sconfitta di Lipsia e prima di quella definitiva di Waterloo. Così si dice che "risorge" da una fase difficile un'impresa, una pubblica istituzione, un popolo.
Nella prima lettura il profeta Ezechiele, preannuncia la liberazione degli ebrei deportati in Babilonia, in termini di risurrezione: "Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio e vi riconduco nella terra d'Israele". Qualcosa di simile sta accadendo ad alcuni popoli del mondo, in lotta per "risorgere" dopo lunghe tirannie, e noi italiani abbiamo celebrato i 150 anni dal coronamento di quello che, non a caso, si è chiamato Risorgimento, parola che ha lo stesso significato di risurrezione. Si dice che risorge anche chi, prostrato dalle vicende della vita - una grave malattia o altre sventure - aveva perso la speranza e invece la ricupera. 
In senso proprio, risurrezione è ritorno alla vita dopo la morte: sarà proprio questo che noi celebreremo con grande gioia la notte di Pasqua, la notte della risurrezione e della vita per sempre.
Gesù oggi sta dicendo che Lui ha il potere di ridare la vita. 
Sta mostrando agli occhi di tutti che la morte non è la grande nemica, perché la forza del Suo amore la può vincere, la può sconfiggere per sempre. La Risurrezione di Gesù spalanca le porta alla vita che non finisce mai… per Lui, ma anche per noi.

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