5 Domenica di Pasqua 2018

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Io sono la vite, voi siete i tralci.   Gv 15,5
Il Vangelo è il Libro della Vita, ma anche della… vite.
 
Se vogliamo sentire fluire in noi la sua vita dobbiamo rimanere nella vite: "Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla". È solo rimanendo in Lui che si porta frutto! Staccati da Lui possiamo anche fare cose portentose e avere successi strepitosi, ma siamo come il ramo secco che viene buttato via e poi bruciato nel fuoco...
5DomPasquaBIo sono la vite, voi siete i tralci.   Gv 15,5
Il Vangelo è il grande Libro della Vita, ma anche della… vite.
 
Se vogliamo sentire fluire in noi la sua vita dobbiamo rimanere nella vite: "Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla". È solo rimanendo in Lui che si porta frutto! Staccati da Lui possiamo anche fare cose portentose e avere successi strepitosi, ma siamo come il ramo secco che viene buttato via e poi bruciato nel fuoco...
Gesù ha portato il massimo frutto quando ha accettato di morire sulla Croce. E l'ha fatto quando aveva un successo strepitoso: le folle andavano con Lui, guariva i malati, risuscitava i morti e avrebbe potuto conquistare il mondo intero, ma ha preferito aderire alla volontà del Padre e al suo insondabile progetto. Volontà dalla quale è scaturita la salvezza per tutti: tutti se lo vogliono sono salvi, nessuno escluso! È dunque nell'unione alla volontà di Dio che si porta il massimo frutto, si è veramente uniti a Lui perché in Dio tutto è armonia. Se facciamo la sua volontà siamo veramente uniti a Lui e siamo il tralcio che porta frutto. E poi, il Vangelo conclude con una promessa, diretta conseguenza del rimanere in Lui: "Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato". Che meraviglia: “Chiedete quel che volete!”. Qui, chiaramente non c'è più bisogno di precisare che sia fatta la sua volontà perché se rimaniamo in Lui, non possiamo volere altro che quel che Lui vuole: c'è la perfetta unione di volontà fra me e Lui. 
 
Bella questa immagine della vite e dei tralci per parlare del legame dei discepoli con Gesù. Forse è un’immagine che mi piace perché appartiene anche alla mia esperienza giovanile. Sono andato per alcuni anni anch’io a raccogliere l’uva per aiutare con un po’ di soldi i miei genitori. La bellezza di questa immagine di Gesù forse sta proprio nella sua estrema concretezza che obbliga a interrogare la vita vera. 
 
Oggi, nella splendida parabola della vigna, Gesù ci suggerisce tre atteggiamenti. 
 
Affinché la vite porti frutto occorre potarla.
Nel Seminario di Verona dove ho studiato c’era un cortile con delle piante che stavano tra una macchina e l’altra e che davano un po’ di sano colore verde al grigiore del parcheggio. Mi ricordo che un giorno venne un uomo incaricato di prendersi cura degli alberi. Lui si mise all’opera mentre io con altri amici seminaristi osservavamo dalle finestre delle nostre stanze. Lo battezzammo subito “il potatore pazzo”, perché nello sfoltire i rami delle piante ci sembrava calcasse troppo la mano. Alla fine dell’opera gli alberi che crescevano nel cortile erano tutti ridotti a mozziconi di rami piantati sul fusto centrale. La mia impressione era che avesse davvero esagerato, e che le piante così ridotte erano condannate a morire. Ma mi sbagliavo di grosso. Le piante crebbero e si irrobustirono di altri nuovi rami e così tutti noi capimmo che quella profonda potatura del potatore pazzo era stata necessaria e dettata da una volontà di far vivere la pianta e non di farla morire. Il tagliare è quindi diverso dal potare, e se il primo è sempre una violenza che genera morte, il potare invece è pur un’azione difficile molto simile alla prima, ma porta all’effetto contrario, cioè alla vita e a maggiori frutti. Il tralcio della vite, potato nel punto giusto, concentra tutte le sue energie nel futuro grappolo d'uva. Ma il tralcio non capisce cosa sta succedendo, mentre la lama lo taglia, facendolo soffrire. La vita ci pota in abbondanza: delusioni, fatiche, malattie, periodi giù; è inevitabile e lo sappiamo anche se ci ribelliamo, fuggiamo il dolore e la correzione. L'uomo non accetta la fatica e il fallimento nel nostro essere finiti, limitati, segno questo della sua natura immortale che lo spinge ad andare oltre. Come viviamo le potature della vita? Il Signore ci invita a viverle nel positivo, come occasione, come possibilità. Certo, ora lo dico a me e a voi, ma ne sono perplesso: quante domande del cuore devo mettere da parte, quanta pazienza esercitare, quanto accettare per non scoraggiarmi e magari prendermela con Dio! Eppure, è un tragitto obbligato: l'accettazione serena, mai rassegnata, delle contraddizioni della vita concentra la linfa vitale della mia vita in luoghi e situazioni inattesi e con risultati - credetemi - davvero sorprendenti. 
Cosa vuole Dio da me, da noi? Il rapporto con Dio è un legame profondo che non mai è statico e fissato per sempre. Infatti Gesù usa l’immagine di una pianta che cresce, e che in questa progressione vitale ha bisogno di esser curata, in modo che il frutto che può dare non venga a mancare per mancanza della giusta attenzione. Ecco dunque la necessità della potatura, che se talvolta è dolorosa e difficile da spiegare è comunque salutare per la pianta. Dio è un “potatore pazzo” che si prende cura di me e del mio legame con Lui. Quando leggo il Vangelo e quando mi confronto con gli altri fratelli di fede mi accorgo che ci sono tagli, anzi è meglio dire potature, che devo fare perché il mio legame con Dio non si secchi e quindi si perda. 

 
La linfa che alimenta la nostra vita è la presenza di Gesù
Nient'altro ci può dare forza, serenità, luce, gioia e pace nel cuore. Solo restando ancorati a lui possiamo portare frutti, crescere, fiorire. Senza di lui, niente. Orientiamo con forza e continuamente, la nostra strada verso il Vangelo. Gesù ci chiede di dimorare, di rimanere, di stare. Non come frequentatori casuali, ma come assidui frequentatori della sua Parola. Gesù ci chiede di dimorare in lui. Dimora, fratello e sorella, non andare ad abitare altrove, resta qui accanto al Maestro. Dimora: nel più profondo del tuo cuore lascia che il silenzio ti faccia raggiungere dall'immensa tenerezza di Dio. “Senza di me non potete fare nulla” dice Gesù. Cerchi la gioia? Cercala in Dio, vivila in Lui, stagli unito, incollato, come il tralcio alla vite. La linfa vitale proviene da Lui e da Lui solo. I cercatori di Dio che si sono fatti discepoli del Maestro non hanno il futuro assicurato, né la loro vita è esente da fragilità e peccato, né vengono risparmiati dalle prove che la vita ci presenta. I discepoli del Signore hanno capito che la vita è fatta per imparare ad amare e prendono Lui come modello e fonte dell'amore. 
E dimorano. 

 
 
Dio è contento se portiamo frutti. 
Come un papà è orgoglioso per il proprio bambino, così Dio con me. Gesù ribalta la nostra visione di Dio: Dio non ci toglie la libertà. Dio vuole che cresciamo, che fioriamo, che portiamo frutti. Frutti d'amore che maturiamo diventando discepoli. La linfa dell'amore sgorga potente nel cuore di Barnaba, il figlio della consolazione. Figura di spicco della prima comunità, manifesta l'amore andando a soccorrere il neoconvertito Saulo. Tutti lo temono, non si fidano dell'ex-persecutore convertito. Paolo è a metà del guado, ha conosciuto il Signore, ma la comunità dei discepoli lo evita. Barnaba lo prende sotto le sue ali, sarà lui a diventare il volto dell'amore di Dio, per Saulo. Noi, discepoli del Risorto, potati dalla vita, se dimoriamo nel Signore, porteremo frutti di consolazione e di benedizione per i fratelli che vedremo. 
Siamo noi il volto di Dio per chi incontreremo.Portare frutto! Come fare? Ce lo dice la seconda Lettura: "Figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità; da questo conosceremo che siamo nella verità".
 
Un proverbio indiano dice pressappoco così: "Ciò che fai grida così forte che mi impedisce di udire ciò che dici".
Fatti ci vogliono! E Gesù lo ribadisce con forza: "Non chi dice Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
E questi frutti di vita segnalano che il mio legame con la pianta principale, che è Gesù, non è interrotto ma è vivo.

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