20 Domenica del Tempo Ordinario 2018

20DomTOB2018L’Eucaristia è un pezzo di risurrezione.
"Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue
ha la vita eterna" Gv 6,54.

 
Siamo giunti all’ultima parte dell’insegnamento di Gesù sul Pane della Vita. Questa è la quarta domenica in cui siamo invitati a riflettere in profondità sul cap. 6 del Vangelo di Giovanni: domenica prossima l’Evangelista ci aiuterà a scoprire le reazioni della folla, dei giudei e degli stessi discepoli a questo lungo annuncio sul Pane della Vita, il Pane del cielo, il Pane che è il suo Corpo… ed oggi la sua carne e il suo sangue da mangiare e da bere. Gesù, senza mezzi termini, si è proclamato il Pane disceso dal Cielo. I Giudei hanno discusso con il Maestro di Nazareth, hanno contestato le sue affermazioni forti e dure, ma Gesù, invece di ammorbidire i toni e di scendere a qualche compromesso, ha continuato imperterrito nel suo insegnamento anzi, ha approfittato di ogni domanda per approfondire e chiarire sempre di più quello che voleva dire. E oggi la musica non cambia…
la chiave di violino per interpretare le note che Lui vuole suonare nel cuore degli uomini è sempre la stessa: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». E anche oggi i Giudei reagiscono in maniera forte e si pongono anche una domanda legittima e vera: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». A questo punto Gesù introduce la sua risposta con la tipica forma del Vangelo di Giovanni: «In verità, in verità vi dico», che attribuisce alle parole il carattere di una rivelazione solenne e decisiva.
 
In quasi tutte le civiltà il pasto è una realtà di portata religiosa.
La maggior parte delle religioni conoscono banchetti sacri.
Condividere la stessa mensa, mangiare in comune crea tra i convitati vincoli sacri cui sono associati gli dèi. Ma per Israele il banchetto sacro ha un significato particolare: è la celebrazione-ricordo di un evento storico. Rinnova l'alleanza divenendo memoriale delle meraviglie compiute da Dio per il suo popolo. Il banchetto pasquale richiama l'Esodo, l'evento per eccellenza che attualizza la salvezza nella «memoria» delle meraviglie di un tempo. I profeti poi aiuteranno il popolo a rendersi conto che «celebrare la Pasqua» non si identifica con la partecipazione materiale al banchetto, sia pure compiuto con il rito prescritto, ma che è necessaria la conversione del cuore, cioè la rinnovazione della propria fedeltà all'alleanza di Dio. 
Gesù, venuto ad instaurare una nuova alleanza, prepara il suo banchetto annunciando un nuovo pane: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo». Di fronte allo stupore e all'incredulità dei suoi ascoltatori afferma la necessità di mangiare il suo corpo e bere il suo sangue per avere la vita: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate...». 
 
L'Eucaristia preannunciata da Gesù nel discorso sul pane di vita, realizzata nell'Ultima Cena e attualizzata nella Messa, diventa per ogni comunità cristiana la sorgente di un nuovo modo di vivere; un pegno di speranza, pane di vita eterna, pane di immortalità. S. Ireneo diceva così: «I nostri corpi nutriti dall'Eucaristia non sono corruttibili, perché portano in se stessi la speranza della risurrezione eterna». In questa prospettiva la morte non è eliminata ma superata: «Io lo risusciterò nell'ultimo giorno». Questo brano è una delle letture scelte per la messa dei defunti. L'unione con Cristo per mezzo della fede e dei sacramenti esige la nostra partecipazione al mistero della sua morte che genera la pienezza della vita. L'episodio della lavanda dei  piedi, che nel Vangelo di Giovanni sostituisce il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia, indica chiaramente che un nesso stretto lega il pasto eucaristico con il sacrificio spirituale di obbedienza di Cristo fino alla morte di croce per amore di Dio e degli uomini.   «Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue vivrà in eterno e io lo risusciterò nell'ultimo giorno». È l'affermazione che spingerà la folla ad abbandonarlo e che, oggi chiede a noi di rinnovare la nostra fede.
 
Nell’Eucaristia non mangiamo il corpo di Gesù nato da Maria. Non potremmo. Quel corpo era legato al tempo e al luogo. Ora non c'è più. Ma mangiamo il suo corpo risorto, uscito dal sepolcro la mattina di Pasqua, vittorioso sulla morte. Questo corpo possiamo mangiarlo, perché è Dio. Quindi infinito, al di fuori del tempo e dello spazio, presente nella sua interezza in ogni frammento di pane e in ogni goccia di vino consacrati. L’Eucaristia è nutrirsi di Gesù Risorto; è un pezzo di risurrezione. È una cosa straordinaria. La messa non dà solo qualcosa di buono, di santo, di grande... La messa fa essere Gesù Risorto: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui». Non sono facili le parole di Gesù…
 
Ci aiuti Maria, una creatura come noi. È stata assunta in cielo, è sbocciata alla risurrezione, perché Gesù ha abitato in lei e lei in Lui. È la nostra speranza. Anche noi sbocceremo alla vita eterna, se, come Lei, crediamo nell'adempimento delle parole del Signore, tutte le sue parole, anche quelle difficili di oggi: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue vivrà in eterno».
 
Sia lodato Gesù Cristo.

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