XIV del Tempo Ordinario 3 Luglio 2016
La messe è molta! Finalmente un uomo… e che Uomo, dallo sguardo profondo e meraviglioso. Mentre quasi tutti ci lamentiamo sul mondo che soffre, sui giovani che si lasciano andare, sulla speranza che sembra soccombere sotto i contraccolpi della disperazione… c'è un Uomo tutto solo che canta lodi ad un mondo di bontà: “La messe è molta!”.
Basterebbe questo per mostrare quanto è lontano dalla sua bellezza un certo cristianesimo di oggi: quello dei cristiani solo tristi, dei Vescovi che lamentano scarsità di vocazioni, della gente che inneggia alla fine del mondo o ai valori che abbiamo perso. Tutta gente che ha sempre puntato l'accento sul seguito della frase: "Gli operai sono pochi". Come se Gesù Cristo fosse solo un brontolone, un pessimista della prima ora della Chiesa, uno che non ha più speranza. Invece Lui la frase - che è poi l'augurio e l'annuncio per un mondo tutto da illuminare - la inizia in positivo. Quasi a dire: "Guardate che meraviglia il mondo, che abbondanza di bene, che granaio di speranza". E solo dopo firma la sua constatazione, che è come dire: "Però sono pochi quelli che se ne accorgono, quanto pochi sono i cristiani che cercano di raccogliere il bene, è misero il numero di coloro che si fermano a contemplarlo". Per Lui prima viene il Bene e solo dopo c'è spazio per tutto il resto.
Un giorno si accorge che Dodici non bastano: ne servono settantadue. Forse già a quel tempo il bene era così abbondante che servivano tanti occhi per scovarlo, tante mani per raccoglierlo, tante vite per testimoniarlo. È incredibile quello che dovranno fare, dovranno essere voce della sua Voce, annuncio di un futuro che è già presente, messaggeri di una parola che è benedizione: "È vicino a voi il regno di Dio!". Macché lamentarsi, brontolare, tenere il broncio sul viso: dovranno dire a tutti che l'Eterno è così vicino a loro da fare attenzione che non ci passino accanto senza accorgersene, dovranno mostrare al mondo come l'Eterno si giochi nel tempo di quaggiù, terranno l'arduo compito di predisporre i cuori al passaggio dell'Amico di Nazareth. E lo faranno da disarmati, senza nulla da perdere ma con il tutto da giocarsi: niente sandali, niente bisaccia, niente sacca addosso, solo la sua Parola, che aprirà loro strade nel deserto, farà scorrere fiumi nella steppa fino a far vedere cose che prima erano inimmaginabili.
Certo che ci sono i lupi e Cristo lo sa: ma Lui sa pure che, anche qualora fossero in numero maggiore, nulla potranno contro il suo amore per ogni uomo e ogni donna che vive in questo mondo. E nulla riuscirà loro contro quelli che, alzati di buon mattino, scorgeranno nel mondo una abbondanza di bene che metterà loro le ali al cuore. Con uno sguardo da innamorati, con colpi d'ala tesi a farci alzare dalla bassa quota a cui siamo volando. Il Vangelo questa domenica non è per il mondo, prima di tutto è per noi cristiani: troppo pessimismo, troppe analisi di causa ed effetto di ogni realtà spirituale, troppa poco sguardo di poeti e di cantautori. E la gente non si converte, rimane imbrigliata da impostazioni negative, se ne rincasa delusa: invece di ricevere sussulti di speranza, viene coperta da tonnellate di amarezza. Eppure il Vangelo è una riserva inesauribile di ottimismo, di sguardo ammantato di bellezza, di serenità del cuore.
Il bene c'è in abbondanza: "La messe è molta"…a mancare sono uomini e donne che lo sappiano vedere, che lo custodiscano, che lo vedano negli occhi altrui. Mancano dei folli, cioè delle persone “fuori di testa” che su un mondo disperato aprano degli squarci di luce, di vita e di amore autentico.