Preghiera e Liturgia

Discese agli inferi

Disceseagliinferi1«Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti,
e Cristo ti illuminerà.


La discesa di Gesù agli inferi è una delle affermazioni del «Credo» meno comprese dai cristiani, le cui convinzioni riguardanti l’aldilà sono spesso avvolte da una fitta nebbia. Si tratta però di una verità ricca di insegnamenti di fede, che ci mostra l’importanza e l’efficacia dell’opera di redenzione compiuta dal Figlio di Dio. Inoltre ci richiama a quella realtà della condizione umana dopo la morte, che non è certo meno importante di quella che, nell’arco di un tempo fugace, trascorriamo qui sulla terra. Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento, secondo le quali «Gesù è risuscitato dai morti», suppongono che Egli, subito dopo la sua morte e prima della sua Risurrezione, abbia soggiornato nella dimora dei morti. È un lasso di tempo che ha un valore al quale la Scrittura fa riferimento quando afferma che Gesù è risuscitato «il terzo giorno». Sarebbe un errore non tenere in considerazione quanto il Redentore ha compiuto in questo breve periodo, durante il quale sulla terra la sua opera pareva stroncata e i suoi seguaci erano dispersi.

In realtà, proprio in quei momenti di tragedia e di oscurità, il Redentore annunciava la Buona Novella a coloro che erano morti e attendevano la redenzione nella speranza.
Gli inferi sono il mondo inferiore, cioè l’ambiente in cui si pensa vadano tutti i morti. È quello che in ebraico si chiama «sheol» e in greco «ades», in latino «inferi». In alcuni testi catechistici si dice: «discese all’inferno», ma è scorretto. Gli inferi sono semplicemente l’ambiente dei morti, il luogo dove vanno tutti i morti e quindi Gesù, solidale con l’umanità fino alla morte, scese agli inferi. Non c’è bisogno di nessuna particolare aggiunta teologica, è un modo per dire: è arrivato fino in fondo, nell’abisso, è sceso nel punto più basso del cosmo; è una immagine di tipo mitico, una grande metafora. Come «discese dal cielo» è una metafora, così «scese negli inferi» è un’altra metafora, cioè è un modo di esprimersi legato allo spazio per indicare una realtà che è al di là dello spazio; noi però non siamo capaci di parlare senza far riferimento allo spazio e al tempo. Il riferimento agli inferi lo troviamo due volte nella Prima Lettera di Pietro, laddove si dice che il Salvatore è sceso negli inferi proclamando la buona notizia – il Vangelo – agli spiriti che vi si trovavano prigionieri: «E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere» 1Pt 3,19. E poco dopo, sempre la stessa Lettera, dice che: «Anche ai morti è stata annunciata la buona notizia evangelica» 1Pt 4,6. Quindi l’affermazione della Prima Lettera di Pietro riflette sul mistero pasquale di Cristo, che porta la buona notizia anche a quelli vissuti prima di lui.

Nella liturgia bizantina si immagina Giovanni Battista, che muore prima di Gesù, che fa il precursore anche nel mondo dei morti. Come ha preceduto Gesù di qualche mese nella missione terrena, preparando i vivi all’arrivo del Messia, così, morendo, il Battista scende agli inferi e dice: preparatevi che da un momento all’altro arriva il Messia. Giovanni Battista prepara la strada a colui che arriverà. La discesa agli inferi è un elemento teologico importantissimo e, come immagine, serve per dire una verità di fede importante, cioè: la salvezza di Cristo è retroattiva, è servita anche a tutti quelli vissuti prima di Lui. Altrimenti, se l’opera di salvezza avviene nel tempo e ne godono solo quelli che nascono dopo, è una ingiustizia per tutti quelli vissuti prima. La precisazione «discese agli inferi» vuol dire che portò la salvezza a coloro che erano vissuti prima; bisogna essere più precisi: ai giusti morti prima del Cristo. Quindi non si tratta di una amnistia generale, ma è la realizzazione possibile della vita eterna per coloro che erano vissuti prima.

Nella iconografia antica, orientale e occidentale, fino al 1400, la scena della discesa agli inferi è dominante e importante nei cicli iconografici. Ci sono alcune scene bellissime nella pittura del 1300 e del 1400. È veramente l’immagine della risurrezione, è il Cristo che scende e apre le porte, apre i cancelli. Il Beato Angelico dipinge una scena splendida del Cristo che entra nel tunnel dove sono tutte le anime dei giusti e la porta, buttata giù dal Cristo, schiaccia il diavolo. Si immagina che il diavolo fosse dietro la porta a tenerla chiusa e la porta, aperta dal Cristo, lo ha schiacciato sotto. Cristo, quindi è sull’uscio finalmente libero e sotto la porta scardinata si vedono spuntare gli arti demoniaci, ma ormai schiacciati: le anime dei giusti, tutti vestiti di bianco, escono in fila da questo lungo tunnel sotterraneo. Il primo della serie è il vecchio Adamo e subito dopo di lui San Giovanni Battista. È l’immagine teologica della redenzione umana.
Nella Divina Commedia Dante, quando scende agli inferi, che lui chiama limbo, domanda se non ne è mai uscito nessuno. Virgilio allora gli spiega che era appena arrivato lui quando vi vide scendere «un potente di gloria coronato che ne trasse fuori l’ombra del primo parente», Adamo e tutti gli altri: Noè, Mosè ecc. ed elenca tutta una serie di personaggi e li fece beati. Ci sono ancora i segni, dice Dante, delle rotture, delle spaccature nelle rocce di quando il Cristo scese agli inferi. Non è sceso fino in fondo, è sceso solo – naturalmente secondo l’immaginario dantesco – nella parte iniziale dove c’erano i giusti che attendevano il Messia. La discesa agli inferi è solidarietà con l’umanità e offerta di salvezza a tutti, che non significa però salvezza automatica, ma dipende dalla accoglienza della persona. La salvezza è operata dal Signore, l’unico che conosce il cuore. Noi possiamo semplicemente affermare che si salva chi accetta di essere salvato.
Chi è salvo vuol dire che ha accolto la salvezza offerta. La salvezza è offerta a tutti? Sì! Si salvano tutti? Tutti quelli che accettano di essere salvati! La discesa agli inferi è il pieno compimento dell’annunzio evangelico della salvezza: la morte di Colui che è la Vita sprigiona la luce della Vita nella valle oscura della morte. La liturgia bizantina canta più volte nella notte di Pasqua questo paradosso: Cristo è risorto dai morti, ha calpestato la morte con la morte, e a chi giace nei sepolcri ha donato la Vita.

Apriamo ora il nostro cuore e risentiamo una antica Omelia sul Sabato Santo, il giorno in cui Cristo è là negli inferi.

Che cosa è avvenuto?
Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi. Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.
Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno, Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti.
Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura. Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell'inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te. Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio.
Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l’eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il Regno dei Cieli».

Sia lodato Gesù Cristo.

ATTO DI FEDE.
Mio Dio,
perché sei verità infallibile,
credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato
e la santa Chiesa ci propone a credere.
Ed espressamente credo in te,
unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte,
Padre, Figlio e Spirito Santo.
E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio,
incarnato e morto per noi,
il quale darà a ciascuno, secondo i meriti,
il premio o la pena eterna.
Conforme a questa fede voglio sempre vivere.
Signore, accresci la mia fede.

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