2 Febbraio "Candelora"
«I giorni i sa slonghè». Così diceva mia nonna in questo periodo, quando, di pomeriggio, lei era vicino a me che lavorava la lana e io facevo i compiti per casa. Magari non ci avevo ancora fatto caso… ma se da oggi provate a guardare il cielo, vi accorgerete che abbiamo veramente guadagnato un'ora di luce, a poco più di un mese dal solstizio d'inverno.
Questa considerazione potrebbe sembrare scontata, abituati come siamo all'illuminazione artificiale, che riesce quasi a cambiare la notte in giorno. Eppure, a pensarci bene, tale considerazione riempie l'animo di una sottile, ma sicura speranza: stiamo andando verso la bella stagione.
«Candelora: dell'inverno semo fora» mi diceva proprio ieri mia mamma, riferendosi ad un altro antico proverbio della Festa della Presentazione del Signore. Certo, il proverbio aggiunge pure che «se piove o tira vento de l'inverno semo ancora dentro»: e tuttavia la sensazione di essere fuori dalla lunga notte invernale è prevalente. In questo senso i nostri anziani vedono giusto quando dicono con soddisfazione che «i giorni si sono allungati»: la loro vista è forse stanca e anche malata; ma il loro cuore sa intravedere una speranza in questa naturale rivincita del giorno sulla notte.
Così accade anche a Simeone, quel vecchio «giusto e timorato di Dio» che Maria e Giuseppe incontrano a Gerusalemme mentre portano il piccolo Gesù nel tempio per adempiere la legge, come racconta il Vangelo. Simeone ha certo la vista stanca, essendo ormai avanti negli anni; eppure soltanto lui sa vedere nel piccolo figlio di Maria e Giuseppe un segno di speranza: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza...» Lc 2,29 ss.
È soltanto un bambino quello che Simeone stringe tra le braccia: e non c’è proprio nulla di straordinario in quel cucciolo di uomo. Ma proprio grazie alla tenerezza suscitata da quel bambino, Simeone sa riconoscere la salvezza di Dio.
Dobbiamo ammettere con grande sincerità che oggi la nostra vista è decisamente più spenta: noi fatichiamo a vedere la salvezza di Dio. Ogni giorno passano davanti ai nostri occhi tante immagini, e i moderni mezzi di comunicazione hanno senza dubbio ampliato la nostra possibilità di vedere: grazie alla tecnologia, infatti, possiamo avere davanti agli occhi immagini provenienti da tutte le parti del mondo. Eppure attraverso queste numerose immagini fatichiamo a vedere la salvezza di Dio: il nostro sguardo appare disincantato, e sembra incapace di esprimere quello stupore che leggiamo invece negli occhi del vecchio Simeone. Al punto che quando siamo testimoni di un suggestivo spettacolo della natura – un tramonto, un temporale, una montagna o soltanto un fiore – subito ricorriamo alla macchina fotografica; e se non l'abbiamo a disposizione, ci rammarichiamo dell'occasione persa: ma quasi ci dimentichiamo di ammirare quello spettacolo inatteso. Così, a furia di voler vedere, rischiamo di avere sempre gli occhi annebbiati. Limpidi erano invece gli occhi del vecchio Simeone: «Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra» Sal 121,1-2. Nella sua preghiera al tempio di Gerusalemme, Simeone si era allenato ad alzare gli occhi: e in tal modo li aveva custoditi vivaci e penetranti. Allo stesso modo anche noi possiamo riaprire i nostri occhi: e mentre ci rallegriamo per i giorni che si allungano – annunciando l'arrivo della bella stagione – impariamo ad invocare ancora quell'aiuto che può venire soltanto dall'alto, dal Signore che ha fatto cielo e terra.
Simeone e Anna: sono figure cariche di valore simbolico. Hanno il ruolo del riconoscimento, che proviene da una vita condotta con l'attesa più intensa e fiduciosa. Simeone lo si definisce come un uomo tutto concentrato nell'attesa, uno che va incontro al bambino per accoglierlo. Anna ha 84 anni, ma soprattutto con il suo modo di vivere - digiuni e preghiere - e con la proclamazione a chi "attendeva", completa il quadro. Appartiene alla più piccola delle tribù, quella di Aser: segno che i più piccoli e fragili sono più disposti a riconoscere il Gesù il Salvatore.
La Festa della Presentazione di Gesù al tempio è tra quelle - poche in verità - celebrate insieme dalle Chiese cristiane d'Occidente e d’Oriente. Di questa Festa si ha memoria già nei primi secoli a Gerusalemme: era chiamata il "solenne incontro", una processione per le strade della città ricordava il viaggio della Santa Famiglia da Betlemme a Gerusalemme con Gesù appena nato. Ancora oggi la liturgia prevede la processione, cui si è aggiunta, dal X secolo, anche la benedizione delle candele, che ha dato il nome popolare di "Candelora" a questa festa.
La luce che è stata consegnata nelle nostre mani ci unisce a Simeone ed Anna che accolgono il Bambino, "luce che illumina le genti", come canta Simeone riprendendo le parole del profeta Isaia. Gesù è piccolo, ha appena quaranta giorni, e subito si reca a Gerusalemme. È il primo viaggio, ma già prefigura l'ultimo. Tornerà nella città santa al termine della sua vita, ma non più offerto nel Tempio e non più posto sulle braccia di Simeone, sarà invece condotto fuori le mura della città e sarà inchiodato sulle braccia della croce.
Oggi le braccia di Simeone lo prendono e lo stringono con affetto, ma nelle parole di questo saggio vecchio si delinea già il futuro del Bambino: "Sarà rovina e resurrezione per molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori" e guardando la madre - quasi prefigurando la scena della croce - aggiunge: "Anche a te una spada trafiggerà l'anima".
Il segno delle candele che abbiamo nelle nostre mani e l’episodio del Vangelo danno rilievo alle situazioni più semplici e familiari: una candela quando manca la luce in casa, gli sposi con il bambino in braccio; l'anziano che gioisce e abbraccia, l'anziana che prega e annuncia... E anche la conclusione del brano fa intravedere il borgo di Nazaret, la crescita del bambino in un contesto normale, l'impressione di un bambino dotato in modo straordinario di sapienza e bontà. Il tema della sapienza intrecciata con la vita di ogni giorno e nel contesto del villaggio, lascia come sospesa la storia: essa si riaprirà proprio con il tema della sapienza del ragazzo Gesù fra i dottori del tempio.
Il Figlio di Dio è venuto in mezzo a noi e ci ha donato la vita, la vera vita per ogni bambino e per ogni persona che vive in questo mondo.
Noi ti lodiamo e ti benediciamo, Padre, perché attraverso Gesù hai riempito la nostra esistenza di luce e di speranza nuova. Fa' che le nostre famiglie accolgano con disponibilità il tuo progetto, aiutino e sostengano i sogni e l’entusiasmo dei loro figli, li avvolgano di tenerezza quando sono fragili, li educhino all'amore a Te e a tutte le tue creature. A te nostro Padre, Dio della Vita, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen