SS. Nome di Gesù 2022
La venerazione per questo Santo Nome
è pari alla sua augusta grandezza?
«Passati gli otto giorni prescritti dalla legge, il bambino fu circonciso. E gli fu dato il nome di Gesù, come l’aveva chiamato l’Angelo prima ancora che fosse concepito nel seno materno» Lc 2,21.
«Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e nell’inferno» e la liturgia, ripetendo oggi solennemente le entusiastiche parole dell’Apostolo e fissando il frutto spirituale della festa, invoca nell’Oremus della Messa la grazia «che noi, che veneriamo il suo Santo Nome in terra, possiamo deliziarci in cielo del suo stesso aspetto».
Il rispetto del Nome divino.
La venerazione per questo Santo Nome è, dunque, pari alla sua augusta grandezza? Veramente «ogni ginocchio si piega» come nell’appassionato monito di San Paolo? Che ciò avvenga nel cielo, dove è oggetto di adorazione perenne da parte dei beati; che ciò avvenga nell’inferno, dove i dannati lo paventano come vindice di giustizia, nessun dubbio; ma sulla terra? Sulla terra riconciliata col cielo proprio attraverso il suo sacrificio, sulla terra che Egli ha percorso o personalmente o per mezzo dei suoi Apostoli di tutti i tempi, distribuendo alle anime e ai corpi tesori di grazia, questo Nome è venerato?
Non parliamo del nome «umano» del Cristo; non ci risulta che, almeno nel nostro paese, venga direttamente profanato il Nome di Gesù; ma il nome di Dio, che pure gli appartiene, è impressionante l’insistenza con la quale gli Evangelisti sottolineano l’atteggiamento inumano degli spettatori della morte del Cristo. A riserva di pochissimi fedeli, tutti gli altri bestemmiavano il suo stesso sacrificio. Udite: «Quelli che passavano (la folla dei curiosi) lo bestemmiavano crollando il capo e dicendo: o tu che distruggi il tempio di Dio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso se sei Figlio di Dio, discendi dalla croce». Anche i soldati, accostandoglisi, lo insultavano dicendo: «Se sei il re dei Giudei, salva te stesso». Allo stesso modo i principi dei sacerdoti e gli scribi «Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso; se egli è il Cristo di Dio eletto, se è re di Israele, discenda ora dalla croce e gli crederemo». Anche i ladroni, che erano crocifissi con lui, lo insultavano e uno di essi lo bestemmiava dicendo: «Se tu sei il Cristo salva te stesso e noi».
Storia e psicologia della bestemmia.
Vi è qui tutta la storia e la psicologia della bestemmia: un campionario pressochè completo dei bestemmiatori e dei motivi che rendono sacrilego il loro linguaggio. Vi è la bestemmia «della folla e dei soldati»: un lurido abito popolare, espressione talvolta di un incomprensibile odio satanico, ma più spesso di cattiva educazione, di volgarità, di ignoranza, di stupidità, la bestemmia della folla sotto la croce che provocava Gesù appellandosi alle sue profezie e non accorgendosi che le profezie stavano per avverarsi ed esse ne erano lo strumento.
Nella sfida «degli scribi e dei capi del Sinedrio» gli intellettuali di Israele, è la bestemmia spremuta dall’odio, che converte la conoscenza delle profezie in cecità spirituale: non capiscono, infatti, che appunto «per salvare gli altri» Gesù ha accettato, ha bramato la croce. Vi è la bestemmia degli «scribi» di tutti i tempi, intellettuali più spesso «di professione» che per profondità di pensiero, che falsificano la verità e ne distribuiscono le contraffazioni nei libri, nei giornali, nelle conversazioni.
Infine, nella bestemmia «del ladrone» vi è l’orgoglio delirante, che nell’ora del dolore si ritiene in diritto di offendere Iddio; l’orgoglio che si ribella alla prova, perché respinge la scienza del peccato e rifiuta, quindi, l’espiazione, che muterebbe la sofferenza che passa in titolo alla gioia che non tramonta.
È ben sconfortante pensare che, mentre si compiva la Redenzione, ci fossero in così gran numero coloro che eruttavano il loro odio e il loro disprezzo contro Colui che offriva all’umanità la prova suprema dell’amore. Ma è ancora più sconfortante pensare che, dopo venti secoli, le bestemmie sacrileghe del Calvario non cessino di fare scuola alle folle, agli scribi, ai ladroni di oggi.
Bisogna reagire con carità, ma anche con fermezza a questa brutta abitudine, che disonora la nostra Patria ed il nostro idioma; bisogna che il bestemmiatore si senta isolato, deplorato, come brutto fra uomini. Perché veramente «nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi».
Sia lodato Gesù Cristo.