Festa del Santissimo Redentore 2014
Per il quarto anno celebriamo la Festa del SS. Redentore, a cui questo tempio del Cimitero è dedicato. Il Redentore è colui che redime, cioè che salva. L’intento di intitolare questa chiesa del Cimitero al SS. Redentore credo abbia il grande significato che Gesù salva ognuno di noi che stiamo camminando in questa vita, ma salva anche i nostri cari Defunti, che hanno già raggiunto la Casa del Padre.
E questo penso sia molto bello e significativo.
Per ognuno di noi, quindi, la festa di oggi è un momento di riflessione del cammino di “redenzione” del nostro essere uomini e del nostro essere cristiani.
«Custodisci, o Padre, l’opera della tua misericordia perché il popolo che Tu ami attinga i doni della salvezza alla fonte viva del Redentore». Così, con l’impareggiabile forza della liturgia, la Preghiera di Colletta ci ha ricordato poco fa.
Dal Cristo – questa è la nostra fede – scaturisce la salvezza. Dalla sua morte in croce è venuta la rivelazione dell’amore di Dio e della sua volontà di rimanere per sempre in comunione con Lui. Lo dice Gesù nel suo discorso a Nicodemo: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato”. L’innalzamento è allusione inequivocabile della croce – glorificazione - redenzione di Cristo e, in Lui, anche della nostra salvezza. Poiché nessuno può salire fino a Dio, ossia darsi la salvezza eterna. Dio stesso ha mandato suo Figlio incontro agli uomini, rivelando così il suo grande amore. Paolo, nella lettera ai Romani afferma: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”.
Ecco il cuore del messaggio della Parola di Dio, valido ieri, oggi e sempre.
Mi domando, allora:
- Di quale redenzione oggi abbiamo bisogno?
- Quale salvezza Cristo vuol dare a me come persona, a questa comunità, alla nostra società e a questa città di Verona?
- Da quale peccato Cristo intende liberarci?
Nella vita, ogni prova – ed ognuno di noi, anche oggi, fa i conti con le prove che segnano la sua persona – mette sempre allo scoperto la nostra impotenza a salvarci con le nostre mani e il bisogno forte che qualcuno si prenda cura di noi. A questa urgenza Dio risponde in prima persona, Egli stesso!
La Prima Lettura, tratta dal cap. 34 del Libro del profeta Ezechiele, documenta lo straordinario coinvolgimento della sua libertà con la nostra: «Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. Io passerò in rassegna le mie pecore» Ez 34, 11-12 Dio si china su ogni uomo e lo aiuta: «Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia» Ez 34,16. L’inarrivabile premura di Gesù per noi è l’amore. Con questo amore fa irruzione nella storia la gratuità assoluta, come ci dirà tra poco il Prefazio: «Nella passione redentrice del tuo Figlio tu rinnovi l’universo e doni all’uomo il vero senso della tua gloria».
E da quel momento un’irriducibile volontà di bene accompagna l’avventura umana. Non l’abbattersi della meritata ira di Dio sul nostro peccato, ma la dolcezza insperata della sua misericordia. Essa ha un nome: Gesù Cristo, il nostro Redentore.
«Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» Gv 3, 17. Salvezza compiuta dall’«effusione redentrice del Suo Sangue», come dirà fra poco la Preghiera sulle offerte. Questo è il solido fondamento di quella «speranza che non delude» Rm 5,5 di cui ci ha parlato San Paolo.
Una speranza che non delude: difficilmente si potrebbe trovare un’espressione più bella per descrivere il motivo della Festa di oggi. Una speranza che non delude noi e una speranza che non ha deluso neanche i nostri cari Defunti. Anzi, a ben vedere, è questa speranza il motore di ogni autentica civiltà. Se sono sospinti da una speranza che non delude, allora gli uomini possono guardare con franco realismo al loro presente, senza rimuovere il passato e senza temere il futuro.
Circa un mese fa ero a Roma e cercavo le ampolle per l’acqua e il vino che usiamo anche oggi nella nostra Chiesa. Negli stessi negozi chiedevo anche se avevano una statua del SS. Redentore da farmi vedere e di immagini del Cristo Redentore ne ho anche trovato qualcuna di bella – lasciamo stare i prezzi ovviamente… -. C’era il Cristo Redentore del Brasile, quello in pietra, con le braccia aperte e poi varie immagini simili fra loro di Redentore. Come potete ben vedere non ho potuto acquistare nessuna di queste bellissime statue di Gesù e uscivo così, con le mani in mano, da ogni negozio. E dentro di me mi chiedevo: “Ma possibile che i Frati Minori, custodi della Chiesa del Cimitero per tanti e tanti anni, non avessero mai pensato ad una statua del Santo Patrono di questo tempio? E poi pensavo: “Che sia veramente bello magari trovare qualche persona di buona volontà che ci aiuti in questo molto costoso acquisto?”.
Immerso in queste riflessioni mi sono avviato verso la Basilica della Santa Croce, dove è custodita la Scala Santa di Gerusalemme. Mi sono messo in ginocchio e, pregando, ho inziato a salire i gradini percorsi da Gesù. Ogni tanto alzavo il mio sguardo e…piano piano ho trovato la risposta alle mie domande: “Quale immagine e quale simbolo più bello e significativo del Cristo Redentore, se non la Croce della Salvezza?”. E là, a Roma, pensando alla mia Chiesa del Cimitero ho visto la grande Croce dell’altare, ma anche la grande Croce nella Cappella del Preziosissimo Sangue di Gesù, che i Frati ci hanno lasciato come dono da custodire. La Croce e il Preziosissimo Sangue: ecco le immagini più vere e più forti del SS. Redentore. Ecco perché ho pensato anche oggi di venerare la preziosa Reliquia giunta a noi da Gerusalemme. Questi simboli danno significato a questa Chiesa e a questo Cimitero, luoghi non di morte, ma di vita e di speranza vera… una speranza che non delude!