Epifania 2022
L’Eucaristia: una manifestazione
e una Epifania della nostra fede.
Solennità dell’Epifania del Signore: Gesù si manifesta a tutte le genti e il mondo intero, rappresentato dai Magi, lo adora e lo riconosce quale Re, Dio e Uomo. Egli è la «Stella» che guida tutti i popoli, portatrice di gioia, che spinge alla ricerca della fede. Ma la Stella indica anche una strada rischiosa: il viaggio dei Magi è infatti l’emblema della fede intesa come ricerca. I Magi sono simbolo di tutti i popoli della terra che cercano Dio. Chiediamo anche noi il dono di saper riconoscere le «stelle» che l’Emmanuele, il Dio con noi, pone sul nostro cammino. Chiediamo di saper vivere nella continua ricerca di Lui, «Stella del mattino» che non conosce tramonto. Solo così potremo essere a nostra volta stelle che brillano nel cielo dell’oggi, per indicare agli altri la vera Luce che è venuta nel mondo.
In molte regioni d’Italia la festa dell’Epifania è contrassegnata dalla consuetudine dei doni ai bimbi ed agli adulti. I bimbi immaginano che vengano loro portati nottetempo da un benefico personaggio fantastico, che ognuno immagina come vuole e che ha finito per prendere il nome di «Befana».
Epifania e… Befana.
Ma la parola «Befana» non è che una variazione di «Epifania» e la consuetudine, ormai saldamente radicata, dei doni è evidentemente un ricordo di quelli che hanno recato i Magi al Bimbo Gesù, venendo a Betlemme dal lontano Oriente, proprio per fargli omaggio di ciò che di più prezioso producevano le loro terre e, più prezioso ancora, l’omaggio della loro preghiera.
«Epifania» è una parola greca (il greco ai tempi di Nostro Signore e prima e poi per lungo volger di anni fu la lingua più comunemente parlata), che ha significato di «manifestazione». E la liturgia ricorda appunto nella festa di oggi una triplice manifestazione del Signore: la prima ai Magi in Betlemme poco dopo la sua nascita; la seconda sulle rive del Giordano quando, in occasione del battesimo di penitenza, che Egli volle ricevere da Giovanni il Battista, Gesù fu rivelato come il Figlio dell’eterno Padre; la terza manifestazione è quelle che ebbe luogo alle nozze di Cana di Galilea, allorchè Gesù si manifestò come taumaturgo, mutando l’acqua in vino per aderire al desiderio della sua Madre Santissima e risparmiare agli sposi in così lieto giorno la confusione di non essere largamente provveduti. Fermiamo per oggi il nostro pensiero sopra la prima manifestazione, perché sopra di essa è specialmente imperniata la liturgia di questa solennità, mentre la seconda e la terza sono ricordate anche in altre circostanze.
La fede dei Magi.
Il fatto è ben noto e l’abbiamo sentito ricordare nella commovente semplicità del brano evangelico.
L’applicazione che ne scaturisce senza alcuno sforzo è soprattutto un insegnamento di fede. I Magi ne hanno dato un esempio luminosissimo: pensiamo alle difficoltà, che hanno dovuto superare per giungere a prostrarsi ai piedi del Bimbo Divino.
Nei loro paesi anzitutto: dove i distratti, i superficiali, coloro che non osano volgere gli occhi ai segni del cielo, perché ritengono costantemente fissi alle cose terrene, li avranno trattati da visionari, da stolti. E poi… se è vero che il bisogno di redenzione era universalmente sentito, chi credeva allora che la redenzione venisse da Israele? Soltanto la gente ebraica vi credeva tenacemente; ma tutti gli altri popoli disprezzavano cordialmente i discendenti di Giacobbe, il piccolo popolo confinato in una stretta lingua di terra tra il Giordano e il Mediterraneo, che prima di allora non aveva mai pesato molto sui destini dell’umanità. La potenza di Davide e lo splendore di Salomone non erano più che un lontano ricordo e, del resto, ormai anche l’indipendenza politica – indispensabile per aver voce nel concerto dei popoli – era miseramente perduta. Ed i Magi venivano a cercare un restauratore proprio fra gli Ebrei! Ma, almeno fra questi, per i quali l’attesa del Messia era il filo conduttore di tutta la loro storia, trovassero l’entusiasmo proprio dei giorni dei grandi avvenimenti nazionali! Invece pare che la cosa non gli interessi minimamente: a Gerusalemme non se ne sa nulla; nessuno si è accorto di quel Redentore, che la stella ha annunciato e che essi sono venuti a cercare da tanto lontano.
E, quando gli interpreti della Legge scoprono che le sacre carte hanno parlato di lui, li «mandano» a Betlemme, non li «accompagnano», come sarebbe stato logico e doveroso. Bisogna convenire che avrebbe potuto bastare anche meno per «smontare» la fede dei Magi e per far loro prendere senz’altro la via del ritorno. Invece alacremente si affrettano a raggiungere la meta. Dove li attende un’altra prova, forse la più dura. Di quel Bimbo si è interessato il cielo, ma sulla terra almeno per ora non ha nulla di regale. A Betlemme non hanno notato la sua nascita che i poveri, gli umili, i «proletari», come oggi si direbbe. Egli è povero fino al punto di accettare i poveri doni di altri diseredati e la semplicità, che lo circonda, confina con lo squallore.
Ma neppur questo disarma la fede dei Magi, che riconoscono in Lui l’annunciato della stella, il redentore del mondo, e Figlio di Dio; credono e si prostrano in profonda e commossa adorazione. Forse non pensano neppure a quello che diranno «gli altri», li scanzonati, o, se vi pensano ritengono che non valga la pena di occuparsene.
La nostra fede.
Gli «altri»! Una parola insignificante; eppure quante volte la nostra fede vacilla per timore di quel diranno o faranno gli altri. Quante volte le manifestazioni di essa sono subordinate… quel che diranno o faranno gli altri! E pensare che dovrebbe essere tanto più viva, tanto più pronta, tanto più generosa questa nostra fede, ora che è anche tanto più facile, che non al tempo dei Magi, ora che il Redentore non è più uno sconosciuto ma ha compiuto l’opera della redenzione ed ha conquistato il mondo delle anime. Un po' di esame di coscienza sinceramente spietato non nuocerà; facciamolo in questo momento davanti all’altare dove, infin dei conti, stiamo compiendo anche noi una manifestazione e una Epifania della nostra fede.
Non nascondiamola mai, la nostra fede. Non nascondiamola mai, in nessun momento; essa non ci umilia, ci rende grandi; soltanto gli sciocchi la irridono, soltanto i deboli la nascondono per rispetto umano. Rispetto umano! È strano che si chiami così e non si chiami piuttosto vigliaccheria, mentre è autentica paura. Ed è ancora più strano che la si trovi anche fra coloro, che più dovrebbero avere la coscienza della propria forza ed il coraggio di essere coerenti con se stessi. Ricordiamoci: è questa coerenza che impone il rispetto anche a coloro che non hanno la grazia e la gioia delle nostre convinzioni.
Colui che sarebbe diventato poi il Cardinal Perrand, ancora la prima sera dopo la sua entrata nella Scuola Normale Superiore, si inginocchiò ai piedi del suo letto per pregare. I compagni di camerata incominciarono subito a schernirlo senza riuscire a distrarlo. Quando ebbe finito egli si accontentò di osservare pieno di buon umore: «Se questo vi diverte, potrete prendervi questo piacere ogni sera». Il suo tranquillo coraggio li disarmò.
E disarmerà anche nei nostri confronti così detti spiriti forti e li costringerà a riflettere e a prendere salutari decisioni, se capiranno che la nostra fede è una bandiera spiegata al vento: senza ostentazioni, ma anche senza incertezze.
Sia lodato Gesù Cristo.
Colloquio Spirituale.
«O Gesù, ti adoro, poiché Tu sei il Signore Dio mio. Tu sei un Dio grande e il Re di tutti i re. Nelle tue mani stanno i confini tutti della terra e Tu contempli le cime dei monti. Tuo è il mare e Tu sei Colui che l’ha fatto e sulle tue mani si fonda la terra… E noi siamo il popolo tuo e le pecorelle della tua mano» cfr.Sal.94. Sì, o Gesù, io sono una tua pecorella, una tua creatura e godo di riconoscere il mio nulla davanti a te. Ma godo ancor più nel riconoscere e nell’adorare in te, amabilissimo Bambino, il mio Dio ed il mio Creatore. Come vorrei che tutti i popoli ti riconoscessero quale Tu sei, che tutti si prostrassero davanti a te, adorandoti quale loro Dio e Signore! O Signore, Tu lo puoi, mostra a tutti la tua Divinità; e, come un giorno hai condotto a te i Magi dell’Oriente, così ora aduna attorno al tuo presepe tutti i popoli, tutte le genti.
Ma tu mi fai comprendere che vuoi la mia povera collaborazione per l’avvento del tuo regno: Tu vuoi che io preghi, soffra e lavori per la conversione dei vicini e dei lontani. Vuoi che anch’io porti al tuo presepe i doni dei Magi: l’incenso della preghiera, la mirra della mortificazione e della sofferenza generosamente abbracciata per amor tuo, l’oro della carità; carità che renda il mio cuore tutto ed esclusivamente tuo, carità che spinga a lavorare, a darmi per la conversione dei peccatori, degli infedeli, per la maggiore santificazione dei tuoi eletti.
O mio dolcissimo Re, crea in me un cuore di apostolo.
Come vorrei oggi portare ai tuoi piedi le lodi e le adorazioni sincere di tutti gli uomini della terra!
Ma, o Gesù, mentre ti prego di manifestarti al mondo, ti prego anche di manifestarti sempre più alla povera anima mia. Fa’ che oggi anche per me brilli la tua stella e mi indichi la via che a te conduce; fa’ che oggi anche per me sia una vera Epifania, ossia una nuova manifestazione di te alla mia mente ed al mio cuore. Chi più ti conosce, più ti ama, o Signore; ed io desidero conoscerti unicamente per amarti, per darmi a te con generosità sempre crescente».