S. Agostino di Ippona 28 Agosto
«Tu ci hai fatti per Te, Signore
e il nostro cuore è inquieto finchè non riposa in Te».
Nel mese di agosto del 386, Agostino da Tagaste era maestro di retorica a Milano. Nel giardino, sotto l’ombra di un fico, cercava sollievo non tanto dal caldo estivo, quanto dal nodo di contrastanti passioni che stringeva quell’uomo assetato di verità, ma continuamente immerso nell’errore; anelante ad una vita più alta, ma sedotto dall’ardore dei sensi. Ciò che avvenne quel giorno nel giardino milanese, lo racconta egli stesso, nella pagina più drammatica delle sue Confessioni...
«Ed ecco, vi si legge, dalla casa vicina odo una voce di cantilena, come di fanciullo o fanciulla, non so, con questo ritornello: "Prendi e leggi, prendi e leggi!"». «E subito, mutandomi in viso, cominciai a pensare se quel ritornello fosse di un qualche gioco da ragazzi, ma non mi ricordavo di averlo mai udito. Trattenni le lacrime mi alzai, non venendomi in mente altro che fosse un comando del cielo, di aprire un libro e leggere quel che veniva. «Tutto commosso, tornai così dove Alipio era seduto, perché avevo lasciato lì il libro dell’Apostolo... Lo afferrai, lo apersi, e lessi con la mente il primo capitolo che mi capitò davanti. Diceva: «Non nella crapula e nell’ubriachezza, non nella lussuria e nell’impurità, non nel litigio e nell’invidia, ma rivestitevi del Signore Gesù e non vi fate travolgere dalla carne e dalle sue concupiscenze».
«Non volli legger più avanti, né ce n’era bisogno. Perché, con le ultime parole di questa frase, mi guizzò subito nel cuore un lampo di luce sicura, che dissipò tutte le tenebre della mia incertezza». Da quel giorno fu segnata la conversione di Agostino che, a trentatrè anni, trovò finalmente la pace del cuore nell’adesione alla dottrina di Cristo e nella pratica della virtù.
Agostino nasce in Africa, a Tagaste, il 13 novembre del 354 e muore a 76 anni il 28 agosto dell’anno 430 nella sua città di Ippona, l’attuale Algeria. Suo padre è pagano e si chiama Patrizio; sua madre è cristiana e porta il nome di Monica. Agostino è inquieto fin dall’infanzia; inquieto nell’adolescenza, per il ribollire delle passioni nel suo caldo sangue; inquieto nella gioventù per l’agitarsi delle ambizioni; inquieto nella maturità per l’insoddisfazione dell’eresia. Con la conversione si placa finalmente nel seno di Dio, ma come può essere quieto un oceano, solcato da correnti, perennemente ondoso, continuamente in moto, anche se profondamente stabile e calmo!
Da tempo sua madre Monica offriva le sue lacrime al Signore per la conversione del figlio Agostino. Proviamo a conoscerla attraverso le sue parole. Basta aprire il libro delle Confessioni alla pagina che narra il colloquio avvenuto ad Ostia, alla vigilia della partenza per l’Africa, al davanzale di una finestra sul giardino interno della casa. «Si parlava tra noi, narra Agostino, con infinita dolcezza, dimenticando le cose passate e protendendoci verso quelle future, e si cercava insieme, in presenza della verità, quale sarebbe stata l’eterna vita dei Santi, vita che nè occhio vide, nè orecchio udì, e che mai penetrò in cuore d’uomo». Alla fine del colloquio, dopo la sublime evasione nelle cose dell’anima, Monica si volge ad Agostino: «Figlio mio, per quanto mi riguarda, non c’è nulla che più mi attragga, in questa vita. Non so nemmeno che cosa faccia quaggiù, e perché ci sia ancora. Una sola cosa mi faceva desiderare di vivere ancora un poco: vederti cristiano cattolico prima di morire.
Dio m’ha concesso più e meglio: vederti disprezzare le gioie terrene e servire Lui solo». In queste parole di Monica è tracciata tutta la sua vita, la sua missione e anche la sua grandezza. Essa è solo e sempre la madre di Agostino, ma è la «Madre che salva». Al tempo dei più gravi disordini giovanili di Agostino, Monica giunse a considerarlo ormai morto per lei. Ma un sogno profetico la esortò a seguire ancora con l’affetto e con le preghiere il figlio peccatore. Monica decise così di seguire ovunque il figlio. Lo insegue a Roma, lo accompagna a Milano, torna con lui ad Ostia. Affettuosa e discreta, non parla: prega. Ma la salvezza del figlio è la sua costante premura. Quindici giorni dopo il colloquio alla finestra di Ostia, dopo una breve malattia Monica muore, prima di poter salpare per l’Africa, nel 387, all’età di cinquantacinque anni. E Agostino rimane solo, dopo averla pianta tutta la notte; ma la sua strada è ormai tracciata. Le lunghe preghiere di Monica ottennero finalmente la conversione di Agostino, e Monica poté chiudere serenamente gli occhi.
Battezzato da Sant’Ambrogio, il grande Vescovo di Milano, torna in Africa, da cui era partito, in veste di penitente. Viene consacrato sacerdote, poi eletto Vescovo di Ippona. E comincia la sua grande opera di maestro, non di grammatica, non di retorica, non di errore, ma di ispirata dottrina, di sicura morale, di luminosa virtù. Nelle «Confessioni», il suo libro più famoso e più letto, egli mette il proprio cuore a nudo davanti al Signore, con la sincerità e la confidenza di un figlio pentito, con la fede di un grande Santo e l’efficacia di un grande scrittore. Ma non fu quello l’unico libro di un autore tra i più fecondi nella storia del Cristianesimo. Anche l’opera scritta di Agostino può essere paragonata, come il suo cuore, a un oceano.
In quell’opera, egli si rivela altissimo teologo, geniale filosofo, irresistibile polemista.
Nel 410, un avvenimento inaudito fece tremare il mondo. Il Re barbaro Alarico aveva preso Roma. L’Impero che sembrava dovesse sfidare i secoli stava per crollare. Il Vescovo di Ippona prese la penna e scrisse allora la sua «Città di Dio». Roma poteva cadere in mano ai barbari, ma restava, al di sopra di ogni minaccia, «La Città di Dio», che nessuna potenza avrebbe potuto sradicare dal cuore degli uomini.
Agostino di Ippona è venerato Santo dalla Chiesa cristiana sin da tempi remoti, e tradizionalmente rappresentato con la mitra e il pastorale, i suoi tipici paramenti vescovili. Altre immagini di lui, tra cui la più antica risalente al VI secolo, lo raffigurano invece seduto ad uno scrittoio con un libro aperto. Nel 1298 fu annoverato fra i primi quattro dottori della Chiesa.
Ad Agostino si deve la nascita delle varie regole del primo monachesimo, come la «Regula Magistri» e la «Regola di San Benedetto». Cesario di Arles infatti, si ispirò alle sue idee sia per le sue prediche che per la fondazione di alcuni ordini monastici. A lui si ispirarono anche i papi che proposero le regole di vita dei Canonici Regolari di Sant’Agostino.
Successivamente, alla sua Regola si rifecero numerose forme di vita religiosa, tra i quali l’«Ordine di Sant’Agostino», chiamato degli «Agostiniani» che sono diffusi in tutto il mondo e costituiscono nella Chiesa Cattolica la principale eredità spirituale del Santo di Ippona.
Il suo corpo sottratto ai Vandali durante l’incendio e distruzione di Ippona, venne trasportato poi a Cagliari dal vescovo Fulgenzio di Ruspe, verso il 508-517 ca., insieme alle reliquie di altri vescovi africani. Verso il 725 il suo corpo fu di nuovo traslato a Pavia, nella Chiesa di S. Pietro in Ciel d’Oro, non lontano dai luoghi della sua conversione.
«Tu ci hai fatti per Te, Signore - aveva scritto Agostino - e il nostro cuore è inquieto finchè non riposa in Te».
Colloquio Spirituale.
Preghiera di Sant’Agostino
tratta da libro «Le Confessioni» 10, 27, 38.
Tardi ti amai,
bellezza così antica e così nuova,
tardi ti amai.
Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori.
Lì ti cercavo.
Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature.
Eri con me, e io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te le tue creature,
inesistenti se non esistessero in Te.
Mi chiamasti,
e il tuo grido sfondò la mia sordità;
balenasti,
e il tuo splendore dissipò la mia cecità;
diffondesti la tua fragranza,
e respirai e anelo verso di Te,
gustai,
e ho fame e sete;
mi toccasti,
e arsi di desiderio della tua pace.