XXIII del Tempo Ordinario 4 Settembre 2016
Una delle prime cose che colpisce nel Vangelo di oggi, nel quale l’Evangelista Luca ci mette davanti alcune condizioni che Gesù detta a coloro che vogliono essere suoi discepoli, è la grande folla che lo segue. Mi immagino un Gesù che ad un certo punto si ferma, guarda tutta questa folla un po’ sorpreso e, allo stesso tempo, un po’perplesso.
Sì, perché le parole successive fanno capire come Gesù stesso si domandi quanto questa folla abbia compreso cosa significa essere suoi discepoli! Molti erano lì perché era “di moda” seguire un qualche Rabbi, altri perché avevano visto cose straordinarie ed erano attratti dalla prospettiva di partecipare a cose splendide; altri ancora perché pensavano veramente di poter trarre un certo vantaggio dal loro essere vicini ad una persona così popolare … ma Gesù ha ben chiaro cosa comporta diventare suoi discepoli … e lo mette in chiaro senza troppi giri di parole.
La prima condizione “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo…” è una totale libertà dai legami familiari, che al tempo di Gesù e talvolta anche oggi condizionano la vita delle persone al punto da chiuderle dentro schemi ben fissati, dentro una catalogazione già scritta… ma ogni cosa chiusa significa assenza di libertà.
La seconda condizione “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” richiama l’immagine del condannato al patibolo, di chi viene cioè condannato dal mondo che lo circonda, la croce in particolar modo era da considerarsi come la massima ignominia per un ebreo, per cui l’immagine sottintende anche il disprezzo di cui si può essere soggetti da parte del mondo.
La terza condizione ci viene dalla doppia immagine di chi, in due situazioni diverse - la costruzione di una casa e una battaglia - sa valutare le conseguenze delle proprie azioni e sa valutare come ben affrontare il futuro, senza limitarsi allo slancio emotivo del momento.
L’ultima condizione, che è da sempre la più delicata: “Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”, sta ad indicare la necessità di staccarsi da una concezione del relazionarsi con le cose ristretta al proprio interesse … al proprio portafoglio!
Quattro condizioni di libertà. Le richieste di Gesù non sono cose facili da vivere, ma a guardarle bene esse non sono dei “no” detti per frustare le nostre aspirazioni o i nostri desideri, Al contrario, esse ci aiutano ad essere delle persone migliori, perché libere ed in quanto tali, pronte ad amare Gesù, colui che ci chiede di essere seguito in quanto è proprio lui la ricchezza più grande delle nostre vite!
Tratto dall'Omelia di don Cosma Ambrosini
Missionario Veronese a Yaoundè - Camerun