Preziosissimo Sangue di Gesù 2021
«Tesoro prezioso, incomparabile
sono le stille del Sangue di Cristo».
La Festa del Preziosissimo Sangue di Gesù ci rimanda al grande mistero della Redenzione e della nostra salvezza. Ecco perché in questi giorni onoriamo la Reliquia del Preziosissimo Sangue giunta fino a noi da Gerusalemme.
La reliquia fu prelevata a Costantinopoli dal Doge Enrico Dandolo nel 1204, con altre reliquie della Passione del Signore che S. Elena aveva lasciato al figlio Costantino, e portata a Venezia. Il Vescovo di Verona, Andrea Avogadro, nel 1790 ottenne parte della preziosa reliquia, che ora si conserva nella nostra Chiesa. Ne riconobbero l’autenticità il Vescovo Benedetto da Riccabona nel 1856 e il Cardinale Luigi di Canossa nel 1881. Ed è stato proprio nell’anno 1881 che i Frati Minori, presenti qui per più di 150 anni fino al 2006, hanno avuto la felice intuizione di unire la preghiera al Preziosissimo Sangue con quella per i Defunti e di dare vita alla Pia Unione del Preziosissimo Sangue e del Perpetuo Suffragio.
In questi giorni vogliamo poi mettere sotto la protezione di questa Santa Reliquia il tempo di sofferenza, ma anche di speranza, che stiamo vivendo come persone e famiglie.
Questa festa non appartiene alla liturgia strettamente classica, poiché è frutto di riflessione e di meditazione.
Storia della festa.
Ricordiamo che questa festa è il memoriale di una tra le più splendide vittorie della Chiesa. Pio IX era stato scacciato da Roma, nel 1848, dalla Rivoluzione trionfante; in quegli stessi giorni, l’anno seguente, egli vedeva ristabilito il suo potere. Il 28, 29 e 30 la figlia primogenita della Chiesa, cacciava i nemici dalle mura della Città eterna; il 2 luglio, festa di Maria, terminava la conquista. Subito un duplice decreto notificava alla città e al mondo la gratitudine del Pontefice e il modo in cui egli intendeva perpetuare mediante la sacra liturgia il ricordo di questi eventi. Il 10 agosto, da Gaeta, luogo del suo rifugio durante la burrasca, Pio IX, prima di tornare a riprendere il governo dei suoi stati, si rivolgeva a Gesù Cristo e gliela affidava con l’istituzione di questa festa, ricordandogli che, per quella Chiesa, egli aveva versato tutto il suo sangue. Poco dopo, rientrato nella capitale, si rivolgeva a Maria, come avevano fatto in altre circostanze San Pio V e Pio VII; il vicario di Cristo attribuiva a Colei che è l’aiuto dei cristiani l’onore della vittoria riportata nel giorno della sua gloriosa visitazione e stabiliva che la festa del 2 luglio fosse elevata dal rito doppio maggiore a quello di seconda classe per tutte le chiese: preludio alla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione. Poi, nel corso del giubileo indetto nel 1933 per commemorare il XIX centenario della Redenzione, Papa Pio XI, onde imprimere maggiormente nell’animo dei fedeli il ricordo e la venerazione del sangue del divino Agnello e per invocarne sulle anime nostre frutti più abbondanti, elevò la festa del Preziosissimo Sangue al rito doppio di prima classe.
Scopo della festa.
Il Venerdì Santo, la terra e i cieli videro tutti i peccati immersi nel fiume della salvezza, le cui eterne dighe si erano infine rotte sotto la pressione dell’amore del Cuore divino. La festa del SS. Sacramento ci ha visti prostrati davanti agli altari in cui si perpetua l’immolazione del Calvario e l’effusione del sangue prezioso divenuto bevanda degli umili e l’oggetto degli omaggi dei potenti di questo mondo.
Oggi la Chiesa invita nuovamente i cristiani a celebrare i flutti che si effondono dalla sacra sorgente: che altro significa ciò, se non che le solennità precedenti non ne hanno certamente esaurito il mistero? La pace ottenuta da quel sangue, lo scorrere delle sue onde che riportano dagli abissi i figli di Adamo purificati, la sacra mensa imbandita per essi e quel calice di cui esso costituisce l’inebriante liquore: tutti questi preparativi sarebbero senza scopo, tutte queste meraviglie resterebbero incomprese se l’uomo scorgesse le proposte di un amore le cui esigenze non vogliono essere sorpassate dalle esigenze di nessun altro amore. Il sangue di Gesù deve essere per noi in quest’ora il sangue del testamento, il pegno dell’alleanza che Dio ci propone, la dote costituita dall’eterna Sapienza che invita gli uomini a quella divina unione di cui lo Spirito di santità procura senza fine il compimento nelle nostre anime.
Virtù del sangue di Gesù.
«Avendo dunque, o fratelli - ci dice l’Apostolo - in virtù del sangue di Cristo, la fiducia di entrare nel Santo dei Santi, per la via nuova e vivente che egli inaugura per noi attraverso il velo, cioè attraverso la sua carne, accostiamoci con cuore sincero, con la pienezza della fede, purificato il cuore dalla cattiva coscienza, col corpo lavato dall’acqua pura. Essendo fedele Colui che ha promesso, conserviamo senza vacillare la professione della nostra speranza e vigiliamoci a vicenda, per stimolarci alle opere buone. E il Dio della pace, il quale ha tolto alla morte nostro Signore Gesù Cristo, vi renda capaci d’ogni bene, in modo che voi facciate la sua volontà, mentre egli opera in voi ciò che gli è grato per Gesù Cristo, cui sia gloria nei secoli dei secoli». È legge stabilita da Dio fin dal principio che non vi può essere remissione dei peccati, nè piena redenzione senza un sacrificio di espiazione e di riparazione e che tale sacrificio esige l’effusione del sangue.
Nell’Antica Alleanza, il sangue richiesto era solo quello degli animali immolati davanti al tabernacolo del tempio. Se esso bastava a dare una purezza esteriore, era però impotente a santificare le anime e a farle entrare nel tabernacolo celeste.
Ma, nel giorno stabilito dalla divina Sapienza, è venuto Cristo nostro vero e unico pontefice, che ha versato come sacrificio il suo preziosissimo sangue. Con esso ci ha purificati. Ed è in virtù di quel sangue versato che egli entra e fa entrare nel santuario del cielo. Da quel momento la sua espiazione e la nostra redenzione sono cosa acquisita definitivamente per l’eternità. Il suo sangue, veicolo della sua vita, purifica non soltanto il nostro corpo, ma la nostra stessa anima, il centro della nostra vita; distrugge in noi le opere di peccato, espia, riconcilia, sigilla e consacra la nuova alleanza e, una volta purificati, una volta riconciliati, ci fa adorare e servire Dio mediante un culto degno di lui. Infatti, il fine della vita è quello di adorare Dio. La stessa purezza della coscienza e la santità hanno come ultimo disegno e come termine il culto che rendiamo a Dio. Non si è belli per essere belli, non si è puri per essere puri e non andare oltre. Qualunque bellezza soprannaturale è ordinata in definitiva all’adorazione a Dio.
È quanto vuole il Padre celeste, degli adoratori in spirito e verità: e la nostra adorazione cresce davanti a Dio insieme con dignità soprannaturale. Così, il termine della nostra vita non siamo noi, bensì Dio. È Dio che raccoglie il beneficio di quanto noi diventiamo gradualmente mediante la sua grazia e sotto la sua mano. Dio, in noi, opera per noi. Tutta la nostra vita, quella dell’eternità e quella del tempo, è liturgica e ordinata a Dio.
Il sangue del cuore di Gesù.
Nel Venerdì Santo abbiamo inteso per la prima volta questo passo del discepolo prediletto. Dolente ai piedi della Croce su cui era appena spirato il Signore, la Chiesa non aveva abbastanza lamenti e lacrime. Oggi trasalisce di altri sentimenti e lo stesso racconto che le cagionava il pianto la fa esplodere oggi in gioia e in canti di trionfo. Se vogliamo conoscerne la ragione, chiediamola agli interpreti autorizzati, che essa stessa ha incaricato di mostrarci il suo pensiero in questo giorno. Dal momento solenne in cui il nuovo Adamo permette al soldato di aprirgli il cuore, noi siamo veramente diventati l’osso delle sue ossa e la carne della sua carne. Non stupiamoci dunque se da allora in poi la Chiesa non vede più altro che amore e vita in quel sangue che si effonde.
E tu, o anima, così a lungo ribelle ai tocchi segreti delle grazie di elezione, non dire: «L’amore non è più per me!». Per quanto lontano abbia potuto portarti l’antico nemico con i suoi funesti inganni, non è forse vero che non vi è traviamento, non vi è abisso, si può dire, in cui non ti abbiano seguita i rivi scaturiti dalla sacra sorgente? Credi dunque che il lungo percorso che hai voluto imporre al loro misericordioso inseguimento ne abbia esaurita la virtù? Fanne la prova. E innanzitutto, bagnati in quelle onde purificatrici; quindi abbevera a lunghi sorsi al fiume di vita quella povera anima affaticata; e infine, armandoti di fede, risali il corso del fiume divino: poichè se è certo che per giungere fino a te non si è separato dal suo punto di partenza, è ugualmente certo che, così facendo, ritroverai la sorgente stessa.
Nell’Eucaristia che celebriamo, nutrendoci del suo Corpo e del suo Sangue, il Signore confermi il nostro proposito: preghiamo che il Preziosissimo Sangue di Gesù rinnovi la nostra fede, inginocchiamoci davanti a Lui, presentiamogli le nostre difficoltà e le nostre sofferenze di ogni giorno… certi che Gesù ci inonderà di grazie e di consolazione, perché «Tesoro prezioso, incomparabile sono le stille del Sangue di Cristo».
Sia lodato Gesù Cristo.