San Lorenzo 10 Agosto
«Adoro il vero Dio, e servo a Lui solo;
perciò non mi spaventa la morte».
Lorenzo nacque a Osca (Huesca), città della Spagna, nella prima metà del III secolo. Venuto a Roma, centro della cristianità, si distinse per la sua pietà, carità verso i poveri e l’integrità di costumi. Grazie alle sue doti, Papa Sisto II lo nominò Diacono della Chiesa di Roma, e responsabile dei diaconi. Doveva sovrintendere all’amministrazione dei beni, accettare le offerte e custodirle, provvedere ai poveri, agli orfani e alle vedove. Lorenzo fu catturato dai soldati dell’Imperatore Valeriano il 6 agosto del 258 nelle catacombe di San Callisto assieme al Papa Sisto II ed altri diaconi. In seguito Lorenzo fu affidato al centurione Ippolito, che lo rinchiuse in un sotterraneo del suo palazzo; in questo luogo buio e umido si trovava imprigionato un certo Lucillo, privo di vista. Lorenzo confortò il compagno di prigionia, lo incoraggio, gli insegnò la dottrina di Cristo e, servendosi di una polla d’acqua che sgorgava dal suolo, lo battezzò. Dopo il Battesimo Lucillo riebbe la vista. Lorenzo fu bruciato vivo sulla graticola, in luogo poco lontano dalla prigione. Il corpo viene deposto in una tomba sulla via Tiburtina. Su di essa l’imperatore Costantino costruirà una basilica, poi ingrandita da Pelagio II e da Onorio III e restaurata nel XX secolo, dopo i danni del bombardamento americano su Roma del 19 luglio 1943.
Dopo il Concilio Vaticano II è stato ripristinato il Diaconato cioè l’ordinazione di Diaconi in aiuto ai Sacerdoti per la predicazione della Parola e l’assistenza come avveniva nella prima Roma cristiana. A capo dei diaconi romani Papa Sisto II designa un Arcidiacono, spagnolo, di nome Lorenzo
Tutti conoscono la passione di San Lorenzo, una delle più note nell’agiografia cristiana, come è tra le più diffuse nel mondo la sua venerazione. Appena un secolo dopo, veniva onorato nella Basilica detta di San Lorenzo fuori le Mura, cioè nella chiesa sorta fin dai tempi di Costantino in agro Verano, sul luogo della sepoltura del Santo Martire Lorenzo.
Non fu questa l’unica chiesa dedicata al Martire della città di Roma. Un’altra fu costruita da Papa Damaso sulle rovine del Teatro di Pompeo, e segnò un avvenimento eccezionale, perché fino allora, le chiese dedicate ai Martiri, sorgevano soltanto sul luogo della loro sepoltura.
Presto, il Santo Arcidiacono ebbe a Roma ben 34 chiese, distinte dal nome del luogo o del fondatore. Ognuna di queste chiese si ricollegava a qualche episodio della passione del Martire, formando una specie di Via Crucis di San Lorenzo, o meglio una «via della graticola». Per giustificare tale fama e gloria San Lorenzo appare, nelle storie della sua passione, come campione di fedeltà, poi di obbedienza, poi di carità, poi di saggezza, di affetto e infine di eroismo.
Lorenzo fu vittima d’una persecuzione di carattere fiscale, istigata dal ministro delle finanze e attuata dall’Imperatore Valentiniano, che, nel 257, cercò di spogliare la nascente Chiesa sospettata di avere accumulato segreti tesori.
Arrestato e richiesto di consegnare i tesori, San Lorenzo si dimostra cristiano esemplarmente saggio, nel distinguere la vera ricchezza della Chiesa, cioè la carità. Radunati i ciechi, gli storpi, i malati e i poveri della città, li presenta all’Imperatore, dicendo: «Ecco i tesori eterni, che non diminuiscono mai e che fruttano sempre, sparsi in tutti e dappertutto».
Questa risposta sembrò ai messi dell’Imperatore addirittura beffarda. Le casse dello Stato, volevano oro e non storpi, ciechi, muti e affamati. Perciò l’Arcidiacono Lorenzo venne arrestato e lungamente martirizzato. Affrontò poi il lungo martirio, nel quale il fuoco era l’ultima risorsa dei persecutori. E quando venne steso sul letto di ferro, sopra la coltre rosseggiante dei carboni accesi, rifulge ancora il suo amore per il prossimo. Pronuncia infatti una bellissima preghiera per la città di Roma, che sembra equilibrare, nelle bilance dello spirito, il peso delle 34 chiese che la città avrebbe dedicato al suo terzo Patrono, dopo San Pietro e San Paolo.
Il Martire Lorenzo proclamava ad alta voce: «Adoro il vero Dio, e servo a Lui solo; perciò non mi spaventa la morte». «Non temere, Lorenzo, io sono con te ; se passerai in mezzo al fuoco, la fiamma non ti potrà bruciare».
Tutti conoscono poi le leggendarie sue ultime parole, sulla griglia infuocata: «Ecco, da questa parte son cotto; rivoltatemi e mangiate!». Ma non tutti sanno che prima di spirare rivolse a Dio il suo spirito, dicendo: «Ti ringrazio, mio Signore, perché ho meritato di attraversare le porte del Tuo Regno». Parole queste degne di un Santo Martire.
Sia lodato Gesù Cristo.
Colloquio Spirituale.
Dai Discrosi di Sant’Agostino.
Disc. 304,1-4; PL. 38,1395-139.
Oggi la Chiesa di Roma celebra il giorno del trionfo di Lorenzo, giorno in cui egli rigettò il mondo del male. Lo calpestò quando diventava crudele contro di lui e lo disprezzò quando lo tentava con le sue lusinghe. In un caso e nell’altro sconfisse Satana che gli suscitava contro la persecuzione.
San Lorenzo era Diacono della Chiesa di Roma. Ivi era ministro del Sangue di Cristo e là, per il Nome di Cristo, versò il suo sangue. «Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» 1Gv 3,16. Lorenzo, fratelli, ha compreso tutto questo. L’ha compreso e messo in pratica. E davvero contraccambiò quanto aveva ricevuto in tale mensa. Amò Cristo nella sua vita, lo imitò nella sua morte.
Anche noi, fratelli, se davvero amiamo, imitiamo. Non potremmo, infatti, dare in cambio un frutto più squisito del nostro amore di quello consistente nell’imitazione del Cristo, che «patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme» 1Pt 2,21. Con questa frase sembra quasi che l’Apostolo Pietro abbia voluto dire che Cristo patì solamente per coloro che seguono le sue orme, e che la Passione di Cristo giova solo a coloro che lo seguono. I Santi Martiri lo hanno seguito fino all’effusione del sangue, fino a rassomigliargli nella Passione. Lo hanno seguito i Martiri, ma non essi soli. Infatti, dopo che essi passarono, non fu interrotto il ponte; né si è inaridita la sorgente, dopo che essi hanno bevuto.
Il bel giardino del Signore, o fratelli, possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei Vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata: Cristo ha sofferto per tutti. Con tutta verità fu scritto di lui: «Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, e arrivino alla conoscenza della verità» 1Tm 2,4.
Dunque cerchiamo di capire in che modo, oltre all’effusione del sangue, oltre alla prova della Passione, il Cristiano debba seguire il Maestro. L’Apostolo, parlando di Cristo Signore, dice: «Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio». Quale sublimità!
«Ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso» Fil 2,7-8. Quale abbassamento!
Cristo si è umiliato: eccoti, o cristiano, l’esempio da imitare. Cristo si è fatto ubbidiente: perché tu sei superbo? Dopo aver percorso tutti i gradi di questo abbassamento, dopo aver vinto la morte, Cristo ascese al cielo: seguiamolo! Ascoltiamo l’Apostolo che dice: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» Col 3,1.