XVI del Tempo Ordinario 17 Luglio 2016
Siamo sempre nel grande viaggio che porta Gesù a Gerusalemme. Luca fa seguire questo episodio di Marta e Maria al racconto del Buon Samaritano, cioè il comandamento dell’amore al prossimo. Mi sembra di vederlo il sorriso di Gesù che si rivolge a Marta, tutta accaldata, che cerca di rendere onore a questo ospite straordinario...
Lì a Betania, piccolo villaggio dietro la collina degli Ulivi, Gesù si ritirava, alla fine di una pesante giornata di predicazione. Gerusalemme non era Nazareth o Cafarnao, la folla che ascoltava era esigente, le domande, il più delle volte, erano tranelli. Eppure aveva così desiderato di salire a Gerusalemme: non era forse quello il luogo in cui venivano riconosciuti i profeti inviati da Dio al suo popolo? Ma Gerusalemme significava anche incomprensione e dolore. Allora Gesù salutava i suoi, si allontanava fino alla valle del Cedron, a pregare. Lì sedeva su un sasso, all'ombra di un ulivo secolare, poi alzava lo sguardo dalla terra assetata, e guardava la sua città. Pensieri foschi abitavano il suo cuore, un'oscuro presentimento di sconfitta e di morte. Non di rado, forse, il Figlio di Dio irrigava la terra con qualche lacrima.
Allora si alzava e saliva fino alla casa di Marta, Maria e Lazzaro. Il Vangelo non ci dice come si erano conosciuti. Sappiamo che quella piccola casa a pian terreno, incastonata sulle pendici del monte, era diventata un sicuro rifugio, un ambiente familiare in cui Gesù ritrovava i colori e gli odori di casa sua, su al Nord. Nella sua casa Marta intuiva che il camminare di Gesù lungo le strade della Palestina era stato difficile. Sabbia, polvere, sole cocente, caldo afoso, la gente ostile… Un bicchiere d'acqua per dissetarsi e un catino di acqua fresca per bagnarsi i piedi stanchi, offrire una casa ordinata tutta per Lui, era ciò che veramente poteva ristorare il suo ospite. Ne era proprio convinta tanto da irritarsi con la sorella Maria che non aveva inteso quella urgenza e la lasciava da sola a servire. Ma sembra proprio che non fosse questa la cosa più necessaria al Maestro.
Entriamo ora nell' altra “Betania” e troviamo Maria. Pare che qui le parti s'invertano. Maria, seduta ai piedi di Gesù, attenta, ascolta. La sete di verità di Maria forse meraviglia Gesù... Cosa le avrà raccontato il Maestro? Forse qualche fatto degli ultimi giorni, le persone incontrate, forse le avrà parlato del Padre, della vita di Dio, della Trinità.... Maria, con la stessa certezza di Pietro sulla riva del lago, sente che Gesù ha parole di Vita eterna... per questo lo ascolta. Non si cura dell'apprensione di Marta perché sa che il Maestro ha Parole che non passeranno mai... sono Parole di Verità e di Vita. Non può perdere questa bella e importante occasione!
Maria è davanti a Gesù cercando di 'ESSERE' tutta per Lui;
Marta è preoccupata di 'FARE' qualcosa per il suo Signore.
In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa.
Un villaggio e una donna. Una casa che si apre, o meglio un cuore che si apre. È tipico dell’uomo accogliere, perché ogni persona è pensata per entrare in una relazione di dono e di ascolto.
Aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola.
Di fronte a Gesù che parla, Maria si siede ai suoi piedi. È la posizione di chi ha bisogno di ascoltare veramente, di chi non può fare a meno di amare. Maria si accascia stupita e appena appena sfiora quella realtà che è la Parola. Quando Dio è presente, l'uomo si fa terra silenziosa. Non è un ascolto passivo, per non fare qualcos’altro: “Beato è chi ascolta la Parola per metterla in pratica”.
Marta invece era tutta presa dai molti servizi.
Cosa esigerà mai la presenza di Gesù? Marta è tutta presa. La sua attenzione è altrove. Le parole che si pronunciano nella sua casa non trovano ascolto, c'è urgenza di fare perché l'accoglienza sia buona. «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». L'uomo chiede a Dio di giustificare le sue opere. Non solo questa donna ce l'ha con la sorella che l'ha lasciata sola a servire, ma anche con il Signore che non fa nulla per lei. Dovrebbe dirle: Maria, vai ad aiutare Marta. Marta si sente sola. Ma lo è perché nel fare si è allontanata da Cristo, lì dove la voce e le parole di grazia non giungono.
Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta (doppio vocativo: amore, preoccupazione…), tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose. Il suo darsi da fare è una inquietudine che trascura ciò che è essenziale. “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e le altre cose vi saranno date in aggiunta” Mt 6,33. La Parola di Dio non può portare frutto se chi ascolta è occupato o ansioso. L’ascolto della Parola di Gesù e l’amore al prossimo diventano condizioni essenziali per avere la vita eterna. Una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose. Il problema non è il servire, ma l'agitazione per le cose della vita che soffoca l'attenzione all'unica cosa di cui c'è vero bisogno. Lo stare insieme, il trovarsi attento l'uno all'altro, il saper riconoscere la presenza di Dio nelle nostre giornate, di questo c'è vero bisogno! Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta. Maria ha scelto ciò che non passa: Gesù, il Figlio di Dio. Marta sta ancora trafficando con le cose per Cristo.
Quando in me Marta si siederà accanto a Maria, ritroverò l'unità del mio esistere, avrò il coraggio di fermarmi ad ascoltare la Vita diventerò capace di vero servizio. L'insegnamento dell'episodio di Marta e Maria è racchiuso nella frase di Gesù: "di una sola cosa c'è bisogno". Il problema non è nel fare/non fare. Il problema è nel come essere. Persone in ascolto della vita, persone capaci di stare ai piedi di ogni parola che arriva, persone capaci di silenzio di fronte agli altri, persone capaci di accogliere il dono... oppure persone che si ritrovano sole perché agitate in molti servizi, persone tutte prese dal fare, persone incapaci di lasciare spazio al dono... sono modi diversi di vivere. Ecco l’intento profondo di Gesù: questa è la parte migliore. E la parte migliore è quella dello stupore, dell'essere attenti, del sostare interiore, dello scomparire di fronte all'altro, del donarsi che è risposta al dono di Dio. Non esiste conflitto tra il pregare e il fare, perché pregare è essere in comunione; il fare è essere in comunione e non sfaccendare, è essere attenti ugualmente a Dio e agli altri. Quando la persona è unificata nella Parola che salva, vive la parte migliore.
Shemà, Israel... Ascolta Israele!
Ecco, il Signore passa... e il Signore è nel mormorio di un vento leggero, perché quel soffio accarezza il cuore!