Preghiera e Liturgia

16 Domenica del Tempo Ordinario 2023

16DomTOAnnoA3La zizzania è anche dentro di noi,
noi siamo il campo in cui c’è il buon grano e la zizzania.

Le parabole sono racconti, esempi, storie semplici che narrano di persone comuni, di animali, di oggetti quotidiani, ma che hanno un significato morale profondo, tutto da scoprire. Alcune sono brevi, altre un po’ più lunghe e articolate… come nel brano del Vangelo di oggi. Gesù amava stare in mezzo alla gente. Che fosse un pranzo, una cena, una festa di matrimonio, un incontro casuale lungo la strada o davanti a un pozzo, lui sapeva trasformare ogni normale scambio tra persone in un evento unico e straordinario.

Sapeva osservare, conoscere, ascoltare, ma gli piaceva anche dialogare con la gente e soprattutto parlava di Dio Padre. E come fare per svelare il volto di Dio con parole solo umane? Quali immagini usare, visto che l’uomo non lo può vedere? Quali parole riferire, visto che non lo possiamo udire? Gesù era un grande oratore, incantava gli ascoltatori, incendiava gli animi, ha raccontato tante cose del Padre, sapendo come farsi capire dalla gente; usava, infatti, storie che partono dalla vita vissuta, da eventi di cui tutti hanno esperienza. In questo modo raggiungeva chiunque, gli studiosi e gli analfabeti, i potenti e le persone più umili. La famiglia e il lavoro sono le due realtà comuni a tutta l’umanità, e Gesù assegna nelle parabole un posto rilevante alle relazioni familiari e al mondo del lavoro: vi fa entrare padri, figli, fratelli, ma anche re, giudici, servi, agricoltori, massaie, padroni, operai. Usa parole semplici e fatti comuni che hanno il potere di parlare al cuore dell’uomo per raccontare le cose di Dio.

A prima vista la parabola del grano e della zizzania classifica gli uomini in due categorie. Rischiamo di diventare manichei, cioè di dividere il mondo in buoni e cattivi, così da sbrigarci a far fuori tutti i cattivi perché ci rimaniamo soltanto noi che siamo quelli buoni. Invece non è proprio così: la zizzania è anche dentro di noi, noi siamo quel campo in cui c’è il buon grano e la zizzania. Ecco quindi la pazienza, pazienza per arrivare  fino alla fine, convivere con il bene e con il male che sono anche dentro di noi, saper accettare, saper anche tollerare… pazienza: ecco cosa ci vuole insegnare il Signore Gesù. Il buon grano e la zizzania conviveranno nel mondo e sarà per sempre così. Ci sono i figli di Dio, che sono il buon grano e ci sono i figli del demonio, cioè del maligno che sono la zizzania. La parabola, quindi, è là per dissuaderci a pensare da manichei. Il giudizio è rinviato alla fine della storia. Rischiare di voler separare i cattivi, ergersi a giustizieri, è un tentativo da ciechi. La famosa trave che è nel nostro occhio, che ci vieta di togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello. La peggiore perversione consiste nel vedere la giustizia dalla nostra parte, pensare che noi agiamo bene, agiamo come si deve e giudicare gli altri da questa posizione privilegiata che non è altro che il posto di Dio. Chiunque pretende di mettersi a giudicare caccia Dio dal suo posto. Figli del Regno e figli del maligno. Questa espressione della parabola potrebbe far credere ad una duplice origine: alcuni sarebbero figli di Dio e altri figli di Satana. Saremmo così condannati al male; che andrebbe contro la rivelazione evangelica. Questo vuol dire che tutti i dettagli della parabola non devono essere presi alla lettera: ogni parabola è un cammino per raggiungere un punto, la verità che vuol mettere in evidenza. Bisogna ricordare che nessuno nasce figlio del Regno: si sceglie di essere figli di Dio. Così come non si nasce figli del maligno, si diviene tali se si vuole. Gli uni e gli altri sono all’origine figli di Dio. Si diviene figli del maligno facendosi accusatori. L’accusatore e il nemico sono in effetti la stessa persona. Il figlio del Regno è colui che assomiglia a Dio, imitandone la pazienza: «Lasciateli crescere insieme!».

Il lavoro e il tempo. Le tre parabole che leggiamo oggi vogliono difenderci contro le impazienze. Ci parlano di crescita e la crescita presuppone il tempo. Tempo perchè la zizzania e il grano diventino maturi per la messe, tempo perché la pasta fermenti e lieviti, tempo perché il grano di senape diventi un albero.
E vi posso dire, anche per esperienza personale, che «il tempo è galantuomo», il tempo gioca sempre per il bene, il male viene ripulito e il bene trionfa.

La pazienza, poi, non deve essere esercitata soltanto nei confronti degli altri; noi stessi dobbiamo aver pazienza per un avvenire che non immaginiamo, fino a questo avvenire assoluto in cui i giusti brilleranno come il sole. La senape non sa che diventerà un albero. Neanche l’albero sa che è già nel granello di senape. Credersi fermi nello stato attuale, rifiutare di vedere una strada aperta, rinunciare a «passare», ecco cosa va contro la creazione che continua. Le parabole sono parabole di speranza. Esse parlano del Regno: questa speranza non vale soltanto per ciascuno di noi. Il Regno riguarda il mondo. Alcuni cristiani non hanno in bocca che catastrofi, sono accecati dalla presenza della zizzania nel campo e per lo spettacolo della morte del grano.  Dio, l’amore, li hanno dimenticati.
Gesù parla della fine del mondo. Anche noi parliamo di una catastrofe nucleare. Il vangelo ne parla come tempo della mietitura. La mietitura è tempo felice, tempo di gioia, l’ora del trionfo di Dio e dell’uomo. Il mondo che finisce, il mondo che passa è il mondo della zizzania. Il mondo dell’amore non passa, è già cominciato; è là quando l’amore si manifesta nel nostro mondo. E chi sa se la zizzania divenisse finalmente grano? Tutto ciò che viene alla luce diviene luce Ef 5,13.

Sia lodato Gesù Cristo.
 
Colloquio.
Abbiamo fretta, Gesù,
fretta di separare, di dividere,
fretta di giudicare, di condannare,
fretta di dichiarare da che parte sta il bene
e da che parte sta il male.
Fa uno strano effetto oggi la nostra fretta,
di fronte alla pazienza di Dio, alla sua misericordia,
È  l’atteggiamento del Padre,
che ha fiducia nella forza del bene,
anche se questo appare terribilmente fragile,
come un granello di senape sepolto nella terra,
come un po’di lievito disperso nella pasta.
Donaci, Gesù, lo stesso sguardo del Padre tuo
e donaci la sua pazienza, colma d’amore.
Ricordaci che tu, Signore e Dio,
giudichi con mitezza,
ci governi con molta indulgenza,
e ci insegni ad amare gli uomini così come sono,
grano e zizzania insieme,
dandoci la dolce speranza che, dopo il peccato,
tu concedi a tutti la possibilità di cambiare vita.

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