21 Domenica del Tempo Ordinario 2018

21DomTOB2018La stupenda avventura del pane e del vino.
"Signore, tu hai parole di vita eterna" Gv 6,68.
 
Tutto era cominciato vicino al lago di Tiberiade, dalle parti della città di Betsaida, in una vallata lontana dai centri abitati. Per tutto il giorno, circondato da una grande folla, Gesù aveva parlato, aveva guarito i malati, aveva ascoltato i problemi di tutti. I cinquemila uomini, le donne e perfino i ragazzi non si erano nemmeno accorti che stava scendendo la sera. Ma quando Gesù aveva smesso di parlare, uno strano vociare si era diffuso tra la folla...
“Questa è fame!”, aveva sussurrato Pietro all’orecchio di Gesù. “li hai incantati con le tue parole, ma anche lo stomaco vuole la sua parte”. Gesù aveva sorriso divertito alla battuta di Pietro: “Forza, allora, cosa aspetti a dar da mangiare a questa gente?”. “Dar da mangiare a tutta ‘sta gente? Non vorrai mica scherzare vero? Sbrighiamoci invece a mandarli via in modo che facciano in tempo ad andare a comprare qualcosa!”. “No, Pietro, ci dobbiamo pensare noi. Filippo, dove possiamo comperare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. A questo punto, con tono scherzoso, era intervenuto Andrea, il fratello di Pietro: “C’è qui un ragazzo con cinque pani d’orzo e due pesci”. “Chiamate il ragazzo e fate sedere la gente sull’erba”. Pietro era corso a chiamare il ragazzo; aveva intuito che Gesù non scherzava e che sarebbe accaduto di lì a poco qualcosa di straordinario. Infatti Gesù, presi due pani sulle mani, dopo aver pronunciato come ogni buon padre di famiglia la preghiera che precedeva il pasto: “Lode a Te, eterno nostro Dio, re dell’universo, che trai il pane dalla terra”, aveva comandato: “Distribuite pane e pesci a tutti”!. E tutti si erano saziati. Tra la grande folla, la notizia del miracolo si era diffusa in un baleno e l’entusiasmo era tale che molti cominciavano ad urlare: “Questo sì che è un vero profeta! Facciamolo re!”. Ma Gesù se ne era già andato via.
 
Il giorno dopo la folla si era messa subito in ricerca. “Accidenti!” dicevano: “Questo Gesù era proprio quello che ci voleva! Parla bene, guarisce i malati e ci dà da mangiare gratis… Dobbiamo farlo re! Forza, troviamolo!”. Lo avevano trovato dalle parti di Cafarnao, sull’altra riva del lago. La folla, ancor più grande del giorno prima, si era disposta intorno a lui pronta ad ascoltarlo, sicura che, dopo il discorso, ci sarebbe stato un altro pranzo miracoloso. Gesù, con tono triste, aveva cominciato a parlare, ma le sue parole erano state una doccia fredda: “Voi mi cercate soltanto perché sperate che io vi dia da mangiare gratis. Ma io non vi darò altro da mangiare che me stesso, perché io sono il pane vivo disceso dal cielo, il pane vero”. Gli sguardi erano pieni di interrogativi. Sicuramente non avevano capito bene: “Silenzioooo, che sta ricominciando a parlare!”. Gesù stava ripetendo più forte: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. Quelli che erano corsi a Cafarnao, attratti dalle notizie del miracolo del giorno prima senza essere stati presenti di persona, erano furiosi. “Ci avete fatto venire a sentire un pazzo!”. E se ne erano andati. Altri non si volevano dare per vinti: “Aspettiamo ad andar via; adesso smetterà di scherzare e ci spiegherà il senso di questi discorsi”. Ma Gesù, più il gruppo degli ascoltatori si assottigliava, tanto più era duro e deciso: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda!”. Non c’era più alcun dubbio: era impazzito! E in pochi minuti se ne erano andati via tutti, anche quelli che lo seguivano da molto tempo. Soltanto i dodici erano rimasti là, muti e arrabbiati per la brutta figura, per la delusione. Pietro non voleva rassegnarsi e pensava tra sé: “Lo sapevo! Ormai Gesù lo conosco bene. Sono sicuro che si è messo a fare questo discorso strampalato per mettere alla prova la fede della gente. Adesso, come altre volte, ci chiama da parte e ci spiega il significato vero di ciò che intende dire”. Gesù si era avvicinato ai dodici che lo avevano accolto a testa bassa, in silenzio. Pietro, dopo un po’, si era fatto coraggio: “Hai visto? Se ne sono andati via tutti! Hai fatto un discorso molto duro. Forse si poteva…”. Ma Gesù aveva tagliato corto: “Volete andarvene anche voi?”. Pietro, dopo aver guardato fisso negli occhi dei suoi amici, aveva capito che gli era rimasta l’unica possibilità di giocare la carta della fede e, con un grande sospiro, aveva sussurrato: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!”. E i dodici erano rimasti con lui.
 
La sera dell’Ultima Cena, gli Apostoli non pensavano davvero al discorso del pane vivo. Invece Gesù, nel bel mezzo di quella cena così solenne e così antica, aveva preso il pane e aveva esclamato: “Questo è il corpo dato per voi”. E l’aveva dato loro da mangiare. Poi aveva preso il calice del vino e, prima di darlo loro da bere, aveva detto: “Questo è il mio sangue sparso per voi”. E quando tutti, meravigliati al massimo ed incapaci di fare domande, avevano mangiato il pane e bevuto il vino, con il tono solenne di chi consegna agli amici l’ultimo desiderio prima di morire, aveva comandato: “Fate questo in memoria di me”. La mente degli Apostoli era corsa sul lago di Galilea e il discorso del pane vivo era diventato chiarissimo. Come mai non lo avevano pensato prima? La vita di Gesù era stata come un pane dato da mangiare a tutti quelli che aveva incontrato. Si era spezzato per tutti, senza risparmiarsi mai. La sua presenza era stata come un vino generoso che rallegra il cuore degli uomini. Ora che stava per lasciarli, non ci potevano essere creature più adatte del pane e del vino per mantenere viva la sua presenza tra di loro. Gli Apostoli, da buoni ebrei, avevano capito benissimo il significato di quel “Fate questo in memoria di me”. Non si trattava semplicemente di ricordarlo, ma di “renderlo nuovamente presente”. Sì, anche se non capivano ancora bene come ciò si sarebbe realizzato, essi sentivano nel profondo che il pane e il vino avrebbero continuato la sua presenza reale tra di loro.
 
Poi era successo quel che era successo: la cattura, il tradimento, il processo, la morte in croce. Nel dramma e nel trambusto di quei giorni, gli apostoli, frastornati ed impauriti, avevano pensato soltanto a piangere il Maestro scomparso. Ma all’improvviso, la sera del primo giorno dopo il sabato, due discepoli in viaggio verso Emmaus, rassegnati a riprendere la vita normale e a liquidare l’avventura con Gesù come un bel sogno finito male, erano tornati a Gerusalemme correndo e avevano gridato di gioia: “Gesù è risorto! Lo abbiamo riconosciuto nel gesto dello spezzare il pane!”. Quel grido di gioia di due discepoli scampati allo sconforto, aveva dissipato ogni incertezza. Cos’altro erano quel “pane spezzato e quel vino donato”, se non il segno di tutta la vita di Gesù sacrificata per la salvezza dell’umanità fino al gesto del Monte Calvario, e lo strumento efficace della redenzione dell’umanità? Eccola la verità misteriosa e stupenda del discorso del lago e del gesto dell’Ultima Cena: Gesù aveva voluto racchiudere la sua vita in un sacramento perché tutti potessero attingere come ad una sorgente, mangiando quel pane e bevendo quel vino. Così il Signore manteneva la sua promessa: “Non vi lascerò mai soli. Ecco, io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Da quella sera, ogni domenica e ogni volta che si faceva forte il desiderio di incontrare Gesù, gli apostoli si riunivano per “spezzare il pane e bere allo stesso calice”. Così superavano i momenti tristi della nostalgia e le difficoltà che la scomparsa del Maestro avevano creato. Infatti, nutriti da quel pane e ristorati da quel vino, avevano affrontato senza paura le prime persecuzioni e avevano iniziato l’avventura per tutte le strade del mondo.
 
La Messa era subito diventata il centro della vita dei cristiani.
Nel 57 d.C., una ventina di anni dopo la morte di Gesù, Paolo ci fa sapere come la memoria del Signore nel pane e nel vino fosse celebrata da tutti i cristiani con una forma praticamente ormai stabilizzata, simile alla Messa attuale. Nel 304 d. C., nella città di Abitene (oggi Tunisia), 31 uomini e 18 donne vengono sorpresi dai soldati a celebrare l’Eucaristia nonostante il divieto dell’imperatore romano. “Perché avete disubbidito agli editti imperiali?” chiede il proconsole adirato. “Perché noi non possiamo vivere senza domenica, senza il giorno del Signore, senza l’Eucaristia” rispondono. E vengono tutti uccisi.
Da allora, per tanti secoli, il pane e il vino consacrati sono rimasti al centro della comunità dei cristiani, come mezzo eccezionale per incontrare realmente il Signore risorto.
 
E oggi?
Oggi sono cambiati i luoghi di riunione, sono cambiati i canti, è cambiata la lingua… ma il pane e il vino sono ancora al centro della vita dei cristiani, per consentire loro di incontrare il Signore, vero, amico, potente… come sulle rive del lago di Galilea e come sotto le arcate del Cenacolo di Gerusalemme. E così sarà per sempre, fino a che la storia dell’umanità sboccerà nella “vita che non finisce mai”. Allora il pane e il vino scompariranno perché, risorti come Lui, i nostri occhi e le nostre mani torneranno a vedere e a toccare Gesù.
 
Sia lodato Gesù Cristo.

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