Preghiera e Liturgia

Santa Famiglia 2022

SantaFamigliaAccompagnare...non mandare!
«Gesù a dodici anni salì al Tempio con i suoi genitori»

La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il senso, così profondo e così misterioso, di quella semplice, umile, bella manifestazione del Figlio di Dio. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare.

Qui si impara il metodo con cui potremo entrare nella intelligenza di Cristo. Qui si comprende la necessità di osservare il quadro della sua conversazione con noi: il luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, la religiosità di cui Gesù si servì per rivelarsi al mondo. Tutto parla. Tutto ha un senso. Qui tutto ha una voce, tutto ha un significato. Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se si vuole diventare alunni del Vangelo e discepoli di Cristo.
L’autore sacro, rispettando l’umiltà e il nascondimento che hanno fasciato il silenzio non solo della nascita di Gesù, ma anche e più ancora il lungo periodo di tempo che va dalla prima infanzia all’inizio della sua vita apostolica – circa 30 anni – rompe tale silenzio narrando, quasi sprazzo di luce fra le tenebre, il commovente episodio dell’andata di Gesù al tempio, del suo smarrimento e del suo ritrovamento. Non lo fa certamente «per esigenze di informazione», come diremmo oggi, ma a nostra istruzione ed edificazione.

Al tempio con i genitori.
Ogni particolare del racconto evangelico è ricco di insegnamenti e di pratiche applicazioni. San Luca fissa la circostanza dell’età raggiunta da Gesù: dodici anni. Era quella nella quale, secondo la legge ebraica, incominciava l’obbligo di recarsi al Tempio di Gerusalemme per celebrarvi le solennità pasquali. Gesù, evidentemente superiore alla legge, non ha voluto sottrarvisi (e con molta probabilità vi si era recato anche prima), anche se il viaggio da Nazareth a Gerusalemme era lungo e disagevole. Certamente… basterebbe una distanza senza confronto minore ed un percorso assai meno disagevole, perché i cristiani annacquati di oggi se ne sentissero dispensati!
Ma sopra un altro particolare vogliamo fissare specialmente la nostra attenzione: Gesù fece il suo pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme accompagnato da Maria e da Giuseppe. «Nulla di più naturale!» si dirà. Infatti, se è nella natura delle cose, oltre che nella legislazione della Chiesa, che siano i genitori – prima e più efficacemente dei loro «sostituti» - a dare ai figli una educazione religiosa, nulla di più logico e di più positivo che si uniscano ai figli nella «pratica della religione», anche recandosi insieme nel luogo sacro alla preghiera pubblica e solenne di tutta la comunità cristiana.
Senonchè… vedete quello che avviene tanto spesso fra la gente, che pur si dice «cristiana» e si meraviglierebbe di non essere ritenuta per tale: i fanciulli si «accompagnano» un po’ dappertutto: alla scuola, al passeggio, al cinema, all’esercizio pubblico dov’è installato il televisore ecc… ma in chiesa si «mandano». Ed i fanciulli che ragionano meglio e più presto di quanto ordinariamente si ami credere, ne traggono le logiche conseguenze, che non né utili alla loro formazione, né lusinghiere per i loro genitori.

Un senso di vuoto.
Ma che dire quando l’assenza di questi è sistematica e forse ostentata? Se fra i nostri ascoltatori ci sono di quelli i cui genitori (o anche soltanto uno di essi) sono rimasti assenti dai loro incontri con Dio, se li hanno lasciati soli in quelle solenni circostanze, nella quali si sente così vivo il bisogno di dividere la gioia con le persone più care, certamente non hanno dimenticato la penosa impressione che ne hanno riportato ed il senso di vuoto, che forse non sono riusciti a colmare né le amorose attenzioni o le pietose bugie di altri familiari, né la solennità e lo splendore del rito.
Come bisognerebbe pensarci prima di assumere la responsabilità di provocare nella psiche di un fanciullo o di un adolescente un trauma, che forse non guarirà! Prima di costringerlo ad imporsi un quesito, che non avrà risposta e forse provocherà una pericolosa crisi di dubbio o la tempesta di una rivolta.

Responsabilità paterne.
Specialmente ai padri vorremmo ricordare che la paternità ha un contenuto più spirituale che materiale e che, se le caratteristiche fisiche e somatiche per cui il figlio assomiglierà loro le avrà fin dalla nascita, la sua personalità morale la verrà acquistando poco a poco sotto l’influenza della loro opera educativa e, soprattutto, del loro esempio. Esso merita la più grande attenzione, perché è uno dei fattori più decisivi dell’educazione… ed è invece forse il più trascurato. Ed è trascurato in particolar modo nella vita religiosa. Onde avviene che i genitori provocano essi stessi nella coscienza dei figli una dolorosa frattura, una evidente disarmonia fra i precetti e la pratica, fra ciò che esigono dai figli o, quanto meno loro permettono, e l’esempio che loro danno.
Nessun genitore vorrebbe avere la tragica responsabilità di spegnere la luce negli occhi dei figli; ma più gravida di conseguenze potrebbe essere la responsabilità di spegnere nella loro coscienza la luce della verità e nella loro anima la vita della grazia.
Giuseppe e Maria hanno «accompagnato» al Tempio di Gerusalemme il fanciullo Gesù; genitori cristiani, date ai vostri figli la gioia e fierezza di vedervi al loro fianco quando si inginocchiano davanti agli altari di Dio.

Ritrovare Iddio.
Abbiamo sentito dalla narrazione evangelica che Gesù, smarrito da Maria e Giuseppe fu ritrovato nel Tempio, dove riempiva di meraviglia con le sue domande, che rivelavano in quel dodicenne una divina sapienza, gli stessi dottori della Legge.
Nessun dubbio che lo smarrimento, disposto dalla divina Provvidenza per i suoi altissimi fini, sia avvenuto senza la più piccola colpa da parte di Maria e Giuseppe.
Ma… si può dire altrettanto se siamo noi a smarrire Gesù, a perdere cioè la sua grazia e la sua amicizia? Nessuno è vittima del peccato, se non per propria colpa, perché, se la volontà fosse del tutto estranea, neppure si potrebbe parlare di colpa e la grazia non verrebbe perduta. Ma, se la nostra volontà, infiacchita dalla rinuncia alla lotta, ha ceduto alla tentazione, per riparare, per riconquistare l’amicizia di Dio e con essa la nostra dignità di uomini e di cristiani, il mezzo è quello indicato dai Santi sposi di Nazareth: riprendere la via del Tempio con sincerità ed umiltà di cuore, come si farebbe con un medico, mettiamo a nudo la nostra coscienza ed invochiamo da chi ha ricevuto il divino potere di assolverci, che ci dica la parola del perdono e con essa ci ridia la tranquillità dello spirito e la rinata fiducia nel bene.
«Figlio – disse a Gesù la Madonna con ineffabile dolcezza, ritrovandolo dopo lo strazio dell’affannosa ricerca – Figlio, perché ci hai fatto questo? Vedi? Tuo padre ed io angosciati andavamo in cerca di te».
Se avessimo perduto Gesù, lasciamoci prendere dall’angoscia dello smarrimento, per godere poi la gioia senza pari di averlo ritrovato.

Sia lodato Gesù Cristo.

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