Domenica delle Palme 2018

Palme2018"Osanna nel più alto dei cieli!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" Mc 11,9-10.

 
Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Betfage e Betania, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: "Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: "Perchè fate questo?", rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito". Andarono e trovarono un puledro legato vicino ad una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: "Perchè slegate questo puledro?". Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!".

Dio onnipotente ed eterno,
benedici questi rami di ulivo,
e concedi a noi tuoi fedeli,
che accompagnamo esultanti il Cristo,
nostro Re e Signore,
di giungere con lui alla Gerusalemme del cielo.

Il racconto della Passione del Signore non è da commentare – chi può avere la presunzione di aggiungere parole a questa Parola? – ma da ascoltare e meditare. È il racconto con il quale Gesù veniva annunciato prima che fossero scritti i Vangeli: chi rimaneva colpito chiedeva di conoscere di più; chi scuoteva la testa, se ne andava. Quest’anno ce la racconta Marco: il più vicino ai fatti e il più incline ai fatti senza commenti. Ascoltiamolo con profondo silenzio interiore, seguendo Gesù che, da quando Giuda decide di tradirlo, recandosi dai sommi sacerdoti per concordare il prezzo, rimane sempre più solo, subendo un abbandono dietro l'altro. Gli apostoli, invece di fargli compagnia, dormono e scappano all’arrivo dei soldati. I sacerdoti degli ebrei, con un processo truccato, lo condannano e lo consegnano al governatore romano. Pietro lo rinnega. La folla gli preferisce un assassino. Pilato, come un vigliacco, lo consegna in mano ai carnefici. E, alla fine, l'abbandono più misterioso e straziante, quello del Padre: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".Siamo coinvolti in qualcuno di questi abbandoni? Quanto in noi c'è del centurione, che proprio quando l'uomo che gli sta davanti è allo stremo di ogni risorsa umana, proclama quello che era stato proibito a tutti di gridare: «Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!»? Il racconto della Passione del Signore ci chiama a verificare se la nostra fede è quella del discepolo, cioè di camminare con lui e come lui, oppure se è pratica religiosa che non tocca il cuore, come quelle dei farisei, o volatile come quella della folla che la domenica lo osanna e al venerdì gli preferisce Barabba. Accogliamo dentro di noi questa storia della nostra salvezza. Lasciamola parlare al nostro silenzio. Non rimarrà senza effetti.
 
Cosa c’era nel cuore della gente, di Maria, di Pietro e dei discepoli, di Giuda?
Cosa c’era nel cuore di Pilato, dei soldati romani, del centurione che lo aveva proclamato Figlio di Dio?
Cosa c’era nel cuore dei sommi sacerdoti e degli scribi che lo avevano condannato a morte?
Lascio andare la mia riflessione, ma le parole mi sembrano povere per esprimere i sentimenti che c’erano a Gerusalemme quel giorno,
soprattutto i sentimenti del cuore.
Cosa c’è nel nostro cuore oggi, un altro racconto della Passione, un’altra morte, un altro giorno di dolore e sofferenza?
Forse nel nostro cuore, oggi come allora, ci sono sì tanti interrogativi e tante domande, forse c’è anche tanto dolore e tanta sofferenza...
ma nel nostro cuore c’è anche una immensa certezza: il Figlio di Dio fatto uomo vive e vince la morte!
La croce è il segno dell’amore di Cristo, morto per noi, ma oggi presente nella nostra vita come il Risorto.
Un Dio uomo che ha fatto sue le nostre sofferenze, le nostre paure e quelle del mondo intero, aprendo il nostro cuore ad una nuova speranza.
Il dolore, oggi come allora, rimane mistero, fatica a comprendere, a capire... ma non è più disperazione.
Facciamo nostro, per alcuni istanti, il silenzio del Golgota di quel giorno:
il silenzio è fede,
il silenzio è adesione,
il silenzio è ascolto,
il silenzio è parola,
il silenzio è dialogo,
il silenzio è risposta,
il silenzio è dire di sì al progetto del Padre,
il silenzio è forza,
il silenzio è saper leggere i segni dei tempi,
il silenzio è serenità,
il silenzio è sofferenza,
il silenzio è interiorità,
il silenzio è amore,
il silenzio è gioia,
il silenzio è saggezza,
il silenzio è apertura al mistero e al segreto del cuore,
il silenzio è vita.
Il silenzio è adorazione, quando abbracci la croce senza chiedere perché.
Il silenzio sei Tu, Signore, che muori ogni giorno per me e per tutti noi.
Il silenzio è trepidazione e attesa.
Il silenzio è voglia di lasciarci oggi per ritrovarci presto, molto presto,
e poter cantare finalmente l’alleluia tanto atteso della risurrezione,
nella notte della luce e della vita, nella notte della Pasqua.
 
Sia lodato Gesù Cristo.

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