Commemorazione dei Defunti 2018

CommemorazioneDefunti2014
Lui solo può vincere la morte per sempre.
«Io so che il mio redentore è vivo...» Gb 19,25.
 
La gioia della Solennità di Tutti i Santi continua anche se in tono più sommesso, nella Commemorazione dei Defunti. Per noi credenti, non è un giorno di tristezza, ma di fede e di speranza nella Risurrezione di Cristo, che fa ancora da sfondo alla liturgia dei Morti, come il colore bianco della festa di Tutti i Santi. La nostra Madre Chiesa ricorda oggi tutti i suoi figli che hanno varcato la soglia dell'eternità. In questi giorni le chiese e i cimiteri sono mèta di un continuo pellegrinaggio di fedeli. La ricorrenza dei Defunti, ogni anno, spinge a compiere un gesto di preghiera e di affetto verso i Morti e coinvolge anche chi è distratto da altri pensieri.
Abbiamo ascoltato con commozione il grido di speranza sgorgato dal cuore di Giobbe: «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro». Giobbe, colpito da una serie insopportabile di disgrazie e di sofferenze, non accetta le spiegazioni degli amici e non abbandona la sua fede nell'esistenza di Dio. La sua grandezza sta proprio in questo: vive una forte tensione tra il dolore e la fede in Dio, accetta la sofferenza e non abbandona la fede. Egli non può accettare un Dio crudele e ingiusto, lontano. E proprio da questo suo attaccamento a Dio nonostante tutto… sgorga quel grido commovente dal suo cuore, che dalla tradizione è stato visto come una delle più antiche testimonianze sulla sopravvivenza personale al di là del disfacimento corporeo della morte. Il problema di Giobbe è: «Perché soffro?». La risposta che gli viene data dai suoi amici, e che uno di essi, Bildad, ripete, è: «Perché tu hai peccato». Giobbe però rifiuta questa spiegazione, si dichiara innocente, e desidera almeno che la sua protesta d'innocenza sia tramandata ai posteri. Egli quindi afferma la sua speranza: si rifiuta di credere che Dio lo condanni ingiustamente; l'ultima parola, quella del giudizio definitivo, spetterà al suo «Redentore», che si farà arbitro tra lui e i suoi accusatori e gli renderà infine giustizia. Quando? Qui i numerosi problemi che il testo presenta, le traduzioni e le interpretazioni divergono. Giobbe pensa a un'altra vita? Difficile saperlo. Probabilmente pensa a questa vita terrena: quando tutto sembrerà perduto e la morte oramai sul punto di prevalere definitivamente, proprio allora il suo difensore si alzerà per il giudizio e gli renderà giustizia; Giobbe potrà vederlo con i suoi occhi e potrà incontrarlo.
Comunque si intenda la salvezza che Giobbe sperimenta in questo singolare faccia a faccia con il suo Dio, rimane senza ombra di dubbio, il fatto che Giobbe sia testimone, come Abramo, di una speranza che passa oltre ogni ostacolo, e che rifiuta ostinatamente di vedere in Dio un tiranno. Finché la morte resta l'orizzonte ultimo dell'esistenza, questa visione di Dio è inevitabile: un Dio geloso della vita dell'uomo. Che cosa risolve il fatto che Giobbe alla fine recuperi i beni perduti, se essi gli saranno nuovamente, e stavolta definitivamente, tolti? E che cosa cambia il fatto che egli sia riabilitato da Dio e dichiarato giusto, se poi cadrà nella morte insieme all'empio?
 
Senza alcun dubbio Giobbe schiude qui una prospettiva, che ci viene aperta in modo definitivo nell'esperienza pasquale del nuovo e vero Giobbe: Gesù di Nazareth. No, il Padre non ci dà la vita per togliercela di nuovo; non ci fa godere della luce, per poi ricacciarci ancora nelle tenebre. L'ultima parola non è della morte: ultimo, sulla polvere di ogni storia umana si alzerà, a manifestarne senso e valore, il Redentore. In quest'ultimo periodo del Tempo Ordinario celebriamo la memoria dei Defunti. Sono stati i celti a collocare in questo periodo dell'anno solare la memoria dei morti. La Commemorazione dei Defunti al 2 novembre ha origine nel secolo X nel monastero benedettino di Cluny. Papa Benedetto XV, al tempo della prima guerra mondiale, giunge a concedere a ogni Sacerdote la facoltà di celebrare tre Sante Messe in questo giorno. La Chiesa, quindi, ha solo reso cristiana questa memoria, rendendola una delle ricorrenze, da sempre più amata e partecipata, proiettata nella fede pasquale del Risorto. Questa proiezione fa sì che per il cristiano la morte non sia più l'ultima realtà umana.
 

La nostra società è passata progressivamente e velocemente, dalla familiarità con la morte alla morte nascosta, rifiutata e rimossa: fuggire la morte è la tentazione del mondo di oggi. Il giorno dedicato ai Defunti dovrebbe essere anzitutto la celebrazione della fede pasquale del Risorto. Ma non solo, ciò che si impone alla nostra attenzione, in questo giorno, è il carattere di fugacità e di brevità della vita che segna in maniera dolorosa la nostra vicenda umana. Non esiste mai una bella «morte»; si tratta sempre di una prova, si tratta di dolore e di sofferenza. Non fa eccezione neppure la morte di Gesù: l'agonia del Getsemani di cui Cristo ha voluto portare il peso del peccato del mondo. Ma chiudere gli occhi di fronte alla verità è stoltezza, mentre la saggezza è - secondo il libro dei Salmi - in colui che sa contare i giorni, perché questa capacita di riconoscere il limite del nostro esistere ci dà la misura giusta della vita. I nostri morti, nel momento del distacco, li abbiamo affidati all'amore e all'eternità del Signore ed essi dicono a noi che l'amore eterno di Dio conserva nella sua memoria il meglio della nostra vita. Inoltre ci dicono anche che non è il caso di sprecare tempo e fatica per ambizioni che non servono a nulla, perché tutto è vanità. Solo l'amore rimane. Abbiamo bisogno della speranza e della gioia della Festa dei Santi per affrontare il ricordo doloroso delle persone che abbiamo amato e che non sono più. La morte è l'unica certezza della nostra vita e bussa alla nostra porta non in maniera teorica ma quando perdiamo qualcuno che ci sta a cuore. Dare senso alla nostra morte significa, in qualche modo, dare senso anche alla nostra vita. Oggi preghiamo per tutti i Defunti e li affidiamo al Risorto, Lui solo può vincere la morte per sempre.

Sia lodato Gesù Cristo.

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