4 Domenica di Quaresima 2018
"Trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina" - Ef 4,14
La dittatura del relativismo.
Nel suo romanzo futuristico del 1932 “Il mondo nuovo”, lo scrittore britannico Aldous Huxley aveva predetto la falsificazione come momento caratterizzante la modernità. Nella falsa realtà con la sua falsa verità – o addirittura l’assenza di verità – alla fine nulla più è importante. Non c’è verità, non esiste alcun punto di vista. In un certo senso si può negoziare su tutto.
"In balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina" - Ef 4,14
La dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo.
Nel suo romanzo futuristico del 1932 “Il mondo nuovo”, lo scrittore britannico Aldous Huxley aveva predetto la falsificazione come momento caratterizzante la modernità. Nella falsa realtà con la sua falsa verità – o addirittura l’assenza di verità – alla fine nulla più è importante. Non c’è verità, non esiste alcun punto di vista. In effetti ormai la verità è considerata un concetto così soggettivo che non è più possibile ravvisarvi un metro di giudizio universalmente valido. Sembra non esistere più la distinzione tra l’autentico e la falsificazione. In un certo senso si può negoziare su tutto. È questo il relativismo dal quale Lei, con tanta insistenza, ha messo in guardia? Questa è una delle domande che il giornalista scrittore Peter Seewald pone a Benedetto XVI nel libro “Luce del Mondo”. Io vorrei provare a rispondere con due grandi discorsi che l’allora Cardinal Ratzinger ha pronunciato in occasioni molto lontane una dall’altra… ma con parole profonde e soprattutto con valori e significati molto simili.
Siamo nell’anno 1969, quindi quasi 50 anni fa.
Siamo al termine di un ciclo di lezioni alla radio che l’allora professore di teologia svolge in un momento decisivo della sua vita e della vita della Chiesa. Sono gli anni turbolenti della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, delle dispute sul Concilio Vaticano II da poco concluso. Ratzinger, uno dei protagonisti del Concilio, aveva lasciato la turbolenta università di Tubinga e si era rifugiato nella più serena Ratisbona. In cinque discorsi radiofonici poco conosciuti, il futuro Papa traccia la sua visione sul futuro dell’uomo e della Chiesa. È soprattutto l’ultima lezione, letta il giorno di Natale, ad assumere i toni della profezia.
PROFEZIA DI JOSEPH RATZINGER SULLA CHIESA. - 1969
Il futuro della Chiesa può venire e anche oggi verrà solo dalla forza di coloro, che hanno profonde radici e vivono con pienezza pura la loro fede. Esso non verrà da coloro che di volta in volta si adeguano al momento che passa. Esso non verrà da coloro che criticano soltanto gli altri, ma che ritengono se stessi una misura infallibile. E neppure verrà da coloro che scelgono solo il cammino più comodo, che evitano la passione della fede e che dichiarano falso e sorpassato, tirannia e legalismo tutto ciò che impone sacrifici all’uomo e lo obbliga ad abbandonare se stesso. Anche questa volta, come sempre, il futuro della Chiesa verrà fuori dai nuovi Santi. Da uomini, che sanno vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi. L’altruismo, che rende libero l’uomo, si acquista solo nella pazienza delle piccole rinunce quotidiane a se stessi. L’uomo vede solo nella misura in cui ha amato e sofferto. Se oggi ci è difficile percepire ancora Dio, questo dipende dal fatto che ci è diventato troppo facile evitare noi stessi e fuggire davanti alla profondità della nostra esistenza nello stordimento di una qualsiasi comodità. Se è vero che si vede bene solo con il cuore… come siamo ciechi noi tutti! Le grandi parole di quelli che ci profetizzano una Chiesa senza Dio e senza fede, sono vuota chiacchiera. Una chiesa che celebra il culto in preghiere politiche, non ci serve. È del tutto superflua. E per questo tramonterà da sé.
Rimaniamo la Chiesa di Gesù Cristo, la Chiesa, che crede in Dio che si è fatto uomo e che ci promette la vita oltre la morte.
Parimenti il prete, che sia soltanto un funzionario sociale, può essere sostituito da psicoterapeuti e da altri specialisti. Ma sarà ancora necessario il prete, che non è specialista, che non tiene se stesso fuori gioco, quando per ragioni d’ufficio dà consigli, ma che in nome di Dio si mette a disposizione degli uomini e per essi è nella loro tristezza, nella loro gioia, nella loro speranza e nella loro angoscia. Anche questa volta dalla crisi di oggi verrà fuori domani una chiesa, che avrà perduto molto. Essa diventerà più piccola, dovrà ricominciare tutto da capo. Non potrà più riempire gli edifici, che aveva eretto nel periodo della congiuntura alta. Oltre che perdere degli aderenti numericamente, perderà anche molti dei suoi privilegi nella società. Si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come la comunità della libera volontà, cui si può accedere solo per il tramite di una decisione. Come piccola comunità solleciterà molto più fortemente l’iniziativa dei suoi membri. Sarà indispensabile la figura del prete, che esercita il ministero come lo ha fatto finora. Ma, nonostante tutti questi cambiamenti la chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio uno e trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, con la forza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Essa riconoscerà di nuovo nella fede e nella preghiera il suo centro e sperimenterà di nuovo i Sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Farà questo con fatica. Il processo le costerà anche talune buone forze. La farà diventare una chiesa dei piccoli. Si può prevedere che tutto questo richiederà del tempo. Il processo sarà lungo e faticoso.
Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà dalla chiesa una grande forza. Gli uomini saranno indicibilmente solitari. Essi sperimenteranno, quando Dio sarà per loro interamente sparito, la loro totale e spaventosa povertà. Scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo. Come una speranza, che li riguarda, come una risposta a domande, ch’essi da sempre di nascosto si sono poste. A me sembra certo che si stanno preparando per la chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: la chiesa della fede. Certo, essa non sarà mai più la forza dominante della società, nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà agli uomini come la patria, che ad essi dà vita e speranza oltre la morte.
Joseph Ratzinger, 1969.
Ed ora facciamo un grande salto nel tempo.
Il 18 aprile 2005, il giorno prima che inizi il Conclave… nella Santa Messa Pro Eligendo Pontifice, ecco altre parole profonde e illuminanti. Dopo tre giorni il Cardinale Joseph Ratxinger, Decano del Sacro Collegio, verrà eletto Papa.
MISSA PRO ELIGENDO PONTIFICE – 18 APRILE 2005.
La “misura della pienezza di Cristo” è ciò a cui siamo chiamati ad arrivare per essere realmente adulti nella fede. Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede. E in che cosa consiste l’essere fanciulli nella fede? Risponde Paolo nella Lettera agli Efesini: “significa essere “sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…” Ef 4, 14. Una descrizione molto attuale! Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore cf Ef 4,14.
Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.
Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. Adulta non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. È quest’amicizia che ci apre a ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede dobbiamo maturare. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come “un cembalo che tintinna” 1Cor 13,1. E dobbiamo portare un frutto che rimanga. Tutti gli uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno. Dopo un certo tempo, più o meno lungo, tutte queste cose scompaiono. L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità. Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane – l’amore e il gesto capace di toccare il cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Allora andiamo e preghiamo il Signore, perché ci aiuti a portare frutto, un frutto che rimane. Solo così la terra viene cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio.
Joseph Ratzinger, Decano del Sacro Collegio.
Sia lodato Gesù Cristo.