Preghiera e Liturgia

Sant'Ignazio di Loyola 31 Luglio

ignazio di loyola«Ad majorem Dei gloriam».
«Aveva il cuore più grande del mondo».

Il 31 luglio 1556 la notizia si sparse subito per tutta Roma: «È morto il Santo!» si ripeteva ovunque. Sì, Ignazio era morto da santo, nel dolore e nella solitudine, abbandonato al volere totale del suo Dio, secondo le parole della sua preghiera di offerta: «Prendi, o Signore, e accetta tutta la mia libertà, la memoria, l’intelletto, e ogni mia volontà…». L’offerta era stata davvero totale fino a quest’ultimo in cui nessuno dei suoi figli era accanto al suo letto, eccetto il religioso che lo aveva vegliato per la notte. Ignazio fu canonizzato il 12 marzo del 1622 insieme a San Francesco Saverio, San Filippo Neri, Santa Teresa d’Avila e Sant’Isidoro. Di lui fu detto: «Aveva il cuore più grande del mondo». 
Il nuovo Calendario segna come obbligatoria per la Chiesa la memoria di un gigante della fede, una di quelle figure che hanno inciso profondamente non solo nella storia religiosa, ma anche in quella civile e culturale.

«Anima Christi santifica me, Corpus Christi salva me.
Sanguis Christi inebria me, acqua lateris Christi lava me».


Inigo, latinamente Ignazio, è nato nel 1491 in un castelletto della Basca spagnola, che aveva per stemma due lupi intorno ad una pentola: «Lobo y olla», lupo e pentola, e da qui il nome nobiliare dei Loyola. Come ultimo dei figli, Inigo fu destinato, con decisione d’autorità, al sacerdozio. A 14 anni ricevette perciò la tonsura. Ma l’ultimo rampollo dei Loyola non mostrava nessuna inclinazione per la vita religiosa. Si fece ricrescere i capelli, indossò abiti d’elegante fattura e di vivaci colori; fu anche paggio, avido di romanzi cavallereschi e d’amore; ufficiale brillante e galante; combattente molto valoroso, fino a che, nella guerra fra Carlo V d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico e Francesco I di Francia, durante l’assedio della città di Pamplona, che egli difese quasi da solo con indomabile coraggio, non ebbe la gamba stroncata da un colpo di falconetto, un cannone di piccolo calibro. Ferito, lasciò la città, mentre i francesi gli rendevano gli onori militari e sopra la barella rientrò nel suo castello. La convalescenza fu lunga, dolorosa, e più che altro noiosa, in quel severo castello basco, dove il giovane ufficiale non trovava nemmeno un romanzo cavalleresco da leggere. La cognata finalmente scovò, dentro una cassapanca, due vecchi libri: una Vita di Gesù e un Leggendario dei Santi.
Inigo, in mancanza di meglio, si adattò a quella lettura che ad un tratto gli illuminò la mente e l’anima. Il giovane eroe di Pamplona capì che al confronto con le gesta degli atleti di Cristo, quelle dei cavalieri erano avventure di nessun conto, Quando si alzò dal letto, ancora claudicante, l’ufficiale spagnolo aveva ceduto il posto al milite della Chiesa.

Cominciò col rendere omaggio alla più umile ed alta delle creature, alla Madonna di Monserrat, ai cui piedi lasciò i vestiti di cavaliere e le armi. Errò lungamente, in cerca della propria vocazione. Penitente prima in Provenza, pellegrino in Terrasanta, mendicante in Italia, sorridente e simpatico, suscitando ovunque e in chiunque, benevolenza e ammirazione. Fino a che, ritornato in patria, capì che doveva approfondire la propria cultura religiosa e ritornò sui banchi di scuola, a Barcellona, ad Alcalà e finalmente a Parigi, dove si laureò, diventando il «magister Ignatius».

A Roma ebbe l’idea, non di una nuova congregazione, ma di una «compagnia», la Compagnia di Gesù, per difendere la Chiesa dell’eresia come egli aveva difeso la città di Pamplona dagli assedianti. Dettò ai suoi Confratelli i famosi «Esercizi Spirituali», che dovevano formare interiormente i nuovi soldati di Gesù. Al di fuori, il maestro Ignazio, generale della Compagnia di Gesù, si presentava sempre con la sua incantevole semplicità, la sua benevola compassione, suscitando confidenza e simpatia. Era «lo spagnoletto piccoletto, zoppetto, sempre sorridente», che però per primo, si sottoponeva senza riserve alla disciplina della Compagnia, già formata sotto di lui, anzi già potente per il rigore morale, la sicurezza dottrinale, la fedeltà assoluta, costante, profonda alla Chiesa e al Santo Padre.
Per sè, il maestro Ignazio non chiedeva nulla: ne’ onori, ne’ riconoscimenti, nè riposo, nè ricompense. Non pensava che ai suoi figli, missionari e apostoli che, lontano da lui, lottavano tra patimenti e disagi, per il trionfo della Chiesa. «Li amo tanto, diceva, che vorrei sapere il numero delle pulci che li divorano».

La personalità di Sant’Ignazio è molto ricca. Ne mettiamo in luce, per concludere, solo due aspetti: la grazia che egli aveva di trovare Dio in tutto e la ricerca perseverante della volontà di Dio, nella luce di Cristo. Ignazio ha avuto la grazia di vedere Dio in tutto; di contemplarlo nella creazione, nella storia, di trovarlo non soltanto nelle cerimonie religiose ma nelle azioni di ogni giorno e in ogni circostanza: egli si commuoveva fino alle lacrime davanti a un fiorellino, perché in esso vedeva la bellezza di Dio. E incoraggiava i suoi compagni a vedere in tutto la gloria di Dio, a trovare Dio in tutto, ad amare Dio in tutto. Trovare Dio in tutto è un segreto molto importante per la vita spirituale. Dio non è un essere solitario, che se ne sta in cielo: è un Dio presente in tutto, e non solo presente, ma che agisce in tutto e sempre con il suo amore. La ricerca di Dio per Sant’Ignazio era una realtà e non un sogno indistinto, non lo cercava con l’immaginazione e con i sensi; voleva realmente trovarlo e per questo ricercava in tutto la volontà di Dio. Era un uomo riflessivo, che studiava ed esaminava e cercava con pazienza la soluzione più giusta.
Confidava di poter trovare la volontà di Dio mediante la preghiera, nelle consolazioni, ma anche nelle desolazioni dello spirito. Quando si trattava di cose importanti rifletteva per settimane intere, pregava, offriva la Santa Messa, per trovare quello che Dio voleva. Così la ricerca di Dio era molto concreta, e altrettanto concreto il suo vivere con Dio. Egli ebbe il desiderio ardente di conoscere Cristo intimamente, di amarlo, di servirlo per sempre con tutto se stesso. E ricevette la risposta del Padre in una visione che lo colmò di gioia: «Io voglio che tu mi serva». Servire il Padre e il Figlio fu la felicità di Sant’Ignazio, in un amore totale: trovare Dio e trovarlo nell’essere compagno di Cristo.

Un giorno, alla fine del luglio 1556, sotto la canicola romana, si sentì male. Capì che la morte era vicina. Seguì la disciplina della vita comune, andando al refettorio. Pregò soltanto il segretario di chiedere al Santo Padre la benedizione «in articulo mortis». Il segretario, indaffarato, gli rispose che vi si sarebbe recato il giorno dopo. Nella notte, l’udirono che mormorava: «Ah, Dio mio». La mattina lo trovarono in agonia. Spirò senza aver ricevuto la benedizione papale, obbediente alla morte, come aveva voluto sempre che i suoi soldati fossero obbedienti nella vita, pronti a qualsiasi sacrificio, «ad majorem Dei gloriam», per la più grande gloria di Dio, secondo il motto che ancora vige nella Compagnia di Gesù. Venne sepolto il 1 agosto nella Chiesa di Santa Maria della Strada a Roma.
Fu canonizzato il 12 marzo 1622 da papà Gregorio XV.
Il 23 luglio 1637 il suo corpo fu collocato in un’urna di bronzo dorato nella Cappella di Sant’Ignazio della Chiesa del Gesù in Roma.

Sia lodato Gesù Cristo.

Colloquio Spirituale.
 Preghiera dagli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio di Loyola.

Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.

Sangue di Cristo, inebriami.

Acqua del costato di Cristo, lavami.

Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, esaudiscimi.

Nelle tue piaghe, nascondimi.

Non permettere che io mi separi da te.

Dal nemico maligno difendimi.
Nell’ora della mia morte chiamami

e comandami di venire a Te

a lodarti con i tuoi santi
nei secoli dei secoli.



«Prendi, Signore, e ricevi

tutta la mia libertà,
la mia memoria,
la mia intelligenza
e tutta la mia volontà,
tutto ciò che ho e possiedo;
tu me lo hai dato,
a te, Signore, lo ridono;
tutto è tuo,
di tutto disponi secondo la tua volontà:
dammi solo il tuo amore e la tua grazia;
e questo mi basta».

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