Nacque da Maria Vergine
«Dio dà tutta l’eternità ha scelto Maria,
perché fosse la Madre del Figlio suo» CCC488.
«Dio dà tutta l’eternità ha scelto Maria, perché fosse la Madre del Figlio suo» CCC488. A tal fine l’ha preparata e «l’ha arricchita di doni degni di una così grande missione» LG 56. Trattandosi della più grande vocazione a cui sia mai stata chiamata una creatura, non vi è da meravigliarsi che in Lei siano state deposte le più grandi grazie. Infatti, nel momento dell’annunciazione l’angelo Gabriele la saluta chiamandola «piena di grazia» Lc 1,28,
A nessun altro la Sacra Scrittura attribuisce una tale pienezza, se non alla santa umanità del Verbo incarnato Gv 1,14, dalla quale anche Maria attinge grazia su grazia. Per questo dono straordinario di santità, di cui la Madre del Salvatore era ricolma, doveva essere concepito Colui nel quale abiterà «corporalmente tutta la pienezza della divinità» Col 2,9. Inoltre, per poter dare il libero assenso della sua fede a una tale altissima vocazione, era necessario che la sua persona fosse sorretta e permeata dalla grazia. Infine, per realizzare il suo compito di cooperatrice del Redentore, in particolare del sacrificio supremo del Calvario, si richiedeva un sostegno speciale della divina onnipotenza, alla quale Maria ha cooperato con perfezione d’amore.
«Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria, “colmata di grazia” da Dio, era stata redenta fin dal suo concepimento» CCC 491. A questo riguardo è stato decisivo il «sensus fidei» del popolo di Dio, il quale, sotto la guida dello Spirito Santo, mai ha potuto accettare che Maria fosse stata macchiata dal peccato originale. Il Papa Pio IX nel 1854, facendo riferimento al suo supremo magistero, proclamava il dogma dell’Immacolata Concezione: «La beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia e un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia di peccato originale» Ineffabilis Deus.
La fede della Chiesa non nega affatto che Maria sia stata redenta. Al contrario, lo è stata in modo speciale e più perfetto, in quanto, fin dal primo momento del suo concepimento, è stata rivestita dagli splendori della grazia di Cristo. Ella «è stata redenta in un modo così sublime in vista dei meriti del figlio suo» LG 53. La grazia della redenzione, che zampilla dal cuore aperto di Cristo a vantaggio di tutti gli uomini di tutti i tempi, è stata riversata su Maria più che su ogni altra persona creata. In Cristo suo figlio Maria è stata scelta prima della creazione del mondo per essere santa e immacolata al suo cospetto nella carità. Anche la Chiesa orientale venera Maria come «la tutta Santa» e la onora immune da ogni macchia di peccato. Il suo cuore immacolato è quella «terra buona» Mt 13,8 dove i doni di Dio hanno prodotto il massimo frutto. Alla chiamata di Dio Maria ha risposto «con l’obbedienza della fede» Rm 1,5, nella certezza che «nulla è impossibile a Dio» Lc 1,38. La sua corrispondenza è stata tale che, per grazia di Dio, «è rimasta pura da ogni peccato personale durante tutta la sua esistenza» CCC 493. Con la sua risposta all’Angelo: «Io sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» Lc 1,38, la Vergine Santissima apre totalmente la sua vita alla volontà di Dio e, «senza essere ritardata da nessun peccato» CCC 494, si offre totalmente all’opera della redenzione del Figlio suo, cooperando con lui e sotto di lui non solo come Madre, ma anche come umilissima ancella.
La verginità di Maria.
Il concepimento verginale sta ad indicare che è veramente il Figlio di Dio colui che si è fatto uomo nel grembo della Vergine Maria. La Chiesa ha visto nella concezione verginale il compimento della promessa divina fatta dal profeta Isaia: «Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio» Is 7,14. «Non appena la Beata Vergine, prestando il suo assenso all’annuncio dell’Angelo pronunciò le parole: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» Lc 1,38, immediatamente il corpo santissimo di Gesù Cristo fu formato e ad esso fu unita l’anima; e fu così, in quello stesso istante, perfetto Dio e perfetto uomo» Catechismo Romano 44. Tuttavia la fede della Chiesa non si è limitata a professare la verginità di Maria solo nel momento del concepimento, ma anche durante il parto e per tutto il resto della sua vita. L’approfondimento della fede, sotto la guida dello Spirito Santo, ha condotto la Chiesa a confessare «la reale e perpetua verginità di Maria». Fin dai tempi più antichi la Chiesa ha affermato sempre che la nascita del Redentore «non ha diminuito la sua verginale integrità, ma l’ha consacrata» LG 57. Nella sua liturgia la Chiesa celebra Maria come «sempre vergine» LG 52 a indicare che per tutta la sua vita la Madre di Dio è appartenuta solo al suo Signore. Le obiezioni ricorrenti nei confronti della verginità di Maria provengono da un’incomprensione dell’uomo del valore altissimo che ha la verginità agli occhi di Dio. Maria fu Vergine nel suo corpo, nel quale il Verbo si è fatto carne; fu vergine nella mente, per l’integrità della sua fede; fu vergine nel suo cuore, totalmente donato al suo Signore; fu vergine nella sua anima, ricolma della pienezza di grazia. La sua verginità è segno della sua assoluta e irrevocabile appartenenza a Dio.
Il Vangelo è il cuore della divina Rivelazione.
Il «Credo» sintetizza la vita di Gesù Cristo mettendo in luce i due eventi fondamentali, che sono i misteri dell’incarnazione e della Pasqua di Risurrezione. Non fa esplicito riferimento ai misteri della vita nascosta e della vita pubblica di Gesù. Per quale motivo?
Il Simbolo della Fede è per sua natura breve e, evocando i misteri dell’incarnazione e della Pasqua, nei quali si manifesta in modo particolare il disegno di salvezza di Dio, vuole insegnare che è sotto questa luce che tutta la vita di Gesù deve essere interpretata. Essa è il compimento dell’opera di salvezza del Figlio di Dio, che ha assunto la carne umana.nSembrerebbe quasi che la testimonianza degli Apostoli e la prima catechesi cristiana avessero una sola e unica preoccupazione: testimoniare lo splendore della divinità di Cristo e della sua opera di salvezza. Infatti, quasi nulla ci viene detto dei lunghi 30 anni della vita di Nazareth e, anche per quanto riguarda la sua vita pubblica, si fa accenno soltanto ad alcuni episodi, sintetizzando in poche righe tutto il rimanente. La ragione per cui sono stati scritti i Vangeli non è per darci notizie, ma per suscitare la fede. Essi sono stati scritti «perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» Gv 20,31. La chiave di lettura dei Vangeli è dunque la fede. Invano la storia e l’esegesi letteraria potrebbero anche solo scalfirne le inafferrabili profondità divine. Essi non sono solo «Parola di Dio» come gli altri libri della Bibbia, ma più ancora sono la «Parola di Dio fatta carne». In essi è perennemente vivo il mistero di Cristo. È dai Vangeli che l’intera Sacra Scrittura prende luce e significato. Essendo stati scritti nella fede, è dunque nella fede e nella preghiera che il cristiano li comprende e se ne nutre, entrando in comunione col mistero di Cristo.
Nella vicenda umana di Gesù Cristo, Dio si manifesta.
La persona di Gesù Cristo ha un fascino unico e divino solo se è guardata nella luce della fede. Senza questa prospettiva soprannaturale il Rabbi di Nazareth, per quanto sia una figura di valore, che occupa un posto di assoluto rilievo fra i grandi dell’umanità, non sarebbe così importante e attraente. Se Gesù fosse solo un uomo quale significato avrebbe? Che cosa sia un uomo, col suo miscuglio di bene e di male, di miseria e di grandezza, di verità e di menzogna, lo sappiamo fin troppo bene. Non sarà certo un uomo a meravigliarci, anche se questi si chiama Buddha o Socrate. Ciò che è di estremo interesse in Gesù Cristo è anzitutto il fatto, storicamente indiscutibile, che egli si è proclamato Dio e che per questo motivo è stato processato e ucciso con una morte infamante. Ha dichiarato di esserlo in modo esclusivo e unico, accompagnando questa affermazione con una santità, una sapienza e una potenza di miracolo che non hanno uguali nella storia dell’umanità. Di grande rilevanza è poi il fatto che i suoi intimi e molti altri gli abbiano creduto e l’abbiano visto vivo e glorioso dopo la sua Risurrezione. Non certo meno impressionante è il fatto che innumerevoli uomini del passato come del presente credono in Lui, lo pregano, gli parlano e, per suo amore, gli dedicano la vita. Non vi è dubbio che siamo di fronte a un caso «unico» nella storia dell’umanità. Che un uomo sia Dio, questo è indubbiamente qualcosa di assolutamente inedito. Non ci si stancherà mai di prendere in esame questa persona, umanamente indecifrabile, perché è veramente diversa da tutti. In Lui è presente quel mistero che non troveresti in nessun altro.
La sua identità divina, rivestita di umanità, è la sorgente inesauribile di quel fascino che rimane intatto dopo 2000 anni.
Noi cristiani, dunque, ci dobbiamo avvicinare alla vita, alle opere e alle parole di Gesù Cristo nella consapevolezza che tutto quello che si esprime attraverso la sua umanità proviene dalla sua persona divina. Ciò che costituisce una ragione di inesauribile interesse, per quanto riguarda Gesù Cristo, è la certezza di fede che la sua vita umana è vissuta dalla seconda persona della SS. Trinità.
In Gesù Cristo Dio stesso ha fatto l’esperienza dell’esistenza umana. Come non essere affascinanti da questa prospettiva della fede? Chi o che cosa potrebbe essere di maggiore attrattiva e di più grande speranza per l’uomo pellegrino sulle spiagge desolate del male, della sofferenza e della morte?
In questa prospettiva possiamo in primo luogo affermare che tutta la vita di Gesù Cristo è rivelazione del Padre, che l’ha eternamente generato e l’ha inviato nel mondo. Gesù ci manifesta il vero volto di Dio attraverso la sua persona, le sue parole, le sue azioni, i suoi silenzi, le sue sofferenze, il suo modo di essere e di parlare. Per conoscere Dio senza le inevitabili oscurità ed errori della ragione, bisogna guardare a Gesù e ascoltarlo : «Chi vede me, vede il Padre» Gv 14,9. Tutta la vita di Gesù è una manifestazione del mistero intimo e inconoscibile di Dio. «I più piccoli tratti dei suoi misteri ci manifestano l’amore di Dio per noi» CCC 516. Invano l’uomo si sforzerebbe di conoscere il vero volto di Dio lontano dalla santa umanità di Gesù. «Tutta la vita di Gesù Cristo inoltre è un mistero di redenzione» CCC 517. Egli ci ha redenti già col solo fatto di aver assunto la natura umana e di averla intimamente e perennemente unita alla sua persona divina. Benché ancora nel grembo di Maria, Cristo santificava il mondo Lc 1,44. Tuttavia il culmine della redenzione è rappresentato dalla passione e dal sangue versato sulla croce in remissione dei peccati degli uomini di tutti i tempi. Può forse salvare un uomo? Solo il Verbo incarnato poteva riscattare la condizione umana ed elevarla alla partecipazione della natura divina. La vita di Gesù Cristo è infine un mistero di ricapitolazione. Quanto infatti Gesù Cristo ha fatto, detto e sofferto, aveva come scopo di ristabilire nella primitiva vocazione l’uomo decaduto. Egli ci ha ridonato ciò che Adamo aveva perduto.
«È passato per tutte le età della vita, restituendo agli uomini la comunione con Dio» RH11. Ancor di più, egli ha portato a compimento il disegno del Padre di renderci partecipi della natura divina, elevandoci ad essere «figli nel Figlio», nel cuore stesso della Santissima Trinità. In Gesù Cristo l’uomo conosce il vero volto di Dio, è riscattato dal male ed è elevato alla gloria divina. Non è solo una professione di fede, ma è anche e soprattutto una esperienza di vita. Gesù Cristo non ha vissuto la sua vita per sé, ma «per noi uomini e per la nostra salvezza». Non è tanto la dottrina, quanto la persona di Cristo che ci salva. La testimonianza di fede dei Vangeli ha lo scopo di farci incontrare Gesù vivo, come fonte di grazia, di salvezza, di luce e di gioia.
I misteri che Gesù Cristo ha vissuto, noi stessi siamo chiamati a riviverli nella nostra quotidiana esistenza. In particolare questo è vero per il mistero pasquale, che è il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia. Gesù Cristo è la nuova creazione nella quale noi tutti siamo chiamati a divenire nuove creature. Egli è la vite e noi siamo invitati ad essere i tralci che portano frutto. Il Verbo del Padre è entrato nella vita umana perché noi uomini potessimo attingere alla vita divina. «Tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in Lui e che egli lo viva in noi. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Siamo chiamati a formare una cosa sola con Lui; egli ci fa comunicare come membra del suo corpo a ciò che ha vissuto nella sua carne per noi e come nostro modello» CCC 521.
Innumerevoli uomini nel corso della storia hanno costruito la loro esistenza meditando in particolare su un mistero della vita di Cristo: chi la sua obbedienza, chi la sua povertà, chi la sua umiltà, chi la sua preghiera, chi la sua carità, chi la sua mitezza, chi la sua passione.
Ogni uomo è chiamato a completare in se stesso la fonte inesauribile di santità che sgorga dalla vita umana del Figlio di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.
ATTO DI FEDE.
Mio Dio,
perché sei verità infallibile,
credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato
e la santa Chiesa ci propone a credere.
Ed espressamente credo in te,
unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte,
Padre, Figlio e Spirito Santo.
E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio,
incarnato e morto per noi,
il quale darà a ciascuno, secondo i meriti,
il premio o la pena eterna.
Conforme a questa fede voglio sempre vivere.
Signore, accresci la mia fede.