San Francesco d'Assisi 2018

San Francesco affresco
«Signore, che cosa vuoi da me?».
«Va', Francesco, e ripara la mia casa,
che come vedi va in rovina!».
 
Assisi nell'anno 1182... Una piccola, stupenda città dell'Italia, distesa al sole dell'Umbria, adagiata su verdi colline, tra vigne e oliveti, alle pendici del monte Subasio. Nel mese di settembre del 1182, nasce in questa città un bel bambino. La madre, donna Pica, gli impone il nome di Giovanni. Il marito, Pietro di Bernardone, era assente. Al ritorno vuole cambiargli il nome: «Mio figlio si chiamerà Francesco!». Pietro di Bernardone è un mercante di stoffe. È un ricco borghese, spesso in viaggio per il suo commercio, abile negli affari. Nella sua mente vede già il figlio dietro il bancone della bottega, occupato a vendere i preziosi tessuti a ricchi signori. Francesco nasce al tempo dei cavalieri erranti, delle crociate, dei trovadori; tempi in cui si costruiscono le grandi cattedrali...

Sono passati quasi ottocento anni da allora.
La morte e il tempo non hanno cancellato il nome di Francesco.

Allora il francese era la lingua internazionale, la lingua dei tornei, dei raduni e delle corti principesche. La mamma, come ogni mamma, sogna per il suo piccolo Francesco un avvenire splendido ed una nobile carriera. E se mai diventasse un ricco cavaliere? A servizio del Papa, contro le tirannie dell'imperatore. Donna Pica è molto sensibile. Francesco l'ascolta mentre gli sussurra delle piacevoli cantilene per addormentarlo. La mamma conosce certamente le belle poesie amorose cantate dai trovadori francesi. Francesco cresce nelle comodità della sua casa.
Vive la vita facile dei ricchi del suo tempo mentre, purtroppo, la carestia affligge tutta l'Italia. Il suo modo di fare suscita simpatia. Ogni volta che un povero gli tende la mano, egli vi depone una moneta. Come tutti i bambini della sua età, anche Francesco va a scuola. I genitori lo mandano alla scuola di San Giorgio, situata presso le mura della città. Dal vecchio canonico Guido si appassiona alla storia di San Giorgio che uccide il drago. Francesco è un ragazzo furbo ma giudizioso. Comincia ad imparare l'arte del commercio, con grande soddisfazione di suo padre. D'inverno Francesco sosta volentieri davanti al grande camino, affascinato dalla danza delle fiamme. Forse sogna il valoroso guerriero che uccide il drago, o pensa a una bella principessa tenuta prigioniera... Vuole anche lui diventare cavaliere. Non ha armature, ma si sente coraggioso, senza paura. E poi... sarà possibile diventare cavalieri quando si è figli di un mercante di stoffe? Ma non importa, questo pensiero lo rende felice. Egli innalza al cielo il suo canto, come sempre fa quando si sente felice. È felice di essere al mondo, di trovarsi in questo angolo d’Italia, bello come un sogno.
Francesco lavora nel grande negozio, sotto gli occhi del padre: «Guardate che colori, sentite che finezza!» si rivolge Francesco ai clienti, incantati dal suo sorriso. Pietro di Bernardone è contento: vede che suo figlio sta rivelandosi un abile venditore: «È proprio un mercante nato!», ripete soddisfatto. Francesco è pieno di gioia di vivere: la sua allegria esplode e affascina le persone. Ovunque vuole primeggiare e tutti lo seguono. Sa farsi ascoltare senza fatica. È ricco, elegante. I pettegolezzi si moltiplicano su questo figlio di mercante di stoffe, deciso a fare il signore. Ai vicini che le riportano queste chiacchiere, la madre risponde tranquilla: «Francesco è un figlio di Dio! ».
 
Francesco ha quindici anni. A quei tempi in Assisi, si è già uomini a quell'età. Frequenta i giovani nobili della città. Si canta, si balla, si mangia, si beve, si ride fino a tarda notte. La sua voce, nel silenzio della notte, sale fino al cielo. Sembra che perfino le stelle stiano ad ascoltarlo. Calendimaggio è la festa di primavera. I giovani di Assisi, i figli delle famiglie nobili festeggiano con canti, suoni ed un allegro banchetto il ritorno della bella stagione. Francesco ha diciotto anni: è bello, intelligente: è il centro dell'allegra compagnia e dei giovani di Assisi. Però in quei momenti la situazione non è per niente allegra. Infuria la guerra civile tra città rivali, come accadeva spesso in quel tempo. E Francesco si unisce ai gruppi armati per difendere Assisi contro la città di Perugia. Lo scontro è aspro e viene fatto prigioniero. La prigionia dura circa un anno e cade gravemente ammalato. Tornato a casa, riprende pian piano le forze. E un giorno può di nuovo uscire, rivedere i sentieri che egli ama, assaporare il profumo dei cipressi, lasciarsi accarezzare dal venticello che soffia tra gli ulivi. Ma com'è?... La bellezza dei prati, dei vigneti e dei boschi... tutto ha perduto il suo fascino. Francesco sente che la prigionia lo ha cambiato ma riprende i suoi sogni di cavalleria: decide di unirsi a un giovane signore feudale, Gualtiero di Brienne, per andare con lui a difendere il Papa. Una notte sosta a Spoleto. Mentre dorme ha un sogno. Una voce lo chiama: «Francesco, chi è meglio servire? Il servo o il padrone?». «Signore, che vuoi che io faccia?». «Ritorna alla città che ti ha visto nascere e lì ti sarà detto ciò che devi fare». Francesco rientra ad Assisi e suo padre gli ordina di ritornare in negozio. Solo donna Pica è turbata e commossa da quel cambiamento, e nel segreto del suo cuore ripete: «Sarà veramente figlio di Dio!». Francesco, toccato dalla grazia, è incerto su quello che deve fare. I suoi amici non capiscono: «Che cosa ti succede? Non sei più quello di prima!». «Mi sono innamorato», confida ai suoi amici, che credono ancora a uno dei suoi sogni di un tempo. «Sì, ho già scelto la mia sposa: la Povertà di Gesù Cristo fin sulla croce».
 
Francesco è ripieno della gioia di chi ha incontrato Gesù. Gli sembra che il mondo, attorno a lui, più non esista. In casa vive ritirato a pregare e a lodare il Signore. Francesco canta, come prima, come sempre... ma in modo diverso! Un giorno impugna il bastone del pellegrino e si reca a Roma, alla tomba di Pietro, per invocare luce e pace. E là, prende la sua più grande decisione. Strappata dalla cintura la borsa di monete d'oro, la getta laggiù, insieme con le monetine dei poveri. Ora è anche lui un povero. Uscito dalla basilica, mentre si aggira per i ruderi dell'antica Roma, una voce, dentro, lo segue: «Non basta lasciare le ricchezze, occorre lasciare se stessi».
 
Francesco è felice di camminare solo per le campagne. Un giorno sale verso il monte Subasio, all'ombra degli abeti, fino a una grotta, lontano dal rumore. Solo, davanti a Dio, piange... Piange il suo passato. A poco a poco le lacrime detergono e placano il suo cuore angosciato. Esce dalla grotta esausto, ma una nuova letizia illumina il suo volto! Francesco riflette per sapere cosa Dio si aspetta da lui. Continua il suo cammino attraverso i prati fino a giungere alla piccola chiesa di San Damiano. È una chiesetta molto vecchia e quasi in rovina. I muri sono corrosi dal sole, dalla pioggia e dagli anni. All'interno una croce sopra l'altare attira il suo sguardo e cade in ginocchio: «Signore, che cosa vuoi da me?». «Va', Francesco, e ripara la mia casa!».
 
Francesco continua le sue passeggiate per la campagna nei dintorni di Assisi. Un giorno sente il crepitio di una raganella: è il segnale del passaggio di un lebbroso. La lebbra incuteva terrore, e coloro che ne erano colpiti venivano cacciati dalle città. Invece di fuggire Francesco scende da cavallo, s'avvicina al lebbroso e lo abbraccia. Francesco sente di dover pregare e stare solo. Durante un'assenza del padre se ne va in una spelonca e per un mese intero prega e fa penitenza. Quando ricompare per le vie di Assisi è pallido, magro, con la barba lunga, i vestiti a pezzi. La gente non sa che cosa pensare, lo prendono in giro: «È diventato matto. Guardatelo come si è ridotto!». La sua famiglia non sa più che cosa pensare. Dov'è quel giovane brillante, tanto innamorato delle feste? Perché si è tolto i suoi bei vestiti eleganti? «Purché faccia bene il suo lavoro al negozio», si accontenta il padre: «per me è lo stesso». «È impazzito del tutto», esclama suo fratello. «Ha venduto il cavallo e anche le stoffe del negozio. Va dicendo che ha bisogno di denaro per ricostruire una chiesa». «Questo figlio è la mia rovina!", grida esasperato il padre. Un giorno d'aprile del 1206 scoppia una discussione tra Francesco e il padre. Francesco ha aperto un cantiere per riparare la chiesa di San Damiano. «Francesco è ora di finirla! Ridammi i miei soldi e torna a casa!». «No, padre, il mio posto è qui. io voglio servire soltanto Dio, l'Altissimo». «Ah, tu rifiuti di obbedirmi? Andiamo a consultare il signor vescovo di Assisi, Guido». «Francesco, tu fai disperare tuo padre», gli dice il vescovo. «Restituisci il denaro, se vuoi veramente servire Dio. Abbi fiducia e comportati da uomo». «Voi avete ragione. Non voglio più avere alcun debito verso mio padre», risponde Francesco. E davanti a tutti si spoglia delle vesti. «Ora posso dire veramente: Padre nostro che sei nei cieli». Davanti a una folla commossa, Francesco si ritrova nudo come il giorno della sua nascita. Questo giorno infatti non è forse per lui come una nuova nascita? È il 10 aprile 1206. Coperto di stracci, Francesco lascia Assisi e s'inoltra nel bosco, dove leva al cielo il suo canto di gioia.
 
Negli anni che seguono, Francesco ripara la chiesa di San Damiano e anche altre chiesette che vanno in rovina. Vive in povertà, mendicando il cibo. Al suo passare per le vie di Assisi, quelli che lo conoscono si fanno beffe di lui. Un giorno, mentre ascolta la Messa, sente il sacerdote che legge il Vangelo: «Andate in tutto il mondo e annunciate che il regno di Dio è vicino. Non portate con voi oro, né argento, né bisaccia, né due tuniche, né calzature, né bastone». «Ecco ciò che voglio, ecco ciò che desidero con tutta la mia anima!», esclama Francesco. Getta via il bastone, i sandali, il mantello e la cintura. Diventa così discepolo di Cristo, povero e libero. Si mette in cammino per annunciare la gioia del Vangelo. Le parole gli sgorgano dal cuore pieno di quell'amore che egli vuole comunicare a tutti. Le persone lo ascoltano con grande ammirazione. Non lanciano più pietre contro di lui. Non lo trattano più come un pazzo. Francesco predica con parole semplici che tutti comprendono. Predica per le vie e per i sentieri. Dovunque egli passa, lancia il suo appello alla pace e alla riconciliazione. Incomincia sempre dicendo: «Il Signore Gesù vi dia la sua pace!». L'esempio e le parole di Francesco colpiscono e conquistano.
 
Bernardo di Quintavalle suo antico compagno di feste e banchetti lo invita, a cenare con lui e a passare la notte in casa sua. Con sommo stupore Bernardo lo trova il mattino dopo ancora assorto in preghiera: aveva pregato tutta la notte. Bernardo è vinto dal suo esempio e si decide: seguirà Francesco. Francesco esita prima di accettare Bernardo con sé: Vuole conoscere la volontà di Dio. In chiesa, apre a caso il Vangelo e legge: «Se vuoi essere perfetto, va' e vendi quanto possiedi e dallo ai poveri». Riapre il Vangelo: «Chi vuol essere mio discepolo rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». E ancora: «Non portate nulla con voi per il vostro viaggio». Bernardo decide di vendere quanto possiede. E distribuisce ai poveri il ricavato. Felice di non possedere più nulla, di essere povero come Gesù, segue Francesco per servire con lui il Signore. A poco a poco anche altri si uniscono a loro: Pietro, Silvestro, Egidio, Elia, Leone...Un giorno Francesco li raduna: «Andate, con le vostre parole e il vostro esempio esortate i peccatori a convertirsi. Andate a due a due, e annunciate pace agli uomini. Alcuni vi accoglieranno con gioia, altri vi derideranno. Voi siate pazienti con tutti».
 
Francesco comprende un po' alla volta che Gesù è venuto in questo mondo per servire e dare la sua vita per gli uomini. Vuole che coloro che condividono il suo modo di vivere e il suo amore per Gesù siano chiamati "frati minori", vale a dire fratelli e servi di tutti, per amore. Anche Francesco va a predicare il Vangelo di città in città. Tornato ad Assisi si ritrova a capo di una piccola comunità a cui bisogna dare una regola. Si ispira all'esempio di Gesù e scrive i 23 capitoletti della prima Regola Francescana. Resta un'ultima cosa da fare: ottenere l'approvazione del Papa. Partono alla volta di Roma. Mentre i fratelli pellegrini camminano verso Roma mendicando di porta in porta, papa Innocenzo III ha una strana visione. Egli stesso la racconta ai Cardinali: «Mi parve che la basilica che sorge sul colle Laterano vacillasse ed io invano mi davo da fare per impedirne la caduta. Ed ecco un uomo povero e minuto avvicinarsi e sostenerla lui, da solo, con le sue forze». Francesco arriva a Roma e chiede di incontrare il Papa. Innocenzo III quando se lo vede davanti riconosce in lui il poverello del sogno. Vuole egli stesso ricevere i voti religiosi di Francesco e dei suoi compagni, approva la loro Regola e li abbraccia ad uno ad uno.Ad Assisi presso un torrentello chiamato Rivotorto sorgono le capanne del primo convento francescano.
 
È il settembre del 1209. In questo tempo vive ad Assisi una fanciulla di sedici anni, Chiara di Favarone. Appartiene a una famiglia nobile. Un giorno, dopo aver ascoltato una predica di Francesco, va a trovarlo e gli dice: «Anch'io, come te, voglio seguire Cristo povero. Voglio anch'io consacrare la mia vita al Signore». La sua famiglia non era certo d'accordo. Nella notte del 18 marzo 1212, Chiara, mentre tutti sono immersi nel sonno, se ne fugge per una porta segreta. Scende lungo il pendio della collina per raggiungere i frati. Davanti all'altare della piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli, Francesco le taglia la lunga chioma bionda. Chiara cambia il suo ricco vestito con una tunica di ruvida tela, legata ai fianchi con una cintura di corda. «Ecco vostra sorella! Ecco Madonna Povertà!». Francesco conduce Chiara a San Damiano. Anche la sorella più giovane la raggiunge. Lo zio è molto adirato, ma poi si rende conto che nulla potrà far cambiare la loro decisione. E il Signore dona ben presto alle due fanciulle altre sorelle, affinché tutte insieme siano fedeli alla preghiera, passino la vita a servirlo e amarlo. Mettono in pratica l'insegnamento e l'esempio di Francesco: «La perfetta letizia consiste nell'essere privi di tutto». Vengono chiamate "Clarisse".
 
Siamo nella campagna umbra, in pieno inverno. Una spessa coltre di neve ricopre la terra. Francesco viene chiamato dai cittadini di Gubbio: la città è terrorizzata da un lupo che assale tutto ciò che incontra: agnelli, bambini, persone... Francesco si avvia incontro al lupo, tracciando su di lui il segno della croce: «Fratello lupo, ho qualcosa da dirti». Il lupo si avvicina docilmente e mette la sua zampa nella mano di Francesco. «Io voglio che fra te e la gente di Gubbio regni la pace». «Ma io ho tanta fame» replica il lupo. «Fratello lupo, se tu ti comporti bene, io ti prometto una vita felice a Gubbio». E da quel giorno il lupo fu mantenuto e ben nutrito dai cittadini di Gubbio.
Al suo rientro in Umbria, Francesco si ritira, in preghiera. Le sue penitenze sono rigorose; il suo corpo sfinito dai digiuni, è debole, eppure i suoi occhi brillano di gioia, mentre le sue labbra ripetono: «Mio Dio e mio tutto, mio Dio e mio tutto...".
 
Natale del 1221. A Greccio Francesco organizza tutto come a Betlemme: la grotta, la mangiatoia con il bue e l'asinello. Quando a mezzanotte le campane suonano a festa i frati circondati da una folla devota fanno ressa intorno a quella grande luce. Francesco rivestito dei paramenti di diacono, serve la messa e proclama il Vangelo. Quando la sua voce pronuncia le parole: «Maria diede alla luce il figlio suo primogenito», un fremito percorre la folla. Qualcuno, tra le braccia di Francesco, vede il Bambino Gesù. Francesco si rimette in cammino. Non si sente molto bene, ma ha deciso di andare sul monte della Verna, a passare quaranta giorni in preghiera e digiuno. Vuole imitare Gesù Cristo nel deserto. L'accompagnano tre dei suoi fratelli. Francesco si sente molto debole. Solo a dorso d'asino è in grado di continuare il cammino. Il suo animo è sempre pieno di meraviglia: «Com'è bella la natura! Queste colline, questi cipressi! Questi prati soffici d'erba!». Giunti su una spianata, sono circondati da stormi di uccelli. Francesco è ripieno di una grande gioia: «Frate Leone, io mi sistemo qui in questa grotta. Gli uccelli sono in festa, essi cantano con noi: «Lodate e benedite il mio Signore, Ringraziatelo e servitelo con grande umiltà».
 
È il 14 settembre1224. Francesco, inginocchiato, prega a braccia distese. Nella sua preghiera domanda di essere unito il più possibile alle sofferenze di Gesù. Ed ecco apparire nel cielo un serafino con sei ali risplendenti e tra le ali la figura di Cristo crocifisso. Raggi ardenti partono dalle piaghe dell'apparizione e trapassano il corpo e il cuore di Francesco. Al mattino frate Leone gli dice: «Tu sei ferito! Queste tue piaghe sono come quelle di Gesù sulla croce!». «Non parlare con nessuno, frate Leone», gli raccomanda Francesco. Francesco e i suoi compagni riprendono il cammino verso la valle. Francesco è sempre immerso nella preghiera, ma le sue forze lentamente lo abbandonano. Fa ritorno dai suoi fratelli, alla piccola cappella di Santa Maria degli Angeli. Quando in lontananza vede la sua città, chiede di fermarsi e tracciando un grande segno di croce esclama: «Che tu sia benedetta da Dio, o mia città, poiché per te molte anime si salveranno e qui molti servi dell'Altissimo avranno abitazione e molti verranno prescelti per abitare in cielo». Francesco, ormai molto grave, chiama frate Angelo e frate Leone, che gli cantino il Cantico di frate Sole. Francesco vi aggiunge ancora qualche espressione di accoglienza della morte: «Lodato sii, mi Signore, per sorella nostra morte corporale...». Si fa leggere il passo del Vangelo: «Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine». Al tramonto uno stormo di allodole incomincia a volteggiare sopra il povero tugurio nel quale Francesco è ricoverato, adagiato sulla nuda terra. Mentre i suoi fratelli cantano un Salmo, Francesco muore la notte fra il 3 e il 4 ottobre dell'anno 1226. Assisi è scossa da una commozione immensa. È morto il poverello, l'amico degli uomini, l'amico di Dio. Al suo funerale non si conta la gente accorsa da ogni dove. Lento il corteo sfila per le vie della sua Assisi e si ferma alla chiesa di San Damiano. Chiara, ammalata e portata a braccia, bacia piangendo le piaghe di Francesco. Ma quei baci sono solo un commosso e temporaneo distacco. Francesco e Chiara si sarebbero rivisti tra breve in cielo.
 
Sono passati quasi ottocento anni da allora.
La morte e il tempo non hanno cancellato il nome di Francesco.
Egli vive nel cuore dei suoi tre Ordini, sparsi per tutto il mondo.
Egli continua a ripetere il suo messaggio:
«Cercate Dio nella semplicità dei vostri cuori, nella bellezza della natura.
Servitelo nella penitenza, nell'umiltà, nella povertà e nella letizia».

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