Santa Pasqua 2018

Exultet2Exultet iam angelica turba cælorum. 
Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste.
 
Il titolo dell’omelia di questo giorno solenne di Pasqua lo racchiudiamo in una sola parola: Exultet. L'Exultet è un canto liturgico che viene cantato la notte di Pasqua nella solenne Veglia Pasquale, da un diacono o da un cantore. Nel canto si proclama la vittoria della luce sulle tenebre, con il simbolo del cero pasquale che viene acceso, ed annuncia la Risurrezione di Cristo e il cantore invita tutta l'assemblea a gioire per il compiersi della profezia del Mistero Pasquale, ripercorrendo nel canto i prodigi della storia della salvezza. Dal punto di vista stilistico si tratta di un preconio, ovvero, secondo l’etimologia latina di praeconium - da praeco -onis, «banditore» -, di un testo poetico di annuncio o lode solenne. Per questo motivo viene chiamato anche preconio pasquale - praeconium paschale - o laus cerei – lode al cero. "Exultet" non è altro che la parola iniziale del testo liturgico, che, proprio per la sua specificità collegata alla Risurrezione di Cristo, viene individuato e ricordato proprio con il suo verbo iniziale che invita i fedeli tutti ad esultare per il compimento del Mistero Pasquale. Nella stesura del testo è molto enfatizzata la "E" iniziale, maiuscola, tra i cui "bracci" è spesso scritto il resto della parola. L'Exultet veniva scritto su un lungo rotolo di pergamena che il diacono-cantore faceva scorrere giù dal pulpito mentre ne narrava il contenuto...
 
 
Alleluia! È questo il grido pasquale che risuona oggi.
Ogni uomo e ogni donna di ogni tempo e di ogni luogo sia raggiunto da questa notizia di gioia, la notizia della Pasqua: Cristo è davvero risorto!.
La destra del Signore si è alzata, la destra del Signore ha fatto meraviglie… questo è il giorno di Cristo Signore! Cristo è davvero risorto!
Annuncialo, fratello e sorella, quando fra poco uscirai da questa chiesa.
Lo annuncino le campane di Pasqua di ogni chiesa in tutto il mondo, i canti della liturgia, la preghiera di gioia.
Questo titolo appaia su tutte le prime pagine dei giornali, lo annuncino tutte le TV e le radio nei loro notiziari.
Le agenzie di stampa battano in tempo reale la fantastica notizia, il mondo di internet e dei computer faccia rimbalzare questa notizia in tutti i cinque continenti della terra… Questa notizia arrivi al cuore di ogni uomo di buona volontà: Cristo è davvero risorto!
 
Il titolo dell’omelia di questo giorno solenne di Pasqua lo racchiudiamo in una sola parola: Exultet.
L'Exultet è un canto liturgico che viene cantato la notte di Pasqua nella solenne Veglia Pasquale, da un diacono o da un cantore. Nel canto si proclama la vittoria della luce sulle tenebre, con il simbolo del cero pasquale che viene acceso, ed annuncia la Risurrezione di Cristo e il cantore invita tutta l'assemblea a gioire per il compiersi della profezia del Mistero Pasquale, ripercorrendo nel canto i prodigi della storia della salvezza. Dal punto di vista stilistico si tratta di un preconio, ovvero, secondo l’etimologia latina di praeconium - da praeco -onis, «banditore» -, di un testo poetico di annuncio o lode solenne. Per questo motivo viene chiamato anche preconio pasquale - praeconium paschale - o laus cerei – lode al cero. Si conoscono numerose versioni, sia testuali che musicali. Se ne hanno testimonianze sin dalla fine del IV secolo, benché il testo si sia consolidato e uniformato nell'attuale versione solo nella seconda metà del XII secolo da Papa Innocenzo III.
Il manoscritto è composto di due parti, una scritta, letta dal celebrante o dal chierico, ed una illustrata con figure simboliche, disposte al contrario per poter essere seguite dai fedeli durante la lettura.
"Exultet" non è altro che la parola iniziale del testo liturgico, che, proprio per la sua specificità collegata alla Risurrezione di Cristo, viene individuato e ricordato proprio con il suo verbo iniziale che invita i fedeli tutti ad esultare per il compimento del Mistero Pasquale. Nella stesura del testo è molto enfatizzata la "E" iniziale, maiuscola, tra i cui "bracci" è spesso scritto il resto della parola.
L'Exultet veniva scritto su un lungo rotolo di pergamena che il diacono-cantore faceva scorrere giù dal pulpito mentre ne narrava il contenuto. La caratteristica di questo strumento sta nel fatto che il testo è scritto nel senso di lettura del cantore, mentre le miniature sono incise (e poi dipinte), sullo stesso lato del rotolo, ma nel verso opposto a quello della parte scritta. In tal modo, mentre la pergamena veniva fatta scorrere giù dal pulpito, anche i fedeli che non conoscevano il latino colto potevano seguire la storia vedendo le illustrazioni, quasi l'Exultet fosse come un moderno fumetto, se non addirittura un modello dei cartoni animati, solo che li ha anticipati di oltre mille anni. Altra caratteristica che si rileva in alcuni Exultet, come quelli che si custodiscono a Bari, è quella di riportare, tra le righe del testo, annotazioni relative alla musica che il declamante deve eseguire nel corso della celebrazione. Di questi rotoli ne esistono in tutto nel mondo oltre 30, ma solo 28 di questi sono da definirsi propriamente Exultet, in quanto iniziano con questa parola e descrivono la liturgia che si celebra durante la Veglia Pasquale.
 
La notte di Pasqua è il cuore dell’anno liturgico. Una lunga fila di fedeli preceduta dal diacono, che porta il cero pasquale, entra nella chiesa buia e annuncia per tre volte: “Lumen Christi” e l’assemblea all’unisono risponde: “Deo gratias”. E poi, in mezzo al coro, prorompe il Præconium Paschale:

Exultet iam angelica turba cælorum.
Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste.
Eccoci davanti a noi uno dei più antichi monumenti della preghiera liturgica della Chiesa. Forse non esiste altro esempio di un discorso teologico così esatto, sostenuto da un’onda così alta e potente di poesia, dove l’immagine e l’idea siano così perfettamente legate alla corrente di gioia e d’amore che il canto eleva. Teologia, poesia, musica sono allora una sola cosa al servizio della preghiera e dei sacramenti. Ignoriamo l’origine esatta di questo pezzo magistrale chiamato laus cerei o præconium paschale, espressione che bisognerebbe tradurre con canto o «elogio dell’araldo pasquale», ma che dev’essere ascoltato ed eseguito nel suo tenore originale, il latino dei Padri, che è una lingua decisa, fruttata, dalle cadenze nobili e armoniose. L’antica liturgia romana non conosceva, in origine, né il rito di benedizione del fuoco nuovo, né il canto dell’Exultet. La prima parte della vigilia pasquale è stata introdotta a Roma all’inizio del periodo carolingio. Sappiamo che i nostri avi avevano un cuore esuberante e gioioso; la natura, che li aveva dotati di un coraggio leggendario, li portava anche a meravigliarsi davanti a cose sacre, a ciò che è dono di Dio. Possiamo vedervi un sorriso della Provvidenza. Tra le composizioni assai difformi create tra il IV e il V secolo, è sorprendente che la liturgia abbia scelto e fissato il nostro Exultet. Il nostro testo, da datare probabilmente al V secolo, è stato attribuito a S. Agostino. È sotto il suo nome che figura nel Missale Gothicum: «Benedizione del cero del beato Agostino, vescovo, che compose e cantò quando era ancora diacono». Certamente la teologia agostiniana ne ispira il tenore essenziale: l’universo della Redenzione è migliore di quello che era nello stato dell’innocenza. «O certe necessarium Adæ peccatum!» Davvero era necessario il peccato di Adamo». Dal punto di vista musicale, la difficoltà consisteva nel trovare un supporto melodico per questa lunga effusione, dove si mescolano figure e simboli biblici frammisti ad esclamazioni. Il recitativo di base fu preso a prestito dal tono solenne del prefazio. Bisognava permettere l’audacia proveniente dal libero giubilo dell’anima rispettando altresì la sobrietà dello stile romano. Il risultato è un equilibrato capolavoro di esattezza e pienezza. Non possiamo fare un commento metodico di ogni frase del Præconium paschale, perché non si spiega il mistero, non si spiega la poesia; anche perché le grandi affermazioni della teologia scolastica sono di una tale esattezza e densità che il commento non porta nessuna altra luce. Ma possiamo sottolineare una parola, una frase, suggerire una pista per la meditazione.
La prima parola, Exultet, dà il tono a tutto il brano. Esulti, che ha come radice saltus, il salto. Ma sappiamo bene cosa significhi esultare? La Chiesa, lei, lo sa. Maria di Nazareth lo sa. Sapevano esultare i Santi rapiti in estasi, i Santi che dovevano subire una prova, che sovrabbondavano di gioia, come San Paolo in mezzo alle tribolazioni. Esultare è gioire non a causa del bene che si trova in sé stessi, ma a causa del bene che risiede nell’anima. La gioia della Sposa del Cristo è una gioia che non è della terra, ci attira verso l’alto, là in alto, nel cielo, dove sono le vere gioie, «ubi vera sunt gaudia», come si dice in una splendida colletta. La santa liturgia è una scuola di gioia e di ammirazione. Quando ci dice «sursum corda», ci insegna l’estasi. Il Præconium paschale non è che un lungo trasporto dell’anima in estasi davanti al mistero della sua liberazione.
 
Exultet iam angelica turba cælorum.
Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste.
La vita cristiana si svolge in presenza degli angeli. Sono sulle prime logge del Theatrum mundi; è normale che siano i primi a rallegrarsi a causa della gloria che si effonde sulla santa umanità del Cristo risuscitato e del bene che ne ricevono la vita della Chiesa e la vita delle anime di cui sono custodi.
 
Gaudeat et tellus tantis irradiata fulgoribus.
Gioisca la terra inondata da così grande splendore.
Che gioisca anch’essa, la terra, irradiata da una luce che la rinnova e la penetra sino in fondo e completamente! È il primo abbozzo della sua trasfigurazione.
 
Hæc nox est.
Questa è la notte.
Undici volte nel corso dell’Exultet, sarà evocata la notte, ricordando le opere di Dio che sono state realizzate nella profezia della notte di Pasqua (ricordo della fuga in Egitto, della colonna di luce che guidava gli Israeliti), o designando la notte santa che fu testimone del mistero. Questo incanto della notte ripreso con insistenza è molto più di un procedimento letterario. È una proposizione cattolica fondamentale per affermare che la creazione è non un quadro inerte, ma un’esecutrice scelta dei disegni di Dio. Osservate l’uso che la Chiesa fa delle cose create nei suoi sacramenti e nella liturgia: l’acqua, il pane, il sale, il vino e l’olio, la pietra, l’oro e l’argento, la seta e la luce. Guardate anche come Dio si serva degli elementi per manifestare la sua presenza nella Bibbia: il vento, il tuono e i lampi, i terremoti, i sogni notturni. La Bibbia è un immenso poema cosmico e la tradizione liturgica non ha fatto che ereditare questa potente ispirazione quando ci parla della notte, non più come espressione del caos iniziale, ma come una complice dei disegni di Dio e una collaboratrice amichevole della sua Provvidenza.
 
Le grandi esclamazioni: «O immensità del tuo amore per noi!».
Al centro del brano, quattro grandi esclamazioni precedute dal vocativo «O» formano, attraverso la potenza e l’audacia, un apice luminoso che supera ogni commento.
 
Poi il diacono riprende l’elogio della notte pasquale: Hæc nox est… «Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno, e sarà fonte di luce per la mia delizia. Il santo mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace». Il Præconium paschale si conclude con un parallelismo sul cero inciso, intarsiato di grani d’incenso e posto in mezzo al coro della chiesa, immagine del Cristo risuscitato, e la stella del mattino che annuncia il giorno. Segue una preghiera in favore del clero, dei fedeli, del Papa e del Vescovo, con la clausola finale Per eundem Dominum nostrum Iesum Christum Filium tuum… cantata con voce forte, maestosa, allargando un po’ il ritmo, alla quale risponde l’Amen dell’assemblea.
 
Il diacono tace, senza fiato, certamente per il lungo recitativo declamato con voce alta e virile; il cuore batte forte, se è il suo primo Præconium, ma interiormente illuminato dalle sublimi parole che sono salite alle sue labbra. Depone gli ornamenti bianchi e riprende la stola violacea. Sul pulpito, il libro delle profezie è aperto e ascoltiamo sotto una nuova luce il lettore evocare le prime età del mondo.
 
Esultiamo, allora, fratelli e sorelle, perché Cristo è Risorto, è veramente Risorto.
Auguro a tutti voi una Buona Pasqua vi auguro con tutto il mio cuore di rinascere.
Buona rinascita in Cristo Vivo e Risorto, buona vita dunque ad ognuno di voi con l'augurio di trovare l'entusiasmo di affrontare ogni nuovo giorno con serenità e di viverlo con la certezza e con la consapevolezza di essere unici e meravigliosi!

Sia lodato Gesù Cristo.

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