Preghiera e Liturgia

Credo la vita eterna

CredoVitaEterna1«Quanto stretta è la porta e angusta la via
che conduce alla Vita» Mt 7,14.

Nell’ultimo articolo del «Credo» si profila all’orizzonte della vita di ogni persona e di tutta la storia umana la luce della speranza, che conferisce alla fede cristiana una caratteristica di straordinario ottimismo. Il progetto finale della creazione e della redenzione appare in tutta la sua divina magnificenza. Il peccato, con tutte le sue nefaste conseguenze, e colui che ne è l’istigatore, verranno sconfitti per sempre.

La via della Croce conduce alla luce. Il cammino percorso da Cristo porta gli uomini e l’universo alla gloria della Risurrezione. Ci saranno un giudizio particolare e uno universale, quando Cristo, al quale il Padre ha dato ogni potere, giudicherà secondo giustizia e verità. Ne consegue che non c’è nulla che non sia importante nella vita di un uomo e dell’umanità. Ogni cosa sarà valutata alla luce dell’eternità e la sorte di ognuno sarà fissata per sempre. Questa verità di fede sul nostro destino eterno conferisce alla vita una innegabile grandezza, ma anche una drammatica responsabilità. Infatti, benché Dio voglia che «tutti gli uomini siano salvati» 1Tm 2,4 e benché la Chiesa preghi perché nessuno si perda, l’uomo che Dio ha creato libero ha la possibilità di rifiutare l’amore che gli viene sempre offerto, anche se avesse commesso i più gravi peccati. Il tempo dell’unica vita qui sulla terra è quello durante il quale ogni uomo decide del suo destino eterno. Nell’istante della morte, con la separazione dell’anima dal corpo, cessa la possibilità di meritare o di demeritare. Ogni uomo riceve immediatamente nella sua anima la propria retribuzione eterna, in un giudizio particolare a opera di Gesù Cristo, giudice dei vivi e dei morti. Quanto il Salvatore e il Redentore del genere umano avrà stabilito non potrà mai più essere cambiato.
Coloro che entrano nella beatitudine eterna, riuniti intorno a Gesù e a Maria, formano la Chiesa del cielo e contemplano Dio così com’è. Essi sono associati, in diversi gradi, insieme ai Santi Angeli al governo divino del mondo, intercedendo per noi e aiutando la nostra debolezza. Coloro che sono imperfettamente purificati, benché sicuri della loro salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la morte, a una purificazione. La Chiesa per loro offre suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico. Sull’esempio di Gesù Cristo, che al riguardo ha pronunciato parole di serietà e severità, la Chiesa avverte i fedeli della triste realtà della morte eterna, chiamata anche «inferno», la cui pena principale consiste nella separazione eterna da Dio, nostra vita e nostra felicità. Alla fine dei tempi, il cui giorno e ora gli uomini non conoscono, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Allora i giusti, partecipi anche col corpo della gloriosa risurrezione di Cristo, regneranno per sempre con Lui. L’intera creazione sarà trasformata e Dio sarà «tutto in tutti» 1Cor 15,28. Questo è il piano di insuperabile amore della Trinità Santissima al quale ognuno è chiamato a collaborare.
 
Il giudizio particolare.
Il momento della propria morte è il più solenne ed è quello decisivo della vita di una persona. Prima che l’anima si separi dal corpo l’uomo ha ancora tempo per decidere del suo destino eterno. Fino all’ultimo istante della vita viene offerta la grazia che salva. Quando però l’anima si è separata dal corpo, il tempo di meritare o di demeritare è finito per sempre e compare davanti al suo Signore «per rendere conto di tutti i suoi pensieri, di tutte le sue opere e parole e per sentirsi intimare la sentenza del giudice divino» Catechismo Romano 89. «Ogni uomo dovrà comparire due volte davanti al suo Signore… la prima volta, subito dopo la morte.
È il giudizio particolare durante il quale l’uomo subirà da Dio il severo esame di tutto ciò che avrà operato, detto e pensato nel corso della vita. La seconda volta, per il Giudizio Universale. In un giorno e in un luogo stabiliti da Dio tutti gli uomini saranno riuniti dinanzi al tribunale divino, affinché, alla presenza degli uomini di tutti i secoli, ciascuno conosca ciò che è stato stabilito e giudicato per lui. La sentenza così pronunciata sarà per gli empi una parte non minima delle loro pene e dei loro supplizi; i giusti invece trarranno da essa grande gaudio, poiché a tutti sarà manifestata quale fu la vita di ciascuno» Catechismo Romano 89. Per quanto riguarda il giudizio particolare va anzitutto precisato che esso si effettua nell’istante stesso della morte. Infatti, «la morte pone fine alla vita dell’uomo come tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo» CCC 1021. È dunque fino all’ultimo istante della vita che l’uomo può decidere del suo destino eterno. A questo riguardo è autorevole e puntuale l’insegnamento della Chiesa, sintetizzato con parole precise dal nuovo Catechismo: «Ogni uomo, fin dal momento della sua morte, riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre» CCC 1022. Nei testi biblici prevale la prospettiva del giudizio universale, quando Cristo verrà nella sua seconda venuta, tuttavia lo stesso Vangelo afferma in diverse occasioni l’immediata retribuzione che dopo la morte sarà data a ciascuno in rapporto alla sua fede e alle sue opere. Basti a questo riguardo richiamare la parabola del povero Lazzaro Lc 16,22 e ancora di più le toccanti parole che Gesù in croce ha rivolto al buon ladrone: «In verità ti dico: oggi sarai con me nel Paradiso» Lc 23,43.
A sua volta San Paolo fa riferimento a un giudizio particolare subito dopo la morte in cui le anime possono avere una sorte diversa le une dalle altre: «Tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male» 2Cor 5,10. Nella Lettera agli Ebrei sono congiunte le due prospettive del giudizio particolare e di quello universale nel momento della sua seconda venuta: «E come è stabilito che gli uomini muoiono una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza» Eb 9,27-28. «Non ci resta quindi che deciderci a una vita santa, ricca di virtù e di pietà, per poter attendere con sicurezza il grande giorno del Signore, per poterlo anzi desiderare, come si conviene a degni figli di Dio» Catechismo Romano 95.
 
Il Paradiso.
Lo sbocco dell’esistenza umana che Dio ha previsto per tutti gli uomini è la partecipazione alla sua stessa vita. La salvezza eterna di tutti gli uomini è quanto Dio desidera più di ogni altra cosa e non lascia nulla di intentato perché il suo progetto si realizzi. Se non tutti gli uomini si salvano, questo dipende unicamente dal rifiuto libero e consapevole della grazia della salvezza che viene data a tutti, anche a coloro che non che non conoscono ancora la fede cristiana. Tuttavia, «coloro che muoiono nella grazia di Dio e sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo» CCC 1023. Il Paradiso infatti è la comunione di vita e di amore con la SS. Trinità che si realizza mediante l’unione col Figlio di Dio fatto uomo, nostro Salvatore e Redentore. Vivere in cielo essere con Cristo cfr. Gv 14,3; Fil 1,23; 1Ts 4,17.
Gli eletti vivono in lui, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome cfr. Ap 2,17. In cielo gli eletti sono «figli nel Figlio». Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono «così come egli è» 1Gv 3,2, contemplandolo «faccia a faccia» 1Cor 13,12. Insieme all’unione con la SS. Trinità mediante il Figlio, gli eletti sperimentano anche quella con la Vergine Maria, gli Angeli e tutti i Beati. Si tratta, secondo la visione di San Giovanni, «di una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: “La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello”» Ap 7,9-10. L’esperienza del Paradiso è quella della gioia perfetta. Il cielo è il suo fine ultimo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde. Egli è stato creato e redento al fine di ricevere la pienezza dell’amore di Dio. Questa è la ragione ultima del suo stato di «felicità suprema e definitiva» CCC 1024. Tuttavia, per quanto riguarda l’uomo pellegrino sulla terra, anche se può già in qualche modo pregustare la beatitudine eterna, va detto che la gioia del cielo supera qualsiasi sua possibilità di comprensione e di descrizione. La Sacra Scrittura ne parla con immagini tratte dalla realtà di questo mondo: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste. Ma la vita eterna è una realtà così grande, in rapporto alla nostra vita sulla terra, che la pesantezza della condizione umana si fa inesorabilmente sentire, che valgono al riguardo le parole di San Paolo: «Quelle cose che occhio non vide, ne orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» 1Cor 2,9. Nella gioia del cielo «i beati continuano a compiere con gioia la volontà di Dio. Regnano già con Cristo: con Lui regneranno nei secoli dei secoli» CCC 1029.
Santa Teresa di Gesù Bambino promette che in cielo avrebbe fatto cadere una pioggia di rose sulla terra, mentre Santa Bernadette Soubirous, sul letto di morte, afferma che non avrebbe dimenticato nessuno. Il Paradiso è un dono e una conquista. Vivendo con Cristo e morendo in Cristo, saremo sempre con Cristo. «Alla beatitudine finale si giunge per le vie della fede e della carità, perseverando nella preghiera e nella frequenza ai sacramenti, con l’esercizio assiduo di tutte le opere di bene verso il prossimo» Catechismo Romano 147. «Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i comandamenti», risponde Gesù al giovane ricco Mt 19,26. Perseverando lungo la via della salvezza, seguendo e imitando Cristo e confidando nella sua misericordia, il cristiano può sperare che al termine della sua vita potrà udire le parole consolanti che il Signore rivolgerà ai buoni: «Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» Mt 25,34.
 
Il Purgatorio.
La realtà del Purgatorio riguarda quelle anime che sono morte nella grazia di Dio, ma sono ancora imperfettamente purificate e quindi non possono ancora entrare nella gioia del cielo. Il Purgatorio è dunque una purificazione finale dell’anima. Si tratta per sua natura di uno stato transitorio e non eterno, come invece sono il Paradiso e l’inferno. Soprattutto si tratta di una situazione in cui le anime sono certe della loro salvezza eterna. Per questo il Purgatorio va collocato nella prospettiva della beatitudine del cielo. Infatti, la purificazione del Purgatorio «è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati» CCC 1031. L’insegnamento della Chiesa riguardo al Purgatorio ha radici molto antiche e poggia, in primo luogo, sulla pratica della preghiera per i defunti che anche la Sacra Scrittura conosce.
La definizione della fede relativa al Purgatorio è avvenuta nel consesso solenne di alcuni Concili, come quello di Firenze e quello di Trento, ripresa in tempi recenti dal Concilio Vaticano II, e ha un rilievo dottrinale che non si può sminuire. Al riguardo l’insegnamento tradizionale della Chiesa è così espresso dal Papa San Gregorio Magno: «Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del giudizio, un fuoco purificatore. Infatti, colui che è la verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonato né in questo secolo, né in quello futuro. Quindi certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre in quello futuro» Dialoghi 4,41. Per quanto riguarda il «fuoco purificatore» ne parla l’Apostolo Paolo scrivendo alla comunità di Corinto, quando afferma che alla fine il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno: «Se l’opera che uno costruì sul fondamento che è Gesù Cristo resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera sarà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco» 1Cor 3,14-15. Ne fa accenno anche l’Apostolo Pietro, che paragona la purificazione della fede a quella dell’oro che si prova col fuoco 1Pt 1,7. L’insegnamento biblico sul Purgatorio è tuttavia più antico e poggia sulla pratica della preghiera per i defunti, come testimonia il Libro dei Maccabei: «Giuda fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato» 2Macc 12,45. «Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e a offrire per loro le nostre preghiere» San Giovanni Damasceno. Per quanto riguarda le pene del Purgatorio bisogna guardarsi da rappresentazioni che non ne colgano l’aspetto di speranza e di salvezza in cui le anime si trovano. Si tratta di sofferenze che purificano e preparano le anime alle nozze con l’Agnello. Più che la curiosità riguardo alle pene, giova il grande aiuto che la Chiesa pellegrinante sulla terra può arrecare alle anime con la sua preghiera, in particolare col sacrificio eucaristico.
 
L’inferno.
La verità di fede che riguarda l’inferno è fra le più difficili da accettare da parte dell’uomo, specialmente oggi, e non ci si deve meravigliare se lungo il corso della storia cristiana si siano ripetuti i tentativi di sminuire o di svuotare quanto la Parola di Dio ci rivela al riguardo e la Chiesa autorevolmente ci insegna. L’atteggiamento del cristiano non potrà che essere quello di un'umile accoglienza della divina rivelazione, così come il Magistero la interpreta, cercando di comprendere il valore e la responsabilità della libertà umana di fronte alla possibilità di questo esito drammatico della propria vita. L’esistenza dell’inferno rivela all’uomo che «non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo» CCC 1033. La negazione dell’inferno o della sua eternità parte da un presupposto errato. Esso non sarebbe compatibile con la divina misericordia. In realtà l’inferno non è un difetto della divina misericordia, la quale è infinita e non lascia nulla di intentato perché ogni uomo si salvi, ma è al contrario il suo rifiuto libero e consapevole da parte dell’umana creatura. Dio non ci obbliga ad accettarlo e ad amarlo. L’amore per sua natura è sempre una libera scelta. Diversamente non sarebbe tale. «Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: «Chi non ama rimane nella morte e non possiede in se stesso la vita eterna» cfr. 1Gv 3,14-15”» CCC 1033. Lo slogan corrente secondo il quale l’inferno sarebbe vuoto, urta in primo luogo contro la verità di fede riguardo a satana e gli angeli ribelli, i quali, «con libera scelta hanno radicalmente e irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno» CCC 392. Il fuoco eterno, infatti, secondo la parola di Cristo, è stato preparato per loro Mt 25,41. «Non c’è possibilità di pentimento per gli angeli ribelli dopo la caduta, come non c'è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte» San Giovanni Damasceno.
Per gli uomini, la possibilità della perdizione eterna diviene una tremenda realtà quando essi muoiono nello stato di peccato mortale senza pentirsi: «Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva autoesclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola inferno» CCC 1033. Ai non pochi cristiani che si scandalizzano di fronte alla realtà dell’inferno gioverà riflettere che la sua esistenza, la sua natura e la sua eternità, per quanto attestate in numerosi testi del Nuovo Testamento, provengono dalla viva voce di Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, ma anche nostro Giudice.
«Gesù parla molte volte della «geenna», del «fuoco inestinguibile» Mt 5,22.29; 13,42.50; Mc 9,43-48, che è riservato a chi, sino alla fine della vita, rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo Mt 10,28. Gesù annunzia con parole severe: “Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno… tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente” Mt 13,41-42, ed egli pronuncerà la condanna: «Via, lontano da me, maledetti nel fuoco eterno!” Mt 25,41» CCC 1034. L’inferno è l’esito finale di chi rifiuta fino all’ultimo istante della vita questa offerta di perdono da parte di Dio. La dottrina sull’inferno, dai primi secoli cristiani fino ai Concilio Vaticano II, riguarda anzitutto la sua esistenza e la sua eternità. Nella Sacra Scrittura e nel Magistero della Chiesa non si fanno allusioni a persone che si troverebbero all’inferno. Neppure per Giuda è possibile fare un’affermazione assolutamente certa al riguardo. La Chiesa però, sulla scia del Vangelo, indica le condizioni per cui una persona può andare all’inferno e nel suo insegnamento ne precisa anche le pene.
«La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, il fuoco eterno. La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira» CCC 1035. L’inferno, in ultima istanza, è una scelta libera e consapevole dell’uomo. Dio rispetta la libertà, benché la sua grazia operi sino alla fine per ottenere la nostra adesione. Per salvarsi basterebbe un atto di umiltà, con cui sottomettersi a Dio e chiedere il suo perdono. «Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine» CCC 1037. La prospettiva dell’inferno, come possibilità estrema della libertà umana, deve rendere il cristiano vigilante riguardo al cammino che sta percorrendo, riflettendo dove lo sta portando. «Entrate per la porta stretta - esorta il Maestro divino - perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita e quanto pochi sono quelli che la trovano!» Mt 7,13-14. Una sola cosa è necessaria: la salvezza eterna della propria anima. «Siccome non conosciamo né il giorno né l’ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti» LG 48.
 
Il giudizio finale.
Il mondo, del quale Gesù Cristo è il Signore, ma dove opera ancora, instancabile ed implacabile, il «mysterium iniquitatis» va verso il suo compimento finale. Il tempo della fine sarà segnato dalla massima impostura anticristica CCC 676, dalla venuta gloriosa di Cristo, dalla Risurrezione dei morti e dal giudizio finale. Di questi eventi, che sono certi perché fanno parte del patrimonio della fede, «solo il Padre conosce il giorno e l’ora ed egli decide circa la venuta di Cristo» CCC 1040. Prima del giudizio finale risorgeranno tutti i morti, sia i giusti come gli ingiusti At 24,15. «Quanti fecero il bene risorgeranno per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» Gv 5,29. Questo evento straordinario che manifesta la potenza di Dio, si realizzerà quando Cristo «verrà nella gloria con tutti i suoi angeli… e saranno riunite davanti a lui tutte le genti ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra… e se ne andranno questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» Mt 25,31-33.46. Il giudizio finale non muterà la sentenza sul destino eterno di ognuno, già stabilita in modo definitivo nel giudizio particolare. Tuttavia, in quel momento solenne «davanti a Cristo che è la verità, sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio. Il giudizio finale manifesterà il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena» CCC 1039. Ogni menzogna sarà bandita, ogni segreto svelato e ognuno apparirà qual è davanti a Cristo, ai suoi angeli e a tutti gli altri uomini. Il Padre «per mezzo del suo Figlio Gesù pronuncerà allora la sua parola definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l’opera della creazione e comprenderemo le vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo. Il giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte» CCC 1040. La zizzania sarà finalmente separata dal buon grano. Il bene e il male, la verità e la menzogna, la virtù e il vizio, la fede e l’incredulità verranno giudicati e valutati per quello che sono. Lo sbocco finale della storia non sarà una notte oscura dove tutto viene inghiottito dall’oblio e dall’indifferenza. Tutto il bene sarà premiato e tutto il male sarà punito con una sentenza immutabile ed eterna. Questa verità di fede apre il cuore alla speranza perché alla fine il male sarà definitivamente sconfitto e verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e della vittoria definitiva dell’amore.
 
Cieli e terra nuova.
«Dopo il giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato» CCC 1042. Questa affascinante prospettiva della fede manifesta il disegno di Dio creatore «di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» Ef 1,10. Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l’umanità e il mondo come una «nuova creazione», è definito con l’espressione «i cieli nuovi e una terra nuova» 2Pt 3,13. In questo nuovo universo, chiamato anche «Gerusalemme Celeste» Ap 21,15, dove non ci sarà più il male, Dio avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. «Egli tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, nè lutto, nè lamento, nè affanno, perché le cose di prima sono passate» Ap 21,4. Tutta la creazione parteciperà alla gloria di Cristo Risorto nella comunione di amore della SS. Trinità. La Chiesa pellegrina sulla terra e quella in stato di purificazione non ci saranno più, ma tutti gli uomini salvati, di ogni razza, lingua, popolo e nazione formeranno la Famiglia di Dio, «la Città santa» Ap 21,2, «la sposa dell’Agnello» Ap 21,9. «La visione beatifica, nella quale Dio si manifesterà in modo inesauribile agli eletti, sarà sorgente perenne di gaudio, di pace e di reciproca comunione» CCC 1045. Tutta l’umanità parteciperà alla gioia infinita di Dio. L’immenso universo parteciperà alla gloria della Risurrezione. La creazione dunque non sarà distrutta, ma rinnovata e trasformata. Passerà l’aspetto di questo mondo deformato dal peccato, ma Dio ha posto in Cristo Risorto la sorgente di una umanità e di un universo «in cui abita la giustizia e la cui felicità sazierà sovrabbondante tutti i desideri di pace che salgono dal cuore degli uomini» GS 39. Dio allora sarà «tutto in tutti» 1Cor 15,28 nella vita eterna.
 
Con la parola ebraica «Amen» della stessa radice della parola «credere» il cristiano esprime la sua totale e incondizionata adesione non solo a questa mirabile conclusione del «Credo», ma anche a tutte le verità in esso contenute. È il nostro «sì» pieno di fiducia e di amore a Gesù Cristo che è Lui stesso l’«Amen» definitivo dell’amore del Padre per noi. «Tutte le promesse di Dio in lui sono divenute “sì”. Per questo sempre attraverso di Lui sale a Dio il nostro “Amen” per la sua gloria» 2Cor 1,20.

Sia lodato Gesù Cristo.

ATTO DI FEDE. 
Mio Dio,
perché sei verità infallibile,
credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato
e la santa Chiesa ci propone a credere.
Ed espressamente credo in te,
unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte,
Padre, Figlio e Spirito Santo.
E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio,
incarnato e morto per noi,
il quale darà a ciascuno, secondo i meriti,
il premio o la pena eterna.
Conforme a questa fede voglio sempre vivere.
Signore, accresci la mia fede.

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