XIX del Tempo Ordinario 7 Agosto 2016

XIX DomTO C 2016Abramo, il nostro padre nella fede e il patriarca del popolo ebreo, il nuovo popolo di Dio. Nasce in Ur dei Caldei, antichissima città dei Sumeri a sud del territorio dei fiumi Tigri ed Eufrate e intraprende una migrazione verso Harran, ancora oggi esistente, a circa 1000 km di distanza da Ur, in direzione nord ovest. Si parla di nomadi, e infatti il clan di Abramo è considerato, ovunque andasse, un estraneo e forestiero al paese. "Mio padre era un arameo errante". dice il popolo di Israele nella sua professione di fede Deut 26,5.

Abramo vede negli avvenimenti la volontà di Dio, comprendendo che il Signore lo chiama ad una grande missione e accetta, lasciandosi condurre da Lui. Il Signore entra nella vita di Abramo con un comando preciso: "Vattene dal tuo paese verso il paese che io ti indicherò". Nella assegnazione di una vita tutta uguale interviene un richiamo nuovo. 

Può capitare a ciascuno di noi, attraverso situazioni particolari: un incontro, il consiglio di un amico vero, una comunicazione interiore. Ad Abramo non viene rivelato fin dal principio dove sarà condotto e, come per ogni persona, deve misurare la sua strada ogni volta. E così Abramo con la moglie Sara, lui anziano e lei sterile, che già vivevano in un paese di pagani, a Ur di Caldea, in un particolare momento della storia della sua vita, accetta un capovolgimento improvviso. E se non ci viene descritto nulla di ciò che precede, improvvisamente sorge solamente un comando di Dio: quale Dio? Abramo lo scoprirà via via. Il comando ha la stessa forza e potenza dei tempi della creazione: "Dio disse" Gn1,1. La Parola di Dio è una novità che sradica, è invito al nuovo, a cercare una terra per ricominciare da capo. È una Promessa che più avanti diventerà un'Alleanza. E la Promessa viene rinnovata almeno tre volte 15,18; 17,1-8, 22,16-18 e comprende cinque momenti:

- da Abramo discenderà un popolo numeroso;

- la discendenza di Abramo avrà in possesso la terra di Canaan;

- Abramo e i suoi discendenti avranno un grande posto fra le nazioni;

- gli interessi di Dio e quelli di Abramo saranno sempre uniti: "Benedirò coloro che ti benediranno";

- Abramo sarà benedizione per tutte le genti della terra.


E questa promessa verrà ripetuta ad Isacco 21 26,5 e a Giacobbe 28,14. Nel Nuovo Testamento questa benedizione si traduce con la nascita di Gesù: "Nascerà un popolo, sarà benedetto il tuo nome e nel tuo nome saranno benedette tutte le famiglie della terra". 

Quando, molti secoli dopo, gli Ebrei torneranno a Gerusalemme dopo l'esilio, troveranno conferma della profezia. Se vogliamo contare i popoli che si riconoscono discendenti di Abramo, dovremmo contare almeno due miliardi di persone che fanno parte della religione Ebraica, Cristiana e Musulmana.
Il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei, la Seconda Lettura di oggi, è dedicato alla fede in Dio e, in ultima analisi, alla fede in Gesù. È la fede il fondamento della vita cristiana e sostiene in noi uno stile nuovo di vita di figli di Dio. La fede garantisce solidità e stabilità per seguire le scelte che Gesù ha compiuto nella sua vita. L'autore di questa lettera esemplifica, attraverso personaggi conosciuti nella Scrittura, lo stile di fede da vivere nel nostro cammino verso Dio.
Nel testo della liturgia di oggi ci vengono richiamate la fede di Abramo e la fede di Sara. Abramo, a 75 anni, nell'età in cui si ritiene di essersi conquistato un giusto riposo, parte per una terra sconosciuta. Sara crede, nonostante tutte le contrarie logiche umane, che avrà un figlio, garanzia delle benedizioni che Dio ha dato a questa famiglia. L'autore biblico, per mettere in evidenza la profondità della loro fede, ricorda la povertà delle garanzie e dei risultati nella fede di Abramo e di Sara: muoiono senza aver visto il compimento della Promessa; hanno solo un figlio e non una moltitudine; continuano a peregrinare sempre, come stranieri, in terre diverse. L'unica proprietà, che Abramo si permette di avere nella terra che gli era stata promessa, è una grotta che si compra a caro prezzo per seppellire Sara Gen 23,1-20. E tuttavia Abramo continua a fidarsi fino in fondo, di Dio e delle sue promesse.
Questo vale anche per ognuno di noi davanti alla Parola di Gesù.
La Parola è grande, viva, e garantisce il bene e l’amore di Dio.
La nostra risposta, come quella di Abramo, è molto preziosa e il Signore opera con noi, nonostante 
noi, oltre noi. Eppure la nostra fede talvolta è oscura come la notte più buia. Quando abbiamo una fede oscura siamo tentati di rinunciarvi, perché facciamo fatica ad accettare la notte, abbiamo sempre bisogno di evidenze, di certezze; eppure la fede è sempre un cammino con momenti di balzi in avanti, ma anche momenti di caduta... 
Lo sapeva bene Abramo, il nostro padre nella fede. Per fede, Abramo parte senza sapere dove l'errare nomade lo avrebbe condotto. Il suo progetto è nascosto nella Promessa. Potrebbe essere la mia storia, la tua, la nostra storia di ogni giorno. Il progetto contempla la possibilità di una continua revisione, per far sì che io possa cogliere il progetto grande che Dio ha su di me. Per fede, Abramo offre Isacco, il figlio atteso dalla Promessa, e l'angoscia di tale offerta è indicibile con parole umane. Un figlio che, sempre per fede, è sbocciato dal seno avvizzito di Sara. Forse Dio non ci chiederà mai una prova di fedeltà come quella richiesta ad Abramo La fede è l'atto decisivo della nostra esistenza, è il fidarsi nell'altro. Non esiste una fede senza dubbi, senza dolore e sofferenza. Occorre passare attraverso la morte per trovare la vita, questa è l'esperienza di Abramo, e questa è l'esperienza di ognuno di noi. Ma se è vero che non riusciremo mai a raggiungere una fede luminosa, certa - poiché il cristiano può mai vantare alcuna certezza -
"Credo perché voglio credere", ripeteva Santa Teresa di Lisieux, è altrettanto vero che la fede è prima di tutto dono di Dio per ogni persona. Possiamo allora cantare, con il Salmo: “L'anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. In Lui gioisce il nostro cuore, nel suo nome noi confidiamo. Signore, sia su di noi il tuo amore, perché in te noi speriamo”.

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