XX del Tempo Ordinario 20 Agosto 2017
La donna che incontriamo non è ricordata con il suo nome, ma solo con la descrizione della sua origine: una Cananea, secondo il Vangelo di Matteo; una Sirofenicia, secondo Marco. Questo significa che si tratta di una straniera, che non appartiene al Popolo eletto e non ne condivide la fede: è una pagana.
Gesù si era recato fuori del territorio di Israele, come ha fatto altre volte, nel desiderio di restare solo con i suoi discepoli, che egli voleva istruire ed educare, soprattutto permettendo loro di approfondire il rapporto personale con Lui. Nella regione di Tiro e Sidone, in quello che oggi è il Libano, nessuno lo conosceva, e Gesù “non voleva che alcuno lo sapesse”, in modo da poter restare tranquillo insieme con i suoi amici. Questo era quello che speravano, ma in realtà “non poté restare nascosto” Mc 7,24: una donna di quella regione guasta i loro progetti, con una richiesta urgente di aiuto. Non sappiamo come mai lei conoscesse Gesù e come avesse saputo delle sue capacità di operare miracoli. Di fatto, la poveretta aveva un grande bisogno di essere aiutata: sua figlia soffriva perché posseduta dal demonio. Visto Gesù, comincia a gridare la sua richiesta: “Mia figlia è molto tormentata da un demonio”. A queste sue invocazioni, il Signore non risponde nulla e neppure le rivolge la parola. Fa’ insomma come se quella donna neppure esistesse. Ma lei continua ad insistere e a gridare, andando dietro al gruppetto di Gesù. A questo punto, sono proprio i discepoli a sentirsi imbarazzati da questa manifestazione plateale, che attirava l’attenzione della gente del posto. E allora, forse non per compassione verso la donna ma per evitare il loro disagio, essi chiedono a Gesù di fare quello che gli era richiesto. Ad essi, il Signore rivolge una risposta gelida: “Sono stato mandato per prendermi cura di chi appartiene al popolo d’Israele. Questa donna è una straniera e per di più pagana. Io non ho niente a che fare con lei”. Questo discorso, fatto apertamente, in modo da essere ascoltato anche dalla donna, doveva bastare per scoraggiare la poveretta. Accade invece il contrario, e noi dobbiamo renderci conto che si tratta di una persona dotata di molto coraggio, molta tenacia e anche di una buona dose di arguzia. A quel punto infatti, dopo un rifiuto così umiliante, avrebbe potuto ritirarsi in buon ordine. Invece insiste, perchè in lei parla l’amore forte di mamma: “Signore, aiutami”. L’aspetta però una nuova delusione, perché ora la risposta di Gesù, data direttamente a lei, non è più soltanto gelida, ma è addirittura sgarbata e offensiva: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Noi potremmo pensare che, in fondo, questo paragone con i cagnolini non è poi così offensivo: il vezzeggiativo rende la frase meno dura. Non dobbiamo però dimenticare che la parola “cane” era usata con grande disprezzo dagli Ebrei in riferimento agli stranieri, a coloro cioè che non appartenevano alla loro nazione e non condividevano la loro fede in Dio. Anche se con un minimo di delicatezza, per la parola vezzeggiativa usata, quello che Gesù rivolge alla donna è pur sempre un insulto molto pesante. Ma è proprio in questo momento che la donna Cananea rivela la sua audacia ed anche la sua furbizia. Invece di sottolineare l’offesa ricevuta, lei rivolge a suo vantaggio l’espressione sgradevole che le ha rivolto il Signore: “È vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Ora Gesù deve darsi per vinto: la donna mostra una fede capace di sfidare il Signore e di vincere: “Grande è la tua fede. Sia fatto come desideri”. Il Vangelo di Marco aggiunge “Va’: il demonio è uscito da tua figlia”. In questo scambio di battute, è la donna che ha avuto la meglio, e Gesù deve riconoscere con soddisfazione che valeva la pena di mettere alla prova con tanta durezza la straniera. Questa ha trovato il modo di fare breccia nel cuore di Gesù, che aspettava da lei una dimostrazione di fede.
La donna cananea diventa un esempio di preghiera per tutti noi, e ci invita ad essere coraggiosi e tenaci di fronte a Dio. E, quando serve, anche furbi e arguti come lei.