Preghiera e Liturgia

Corpus Domini 2021

CorpusDomini2021Si pregava e si cantava… e tutto si fermava
perché passava nostro Signore Gesù Cristo.


Celebriamo la solennità del Corpus Domini, il Santissimo Corpo e Sangue di Gesù. È il mistero della sua presenza per sempre in mezzo a noi e della memoria Eucaristica. Come un santuario collocato sopra una ripida roccia, il Mistero Eucaristico attrae il nostro sguardo, ci seduce con la sua bellezza e, anche se rimane inaccessibile per noi, lo sentiamo come fonte e culmine della nostra vita e della nostra fede. Gesù, unico Salvatore del mondo, offre la sua vita sulla croce e ci lascia il segno più grande della sua presenza in mezzo a noi: l’Eucaristia, il Pane della Vita.

Solennità del Corpus Domini, la Solennità dell’Eucaristia.
Una festa molto antica che risale all’anno 1264. Papa Urbano IV istituì questa Festa, che portava il Santissimo Sacramento per le strade, con la processione del Corpus Domini. Oggi abbiamo ancora l’occasione di adorare il grande mistero dell’Eucaristia, un sacramento che realizza, potremmo dire, il massimo del significato nella minima consistenza: un frammento di pane contiene la pienezza della divinità. Ci vuole molta fede per credere che quel pezzo di pane costituisca la primizia della salvezza e che, partecipando al Sacramento, noi partecipiamo già della salvezza... Dopo aver ricevuto la Santa Comunione, noi siamo tabernacoli viventi… abbiamo Gesù dentro di noi. Nella Liturgia della Chiesa abbiamo già meditato su due miracoli eucaristici, adombrati nel prodigio di Cana di Galilea e in quello della moltiplicazione dei pani. E avremo occasione di sfiorare ancora l’augusto Sacramento dell’Altare. Nessuno si meravigli che tale mistero venga con tanta frequenza proposto nel commento al Santo Vangelo. L’Eucaristia è il divino tesoro della nostra fede, è la ragion d’essere dei nostri templi e dei nostri altari, è quella che spiega la perenne e sempre nuova vitalità della Chiesa; potremmo dire: il cuore pulsante di essa e la vita delle nostre anime.

Mi viene in mente la grande Solennità del Corpus Domini, quando io ero piccolo. Quante prove e quanta preparazione per noi chierichetti… e poi i confratelli del Santissimo con le torce in mano, i bambini della Prima Comunione… e poi tanta e tanta gente. Si mettevano drappi, fiori e lumi ai balconi delle case, si pregava e si cantava… quanto si cantava, e tutto si fermava perché passava nostro Signore Gesù Cristo.
È proprio in questa luce che oggi, giorno dedicato al trionfo pubblico e solenne della Santa Eucaristia, ce la presenta il testo evangelico, un brano del discorso pronunciato da Gesù nella Sinagoga di Cafarnao, appunto per annunciare il prodigio eucaristico. Fu all’indomani di quel giorno, nel quale Egli aveva miracolosamente sfamato le folle nel deserto, che, fra la religiosa attenzione degli uditori, ancora commossi dal recente prodigio, mettendo le sue parole in relazione col ricordo dei pani moltiplicati, disse: «I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono, ma questo - e in quel momento additava certamente il suo corpo - è il pane disceso dal cielo e chi ne mangia non muore. Io sono il pane vivo disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
A queste parole la Sinagoga scattò come un sol uomo: «Che è mai questo? Come può offrirci a mangiare le sue carni?» Forse il Maestro parla sotto metafora? Qui si impone una spiegazione. E la spiegazione viene: «In verità, in verità vi dico - insiste Gesù - se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non ne berrete il sangue non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno. La mia carne è veramente cibo e il sangue mio è veramente bevanda».
Non si tratta dunque di metafora e le parole di Gesù devono essere prese nel loro senso letterale. Ma come avverrà questo? Ecco: innanzi a questo «come» in quel giorno a Cafarnao molti non hanno creduto e se ne sono andati e perfino fra i discepoli alcuni hanno tentennato.

Eppure che cosa di più logico, per quanto arduo e misterioso, di questa unione immaginata da un infinito amore, realizzata da una infinita potenza?
Se il Verbo di Dio ha preso la natura umana per fare noi uomini - è l’ardita parola di Pietro - «partecipi della natura divina», se è venuto al mondo per darci «questa» vita divina, qual meraviglia che ce la voglia accrescere, sostenere, con-servare, riparare…appunto come si ripara, si sostiene, si conserva, si accresce la vita, cioè con l’alimento? Qual meraviglia che Egli abbia voluto giungere alla più potente realizzazione della legge della vita? Poiché - ecco la legge - «ogni vita si mantiene con un cibo di una natura proporzionata alla vita stessa». Per questo la pianta allarga le sue radici nel suolo e stende i rami nell’aria: per nutrirsi di quei succhi, che ne mantengono e ne incrementano la vita. E l’animale, e lo stesso nostro corpo, vive finché è in grado di nutrirsi; è, ci si permetta la parola, la «comunione» con il cibo, che mantiene la nostra vita fisica.

E la vita della nostra anima spirituale ed immortale? Non siamo soliti parlare di «comunione» degli affetti, che alimenta la vita affettiva? Di «comunione» di pensiero, che mantiene quella intellettiva? Cibi ben diversi, è chiaro, perché diversa è la vita che sostengono; «cibi» tuttavia, poiché quando noi ci «comunichiamo» - è la parola più esatta - i nostri sentimenti abbiamo l’impressione che il cuore si dilati; quando ci «comunichiamo» attraverso la parola, scritta o parlata, i nostri pensieri, sentiamo che l’intelligenza se li appropria, quasi con l’avidità di un affamato.

E nell’ordine soprannaturale?
Chiamati ad una trasformazione tanto profonda, che ci rende partecipi della natura, della vita stessa di Dio, chiamati a vivere di Dio, di che nutriremo questa vita divina, che è in noi, se non di Dio stesso? Abbiamo varcato i limiti del mistero? No!
Il mistero rimane molto profondo nel «modo» (il «come» di Cafarnao) con il quale si compie il prodigio della transustanziazione eucaristica; ma nella necessità di nutrirci di Dio per vivere di Lui non c’è mistero; la comunione eucaristica è la più splendida, la più convincente applicazione della legge della vita, che è come la legge del nutrimento.

Non resta ormai che trarne le logiche conseguenze. Il dottore della legge del Vangelo fu rapito di ammirazione innanzi al precetto della carità, cui Gesù apriva sconfinati ed inaspettati orizzonti; che dovremo fare noi innanzi a queste divine realizzazioni dell’amore di Dio, se non cadere in ginocchio in una trepida e commossa adorazione?
Ma l’adorazione non basta. Se l’Eucarestia è «il pane della vita», come l’ha definita Gesù stesso, non resta che nutrirsene. Il desiderio ardente di Lui - e per questo ha voluto essere «pane» - è che tutti se ne cibino spesso, perché il pane, che serve alla vita, è cibo di tutti ed è cibo quotidiano.

Forse noi siamo molto lontani da questo programma; forse tanti l’hanno minimizzato al punto da non comunicarsi che raramente. Ed allora ecco la spiegazione del nostro languore, della nostra sterilità spirituale. Chi non si nutre illanguidisce e a non lungo andare muore: così nella vita del corpo; così nella vita dello spirito.

Benedetto XVI affermava: «Noi cattolici, rispetto ai nostri fratelli protestanti, abbiamo un dono che loro non hanno: la presenza nel tabernacolo di Gesù vivo». E quando tu ricevi Gesù, ricevi tutto, fai esperienza di Gesù e Gesù ti dona la forza per andare avanti e tu comprendi che hai ricevuto tutto!

C’è un sogno di San Giovanni Bosco, che è molto attuale per i nostri tempi. Lui vede una barca con due colonne.
La barca, che è la Chiesa, affronta le tempeste e le navi nemiche che cominciano ad attaccare. E sembra che questa barca debba affondare…ma la barca non affonda – dice San Giovanni Bosco – perché ci sono due colonne. In una c’è scritto «Jesus Hominum Salvator» - l’Eucaristia e nella seconda «Maria Auxilium Christianorum» – Maria Aiuto dei Cristiani -. Grazie a queste due colonne, la barca, sballottata da una parte e dall’altra, riesce a resistere. Dobbiamo essere convinti che Gesù è realmente presente… altrimenti non avrebbe più nemmeno senso inginocchiarsi.

La Messa è qualcosa di straordinario. Dobbiamo recuperare con il cuore il mistero di Dio che viene in mezzo a noi, il pane e il vino diventano il Corpo e Sangue del Signore. Dobbiamo essere conquistati da questo. Non c’è un avvenimento più grande di questo. Si dice che nel mondo ogni minuto viene celebrata una Santa Messa…e Padre Pio diceva che il mondo non crolla perché c’è la Messa.

Ascoltiamo anche alcune parole di Maria Valtorta, una mistica italiana nata a Caserta nel 1897 e morta a Viareggio nel 1961:
Maria Valtorta riceveva nel suo cuore dei messaggi di Gesù. Risentiamo oggi un passaggio molto importante per noi e per la nostra fede nel Santissimo Sacramento«Ho fatto questo per amore: ho dato Me stesso. E questo ho fatto per te oggi: ho sollevato il velo del Mistero e ti ho fatto conoscere come Io vengo a voi, come mi do a voi, cosa vi do di mio, anche se voi non sapete vedere e capire. Basta per oggi. Non vi sono altre parole da dire.
Guarda e adora». Maria Valtorta, "I Quaderni del 1943", 20 giugno.

Sia lodato Gesù Cristo.

Colloquio Spirituale.
«O Dio, o Creatore, o Spirito di novità che colmi le tue creature di doni spirituali sempre nuovi, Tu concedi ai tuoi eletti il dono che sempre si rinnova: il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo!
«O Gesù, Tu hai istituito questo Sacramento, mosso non da timore, nè dal desiderio d’alcun utile che a te potesse pervenire, ma unicamente mosso da un amore che non ha nome, se non questo: Amore senza misura. Tu hai istituito questo Sacramento perché il tuo amore oltrepassa tutte le parole. Ardendo di amore per noi, hai voluto donarti a noi e ti sei posto là dentro, nell’Ostia consacrata, tutto e per sempre fino alla consumazione dei secoli. E questo non l’hai fatto solo per memoria della tua morte che è la nostra salute, ma l'hai fatto anche per rimanere tutto con noi, sempre con noi.

«Anima mia, se vuoi entrare nelle profondità di questo mistero, occorre che tu abbia la vista resa acuta dall’amore. Occorre che tu venga e sappia! Considera l’Ultima Cena, considera Gesù Cristo consapevole di doversi ben presto separare col corpo dall’umanità, considera il suo amore per cui, volendo congiungersi per sempre a noi, istituì questo Sacramento, onde possa essere corporalmente e per sempre unito all’umanità.
O amore inestinguibile! Amore veramente affocato fu questo, o amore di Cristo, o amore per gli uomini! O Gesù, già avevi davanti agli occhi la morte che ti attendeva, i dolori ed i tormenti atroci della Passione già scavavano il tuo Cuore e nondimeno volesti offrirti ai tuoi crocifissori e far si che, mediante questo Sacramento, essi ti potessero sempre avere come dono d’eternità, o Tu, le cui delizie sono d’essere coi figli degli uomini!
«O anima mia, come non vorrai immergerti sempre di più, con tutta te stessa, nell’amore di Cristo che, in vita ed in morte, mai si dimenticò di noi, ma volle darsi tutto a noi e a noi unirsi per sempre?» (B. Angela da Foligno).

Padre Gabriele di S.Maria Maddalena O.C.M. - 1893 – 1953.
Intimità Divina, Roma 1962.

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