Preghiera e Liturgia

Santo Natale 2021

BambinellojpgBetlemme è «il messaggio della salvezza».
La vera poesia del Natale è quella delle anime.

È Lui la nostra gioia…Gesù!
È Lui la nostra salvezza…Gesù!

E nel nome di Gesù, che è la nostra gioia, che è la nostra salvezza, come gli angeli hanno cantato la notte di Natale, anch’io vi annuncio una grande gioia: «Oggi vi è nato il Salvatore, che è il Cristo Signore!». Possa questo annuncio riempire di gioia e di pace voi, le vostre famiglie, le vostre case e tutte le persone a voi care. Buon Natale alle tante, persone che in questo luogo soffrono per la perdita di una persona cara: le vostre lacrime siano asciugate dal Bambino Gesù il Dio della Vita.

Buon Natale allora a tutti voi: incontriamo il Bambino nato a Betlemme, il Verbo eterno che si fa carne in mezzo a noi, nella mangiatoia e nell’Eucaristia. E sarà veramente Natale! Per me, per voi, per tutti!

«Et Verbum caro factum est!».


L'inno di gloria a Dio e di pace agli uomini, con il quale venti secoli or sono la voce degli angeli salutò la nascita di Cristo, non si è disperso nei tempi. Raccolto dai primi pastori accorsi alla culla di Gesù, trasmesso come una tradizione di famiglia dalle prime generazioni cristiane, passando di età in età, di popolo in popolo, percorse tutta la terra e varcò i confini del tempo e dello spazio.
Diventò patrimonio di tutti, speranza di tutti. Oggi anche quelli, che non hanno il dono divino della fede, sentono il bisogno di non turbare col loro dubbio la gioia serena dei loro bimbi estatici infanzia al presepio e provano l'acuta nostalgia di quello che hanno perduto.

Il messaggio della salvezza.
Perché questa nostalgia del divino? Perché questa istintiva, insopprimibile fiducia nella efficacia del messaggio natalizio? Soltanto per l'innato bisogno di pace, di serenità, di benessere? No: non solo e non principalmente per questo; ma perché gli uomini sentono, anche a dispetto delle loro aberrazioni e del loro scetticismo, che il messaggio di Betlemme è «il messaggio della salvezza»; sentono che il Natale di Cristo è il natale di tutti, della nostra società che Egli ha riplasmato, della nostra civiltà che da Lui ha preso il nome. Perché il mondo ha dovuto persuadersi che nella piccola città di Betlemme non è nato un filosofo od un agitatore, ma si è manifestato agli uomini il Redentore, che, contraendo una misteriosa solidarietà con tutta l'umana famiglia, l'ha riabilitata innanzi alla divina Giustizia. Sicchè il canto angelico, che ha salutato la sua nascita nel tempo, come uomo, non è che l'inno della riconciliazione sulla culla del Riconciliatore.

Nella storia.
Sotto Cesare Augusto il mondo poteva finalmente dirsi in pace. Roma aveva superato tutte le barriere, che eroismi di popoli e difficoltà di natura avevano opposto alla marcia delle sue legioni, aveva piantato le sue aquile in tutti i paesi del bacino mediterraneo ed oltre, aveva tracciato le vie consolari come arterie poderose attraverso regioni sconfinate, poi, stanca di vincere, oppressa dalla sua stessa strapotenza, aveva ringuainato la spada e, chiudendo il tempio di Giano, aveva solennemente proclamato la pace.
La pace? Si: la pace politica, imposta, come spesso avviene, dalle armi; mentre gli uomini avevano bisogno della pace della coscienza, di sentirsi in pace con Dio, di ristabilire l'equilibrio, che era stato turbato dalla colpa.
È in questa cornice storica che appare Colui, che tale equilibrio ristabilisce, assumendo l'umana natura che doveva espiare, dando all'espiazione, come Dio, un valore infinito. Il censimento ordinato da Cesare Augusto, che nei disegni dell'imperatore non aveva altro scopo, che quello suggerito dall'orgoglio e dall'interesse, serve invece nei disegni di Dio a far nascere a Betlemme, culla della famiglia di David e luogo vaticinano dal profeta, il Cristo che avrebbe dato un nuovo corso alla storia del mondo.
Eppure questa nascita non ha nulla di ciò che solitamente richiama l'attenzione degli uomini! Anzi è circondata di povertà, di umiltà, di nascondimento, di silenzio: una grotta aperta a tutte le intemperie, pochi e poveri panni per coprire il divino Infante, una manata di paglia per farlo riposare e l'amore della sua Mamma ed il fiato degli animali per riscaldarlo. (Noi che facciamo...una conferenza stampa, perché la gente si accorga di noi, siamo tentati di stupirci che in tali condizioni l'avvenimento abbia avuto un'eco oltre le montagne della Giudea). Gli è che quel Bimbo è il Figlio di Dio ed il rappresentante di tutta l'umanità.

Antitesi profonde.
Quali antitesi profonde in questa nascita oscura! Quali contrasti di potenza e di debolezza, di grandezza e di umiltà, di gloria divina e di miseria umana! Ed è da questi contrasti che scaturiscono le lezioni di Betlemme, che saranno poi con mirabile coerenza le lezioni di Nazaret, di Cafarnao, del Getsemani, del Calvario. Le abbiamo raccolte? Parrebbe di no, a giudicare dal modo con il quale molti «cristiani» celebrano il Natale, dimenticando che esso è un controsenso ed una profanazione, se si risolve in un'occasione per procurarsi delle soddisfazioni materiali, di cui non sentiamo alcun rimorso, perché le crediamo abbondantemente giustificate da qualche briciola del nostro superfluo lasciata cadere sulla indigenza altrui. La stessa poesia del Natale è sterile e vuota, se si esaurisce in qualche nostalgico ricorso, in qualche dono a sorpresa, in qualche insincera promessa.
La vera poesia del Natale è quella delle anime: la poesia dell'innocenza nei cuori, che si sono purificati per avvicinarsi all'Innocente; la poesia della semplicità nelle menti, che hanno cercato di farsi piccole per capire l'abisso di umiliazione varcato dall'Unigenito del Padre, per giungere fino a Betlemme: la poesia della povertà negli spiriti, che si sono emancipati dalla schiavitù della ricchezza, per lasciarsi conquistare dal Bimbo, che non ha avuto una culla su cui posare il capo. Per sentire, per capire «questa» poesia bisogna avvicinarsi al presepio in purezza di cuore, in semplicità di mente, in povertà di spirito.

Una poesia che è insieme storia e fede: una storia che ci interessa così da vicino, che incomincia con essa la divina ed umana vicenda del nostro riscatto; una fede così viva ed attuale, che è sostanza della nostra grandezza e fondamento delle nostre speranze.

Sia lodato Gesù Cristo.

Colloquio Spirituale.
«O potente ed eterna Trinità! O dolcissima ed ineffabile carità! Chi non si infiammerebbe a tanto amore? Qual cuore potrebbe difendersi dal consumarsi per te?
O abisso di carità! Tu sei dunque così perdutamente attaccato alle tue creature, che sembra che non posso vivere senza di loro! Eppure sei nostro Dio! Tu non hai bisogno di noi. Il nostro bene non aggiunge nulla alla tua grandezza, poiché sei immutabile. Il nostro male non potrebbe cagionar danno a Te, che sei la sovrana ed eterna bontà! Chi dunque ti stimola a tanta misericordia? L’amore. Perché tu non hai alcun obbligo verso di noi e non ha di noi bisogno alcuno. Chi porta Te, Dio infinito, verso di me piccola creatura? Nessun altro che Tu stesso, o fuoco di amore, sempre l’amore solo ti spinse e ti spinge! Tu, somma dolcezza, ti sei degnato di unirti con la nostra amarezza; Tu, splendore con le tenebre; Tu Sapienza, con la stoltezza; Tu vita con la morte; Tu, infinito, con noi finiti!». (S. Caterina da Siena).

O dolcissimo Verbo incarnato, o amabilissimo Bambino Gesù, eccomi finalmente ai tuoi piedi: lasciami contemplarti, permettimi di bearmi della tua bellezza, della tua bontà, della tua carità immensa! Il tuo amore infinito si presenta a me vivo e palpitante in questo tenero Bimbo che mi sorride e mi tende le sue piccole braccia e questo bimbo sei tu stesso, o mio Dio! Come potrò ringraziarti del tuo eccessivo amore? Come potrò ricambiarti?
«Tu, essendo grande e ricco, per noi ti sei fatto piccolo e povero, hai scelto di nascere fuori di casa, in una stalla, d’esser fasciato nei panicelli, di succhiare latte verginale, di esser deposto nel presepio tra il bue e l’asinello. Oggi rifulse per noi il giorno della Redenzione nuova, della restaurazione antica, della felicità eterna; oggi per tutto il mondo i cieli hanno stillato miele! Abbraccia adesso, dunque, anima mia, quel divino presepio, premi le labbra sui piedini del Bimbo, baciali tutti e due, medita, inoltre, le veglie dei pastori, mira l’accorrente esercito degli angeli, unisciti a far le tue parti nella celeste melodia, cantando con la bocca e con il cuore: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà» (San Bonaventura).

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