19 Domenica del Tempo Ordinario 2018

19DomToB2018Fede e Sacramenti della Fede sono inseparabili.
"Io sono il Pane della Vita" Gv 6,35.

Siamo giunti al terzo momento del capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. È una prospettiva in crescere, e se guardiamo i singoli passaggi, possiamo comprendere la vitalità di ogni tappa. I segni della presenza di Dio per il suo popolo in cammino nel deserto sono in particolare due: il pane venuto dal cielo, la manna, e l'acqua scaturita dalla roccia. Sono anche i segni attraverso i quali Dio fa sentire la sua presenza al profeta Elia...

Nel cap. 6 di Giovanni è possibile distinguere una doppia prospettiva: quella degli ascoltatori diretti di Gesù, per i quali il discorso riguarda soprattutto la fede e l'accoglienza di Gesù, vero pane del Cielo, e quella dei contemporanei di Giovanni, per i quali il discorso di Gesù ha un trasparente significato eucaristico. Giovanni scrive dopo aver vissuto la prima esperienza delle comunità cristiane; quindi, dopo che l'abitudine di riunirsi per celebrare la cena eucaristica si era già stabilita fra i primi credenti. La sua prospettiva, perciò, è già il riflesso di una prassi sacramentale in uso; è chiaro allora che le parole e gli eventi dell'esistenza di Gesù sono letti con una ricchezza di prospettive che non erano possibili il giorno nel quale gli apostoli avevano sentito parlare per la prima volta di pane di vita. 
Il v. 35: «Io sono il pane della vita» ci fa pensare subito all'Eucaristia. Inoltre «il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo», con la sua profonda somiglianza alle parole di Luca: «Questo è il mio corpo che è dato per voi» e alla Prima Lettera ai Corinti: «Questo è il mio corpo, che è per voi...», ha tutta l'apparenza di essere la forma dell'istituzione eucaristica propria di Giovanni.

Nel suo racconto la fede in Gesù sta sempre in primo piano, ma è vista in rapporto ai segni attraverso i quali si rende visibile.
Fede e sacramenti della fede sono inseparabili. La fede esige il sacramento e il sacramento è incomprensibile al di fuori della fede. Al centro sta il tema della «vita»: il tema cioè della realizzazione piena dell'uomo. Cristo è venuto a realizzare questa vita: è la stessa vita del Padre suo, vita eterna, senza fine.  L'uomo la cerca ma non riesce a trovarla o la trova solo provvisoriamente e solo al momento riesce a saziare la sua fame. Cristo riesce a sfamare, perché «questo è il pane che discende dal  cielo». Chi ne mangia non muore.

L'esperienza del pasto familiare e la scoperta dei profondi significati che sono nascosti nelle espressioni e nei gesti quotidiani che la famiglia compie quando si siede a tavola, sono la strada più semplice e più valida per introdurre ad una comprensione ricca ed autentica dell'Eucaristia. Mangiare il pane di vita significa credere in Gesù, unirsi a Lui, per essere una sola cosa con Lui. Sotto i segni del pane e del vino condivisi, Gesù si rende presente a noi e ci da la possibilità di vivere in Lui, di comunicare, cioè, alla sua vita nello Spirito Santo. “Io sono il pane della vita”: il pane che nell’Eucaristia si fa suo corpo; il pane in grado di soddisfare le aspirazioni che albergano in noi e che solo Dio può soddisfare. Di questo Pane, la manna del deserto era solo una prefigurazione, un preannuncio. Noi viviamo di pane e di sogni, di pane e di bellezza, di pane e di amore, entrambi quotidiani, entrambi necessari per oggi e per domani. Gesù annuncia: io vi faccio vivere e posso colmare le profondità della vostra vita: sete di cielo, sete di infinito, sete di Dio.

Un’altra cosa che colpisce è la frase sulla vita eterna. Gesù pone il credere in Lui come fondamento della vita eterna. Quello che lascia senza fiato è il verbo: “Chi crede ha la vita eterna”. Attenzione! Non è una promessa per il futuro, ma per l’oggi, per il presente! Chi crede ha la vita eterna ora, adesso! È la fede che fa eterna la vita già adesso, perchè la riempie dell’eternità stessa di Dio, del suo Amore. Un amore a cui arrendersi. Un amore che si nutre con il Pane della vita, che è la vita stessa di Dio in noi. Credere in Dio significa essere immersi in qualcosa di più grande; è vivere l’esperienza di essere parte di un di più, di essere immersi in una corrente che ti porta da qualche parte; è sentirsi amati al di là del bene e del male di ogni giorno; è sentirsi degni di esistere perché Qualcuno ci vuole bene. Io ho bisogno di essere amato, di qualcuno che creda in me, di qualcuno che mi apprezzi, che mi dia valore e fiducia. Se non sono amato allora non sono nessuno, allora non valgo, allora che ci sia o che non ci sia è la stessa cosa. Allora vivere o morire non cambia poi così tanto. Io ho bisogno di qualcuno che mi dica: “Non aver paura”. Perché la vita passa, perché la vita non dura in eterno, perché i miei cari muoiono, perché lascerò i miei figli e chi amo, perché mi ridurrò a polvere, perché io non posso salvarmi da solo. Allora ho bisogno di sentire che mi posso fidare di Qualcuno, di percepire che non sarò lasciato solo, che non sarò dimenticato, che non finirà tutto. Ho bisogno di Qualcuno che mi dica: “Ci sono io, non aver paura. Tu sei nelle mie mani, non cadrai mai fuori del palmo delle mie mani”.

Ho bisogno di pane dal cielo, di pane vero, di pane che nutra il mio essere figlio di Dio. Il pane della terra nutre il corpo; solo il pane del cielo nutre l’anima.
Ecco l’Eucaristia di ogni domenica: com'è possibile che una comunità cristiana, munita solo di fragili segni sacramentali e di un libro come le Scritture, sia strumento di salvezza? Eppure è nascosto in questo mistero il cuore stesso della fede cristiana: l'infinito sceglie il finito per manifestarsi; la Parola che ha creato il mondo sceglie le parole umane per manifestarsi; Colui che crea ogni cosa si fa presente in un po' di pane e in un po' di vino; il Signore del cielo e della terra si rende presente là dove due o tre persone si radunano nel suo nome. Un pane vivo disceso dal cielo! Il Padre ha presentato all'umanità non solo un pane disceso dal cielo, ma un pane fatto di cielo. Cioè non solo un pane preparato dalle sue mani, ma impastato della Sua stessa vita, cotto al fuoco del Suo amore e servito ancora fragrante sulla tavola di tutti. Allora, chi mangia di questo pane, si nutre della vita divina, mangia il suo Amore e diventa Amore. E poiché l'Amore di Dio ha la caratteristica dell'eternità, chi si nutre di Lui si nutre di eternità. Solo chi ha subito il fascino dell'Amore del Padre e si nutre della sua Vita comincia, da subito, qui e ora, a vivere di eternità.

Sia lodato Gesù Cristo.

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