Preghiera e Liturgia

Credo la risurrezione della carne

CredoRisurrezioneCarne1«Se oggi non sei preparato a morire,
come lo sarai domani?» Imitazione di Cristo 1,23.


Credere nell’immortalità dell’anima è oggi senza dubbio un segno di sensibilità spirituale in un contesto di materialismo imperante, che identifica l’uomo col suo corpo. L’immortalità dell’anima è una conquista di molte religioni e filosofie del passato e del presente, che vedono nell’uomo un essere a due dimensioni. Il Cristianesimo fin dagli inizi ha difeso la tesi della spiritualità e dell’immortalità dell’anima, ma il suo annuncio riguardo al destino dell’uomo di fronte alla morte è stato ben più sconvolgente per la ragione umana. A partire dalla Risurrezione di Gesù Cristo, gli Apostoli hanno predicato la risurrezione dei morti nell’ultimo giorno.

Quanto fosse alieno dalla mentalità corrente questo elemento essenziale della fede cristiana lo dimostra la reazione al discorso di San Paolo all’aereopago di Atene: «Quando lo sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: “Ti sentiremo su questo un’altra volta”»  At 17,32. La fede nella risurrezione dei morti è fondata in primo luogo nella potenza e nella sapienza di Dio Creatore. Egli ha creato l’uomo composto di anima e di corpo. Il corpo non è un accessorio e tantomeno una prigione, ma è parte integrante della persona umana. In esso confluisce la distesa infinita del mondo materiale e, mediante il corpo dell’uomo, l’universo intero assurge a una nuova e più grande dimensione. La Risurrezione dei morti significa che anche la materia è stata redenta ed è chiamata a partecipare alla gloria dei figli di Dio. Facendosi «carne» nel grembo della Vergine Maria, il Verbo ha assunto la natura umana, cioè un’anima spirituale e immortale e un corpo materiale, che è stato anch’esso strumento della nostra redenzione. Risuscitando dai morti Cristo ha manifestato il progetto di Dio riguardo al destino dell’uomo.
L’esito della nostra vita non sarà il dissolvimento nella polvere ma una nuova esistenza con un corpo partecipe del destino dell’anima. La fede nella risurrezione dei morti è intimamente connessa alla fede nella Risurrezione di Gesù Cristo e quindi al fondamento stesso della fede cristiana ed è impressionante constatare come proprio su questo punto oggi molti cristiani siano nel dubbio e nell’oscurità. Certo, nel momento della morte l’anima viene separata dal corpo e con il giudizio particolare riceve immediatamente la sua retribuzione eterna. Tuttavia, nella risurrezione finale Dio tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato, riunendolo alla nostra anima. Come Cristo è risorto e vive per sempre, così tutti gli uomini risusciteranno nell’ultimo giorno. In questa prospettiva, la nostra morte, non è più una maledizione ma piuttosto una benedizione. Infatti, il cristiano che muore nel Signore sperimenta la morte come un incontro e un ingresso nella vita eterna. La morte perde il suo volto angosciato, mentre si presenta quello dolce e soave del Signore che invita il servo buono e fedele ad entrare nella gioia del suo Regno.
 
La risurrezione dei morti è la fede dei Cristiani.
La fede nella risurrezione dei morti è all’origine del Cristianesimo, che ha iniziato la sua vittoriosa affermazione nel mondo con la vittoria di Cristo sulla morte. Se Gesù non fosse risorto, come aveva preannunciato, come si sarebbe potuto credere alla sua divinità? La sua avventura sulla terra non si sarebbe forse conclusa con una sconfitta senza appello? Con le apparizioni del Risorto la fede degli Apostoli ha ripreso vigore e la sua presenza viva lungo il cammino umano, fino alla fine dei secoli, è la forza invincibile dei credenti. L’Apostolo Paolo ha ben espresso la centralità della Risurrezione nella professione di fede cristiana.
Scrivendo alla comunità di Corinto dove la fede nella risurrezione aveva incontrato incomprensioni e opposizioni At 17,32, così argomenta: «Come possono dire alcuni di voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede… Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti» 1Cor 15,12- 14. 20. Gli fa eco Tertulliano affermando: «La risurrezione dei morti è la fede dei Cristiani: credendo in essa siamo tali». Non vi è dubbio che la fede Cristiana nella Risurrezione sia legata all’evento della Pasqua, quando il Signore Gesù, crocifisso, morto e sepolto, è risorto il terzo giorno glorioso e immortale. Questa stessa fede si alimenta nel corso della storia con l’esperienza viva del contatto con il Risorto. Tuttavia, la speranza della risurrezione dai morti non era estranea alle credenze del popolo ebraico. Nelle loro prove i martiri Maccabei confessano: «Il Re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna» 2Macc 7,9. «È bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l’adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati» 2Macc 7,14. Fra i contemporanei di Gesù molti, come i Farisei, credevano alla Risurrezione At 23,6 ed egli la insegna con fermezza, affermando che Dio non è il Dio dei morti ma dei viventi Mc 12,27. Gesù però, ed è questo lo specifico del Cristianesimo, lega la fede nella risurrezione dei morti alla sua stessa persona: «Io sono la Risurrezione e la vita» Gv 11,25. «Sarà lo stesso Gesù a resuscitare nell’ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui Gv 5, 24-25;6,40 e che avranno mangiato il suo corpo e bevuto il suo sangue cfr. Gv 6,54. Egli fin d’ora ne dà un segno e una caparra facendo tornare in vita alcuni morti, annunciando con ciò la sua stessa Risurrezione, che però sarà di un altro ordine.
Di tale avvenimento senza eguale parla come del segno di Giona Mt 12,39, del segno del tempio Gv 2,19-22: annunzia la sua Risurrezione il terzo giorno dopo essere stato messo a morte Mc 10,34» CCC 994. È dunque guardando a Cristo Risorto che il Cristiano comprende il significato della speranza nella risurrezione. Il Cristianesimo non si limita a professare, come altre religioni e filosofie, una sopravvivenza spirituale dopo la morte, essendo l’immortalità dell’anima una delle più nobili conquiste della riflessione umana sul mistero dell’uomo. I cristiani credono che questo corpo, soggetto a malattia, vecchiaia e morte, risorgerà per la vita eterna. Non si tratta di un ritorno a una forma di vita segnata dalla pesantezza della materia e dalla corrosione del tempo, ma di una vita nuova la cui fonte è l’umanità glorificata del Figlio di Dio.

Come avverrà la risurrezione dei morti?
Quando affermiamo di credere nella risurrezione della carne intendiamo fare riferimento all’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità cfr. Gn 6,3; Sal 56,5; Is 40,6. La risurrezione della carne significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, ma che anche i nostri corpi mortali Rm 8,11 riprenderanno vita. Anzitutto bisogna intendere nel giusto significato la morte dell’uomo e quanto avviene in quell’istante in cui diciamo che una persona muore. «Con la morte, che è la separazione dell’anima dal corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della Risurrezione di Gesù» CCC 997. La Risurrezione finale riguarderà tutti gli uomini che sono morti, ma diversamente a seconda del loro rapporto con Dio: «Usciranno dai sepolcri quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» Gv 5,29.
I corpi seguiranno quindi il destino delle rispettive anime, a seconda che si siano eternamente salvate o eternamente perdute. Ognuno riavrà il suo corpo, come anche Gesù Cristo è risorto col suo proprio corpo, ma tuttavia trasfigurato e non più soggetto alle leggi della vita terrena: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!» Lc 24,39. Allo stesso modo, in unione col Signore Risorto, «tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti» Concilio Lateranense IV, ma questo corpo sarà trasfigurato in corpo glorioso Fil 3,21, che San Paolo definisce «corpo spirituale» 1Cor 15,44, in contrapposizione al corpo di cui siamo rivestiti in questa vita.
«Ma qualcuno dirà: “Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?”. Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore, e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco. … Si semina corruttibile e risorge incorruttibile. È necessario che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e che questo corpo mortale si vesta di immortalità» 1Cor 15,35-37.42.53. Ci troviamo di fronte all’evento di una «nuova creazione», opera della Santissima Trinità, che, come insegna San Paolo, è già iniziata con la Risurrezione di Gesù Cristo: «Se lo spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» Rm 8,11. La fede nella Risurrezione trae la sua motivazione profonda nella fede in Dio Creatore e Redentore. Colui che ha creato il mondo dal nulla ricomporrà i nostri corpi a immagine del corpo glorioso di Cristo. La Vergine Maria, Assunta in cielo, anticipa profeticamente la Chiesa glorificata e perfetta, senza macchia e senza ruga, formata dai risorti, quando ci saranno cieli nuovi e terra nuova e Dio sarà tutto in tutti. Questo avverrà «nell’ultimo giorno» Gv 6,39- 40. 44. 54;11,24, «alla fine del mondo» LG 48, nel momento in cui Cristo verrà nella gloria: «Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’Arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo» 1Ts 4,16. Già fin d’ora, nel corso del suo pellegrinaggio terreno, il Cristiano sperimenta interiormente la Risurrezione di Gesù. «Infatti, grazie allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d’ora su questa terra, è una partecipazione alla morte e alla Risurrezione di Cristo… nutriti del suo corpo nell’Eucaristia, apparteniamo già al Corpo di Cristo. Quando risusciteremo nell’ultimo giorno, allora saremo manifestati con Lui nella gloria» CCC 1002-1003. Essendo il Cristiano il tempio dello Spirito Santo ed essendo predestinato a partecipare alla gloria di Cristo Risorto, deve fin d’ora manifestare il più grande rispetto per il proprio corpo e per quello degli altri. Saprà vedere nella carne che soffre la partecipazione alla croce di Cristo e quindi anche alla futura risurrezione: «Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo. Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i corpi sono membra di Cristo?... Non appartenete a voi stessi... glorificate dunque Dio nei vostri corpi» 1Cor 6,13-15.19- 20. «In tutti i travagli e le miserie della vita terrena, il pensiero della futura Risurrezione è di sollievo alla nostra sofferenza. Così Giobbe solleva il suo animo addolorato, sperando di giungere finalmente un giorno a contemplare nella risurrezione il suo Dio e Signore cfr. Gb 19,25. Infine, il pensiero della Risurrezione sarà di una efficacia senza pari nell’esortarci a una vita retta, integra, pura da ogni peccato. Pensando infatti ai tesori immensi che ci sono preparati, ci persuaderemo facilmente a una vita di virtù e di pietà; come pure lotteremo contro le passioni e le tentazioni, atterriti dalla visione dei mali che colpiranno i dannati nell’estremo giudizio» Catechismo Romano 138.
 
La morte è una conseguenza del peccato.
«Per risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo» CCC 1005. Gli uomini di ogni tempo e cultura hanno vissuto la morte come un dramma e come una condanna. Eppure in apparenza sembra un fatto naturale, che chiude il ciclo biologico della materia, racchiuso fra il nascere e il morire. L’uomo avverte nel suo profondo un anelito all’immortalità e guarda alla morte con un misto di paura e di angoscia. «In faccia alla morte l’enigma della condizione umana diventa sommo» Paolo VI. Per quale ragione gli uomini non accettano la morte come «un fatto naturale»? La Rivelazione Divina dà una risposta a questo interrogativo, umanamente inspiegabile, affermando che la morte è il «salario del peccato» Rm 6,23. Infatti, Dio Creatore fin dall’inizio ha dato all’umanità, insieme alla sua grazia, anche il dono dell’imortalità. «Finché fosse rimasto nell’intimità divina, l’uomo non avrebbe dovuto nè morire Gn 2,17; 3,19, nè soffrire Gn 3,16» CCC 376. La morte non era dunque nei piani di Dio e «l’uomo ne sarebbe stato esentato se non avesse peccato» GS 18. Avendo i progenitori ceduto alla seduzione del diavolo, insieme alla grazia e alla vita eterna hanno perduto il dono dell'immortalità. Tuttavia, essi ne conservano nel profondo del loro essere la nostalgia e sono ben lontani dall’accettare la morte come la conclusione naturale e ovvia della vita umana. La morte rimane «l’ultimo nemico» 1Cor 15,26 e la vittoria su di essa costituisce il desiderio e la speranza di tutte le generazioni che si succedono sulla terra. Lasciandogli la morte, Dio ha voluto ricordare all’uomo che è una creatura e che invano cercherebbe di «essere come Dio» Gn 3,5 o, peggio ancora, di sostituirsi al suo Creatore. La morte, per quanto esperienza dolorosa, è una medicina per l’orgoglio umano.
Davanti alla morte i potenti e gli umili, i ricchi e i poveri, i sapienti e gli ignoranti, i giovani e gli anziani sono uguali. Inoltre, la morte ricorda all’uomo che il tempo della vita scorre via veloce e che deve impegnarsi a costruire nel tempo che gli viene concesso il suo destino eterno. «Ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza… prima che ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato» Qo 12,1.7.
 
Gesù Cristo ha redento la morte.
Il Salvatore del mondo, liberando l’uomo dalla schiavitù del peccato, non ne ha tolto le conseguenze, che sono la sofferenza e la morte. Tuttavia, ha strappato loro il veleno mortifero e le ha cambiate in beatitudine. «L’obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione» CCC 1009. Infatti, morendo nella grazia di Cristo, l’uomo entra nella luce dell’immortalità. La morte perde il suo volto angoscioso e drammatico per divenire la gioia di un incontro a lungo desiderato. In questa prospettiva si comprendono le affermazioni di San Paolo: «Per me vivere è Cristo e morire un guadagno» Fil 1,21. A lui fanno eco molti testimoni della fede, fra cui Sant’Ignazio di Antiochia: «Per me è meglio morire per Gesù Cristo, che essere re fino ai confini della terra. Io cerco colui che morì per noi; io voglio colui che per noi risuscitò. Il parto è imminente… lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là sarò veramente uomo». La morte dunque, come potrebbe sembrare agli occhi della carne, non è la fine, ma il raggiungimento della meta e della pienezza della felicità. Si comprende allora perché il Cristiano possa provare un desiderio simile a quello di San Paolo di essere sciolto dal suo corpo mortale per essere sempre con Cristo Fil 1,23. La morte diviene allora un vero e proprio atto di amore.
L’anima sposa anela con tutte le sue forze all’unione con Cristo sposo, come ci testimoniano le esperienze dei Santi: «Voglio vedere Dio, ma per vederlo bisogna morire» Santa Teresa di Gesù; «Non muoio, entro nella vita» Santa Teresa di Gesù Bambino. In sintonia con i Santi la liturgia della Chiesa educa i fedeli a questa visione serena della morte, che è sì un passaggio, ma dalle tenebre alla luce e non viceversa. Dall’esilio terreno infatti si passa alla patria celeste: «Ai tuoi fedeli, Signore la vita non è tolta, ma trasformata e, mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo» Prefazio dei Defunti. La preparazione alla morte è il compito di tutta la vita. Infatti, in quel supremo momento ognuno verrà giudicato da Dio e conoscerà il suo destino eterno. «In ogni azione, in ogni pensiero dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio stare lontano dal peccato che fuggire la morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani?» Imitazione di Cristo 1,23.
La Chiesa ci incoraggia a prepararci all’ora della nostra morte e a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi in quell’ora e ad affidarci a San Giuseppe, patrono della buona morte. Con la morte finisce il tempo del pellegrinaggio terreno. «È la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Quando è finito l’unico corso della nostra vita terrena, noi non ritorneremo più a vivere altre vite terrene. È stabilito che gli uomini muoiano una sola volta cfr. Eb 9,27. Non c’è reincarnazione dopo la morte» CCC 1013.

Sia lodato Gesù Cristo.

ATTO DI FEDE. 
Mio Dio,
perché sei verità infallibile,
credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato
e la santa Chiesa ci propone a credere.
Ed espressamente credo in te,
unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte,
Padre, Figlio e Spirito Santo.
E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio,
incarnato e morto per noi,
il quale darà a ciascuno, secondo i meriti,
il premio o la pena eterna.
Conforme a questa fede voglio sempre vivere.
Signore, accresci la mia fede.

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