19 Domenica del Tempo Ordinario

19DomTOAnnoA2014Pietro, Elia, il popolo di Israele: oggi la Parola ci presenta questi tre modelli di fede con cui confrontarci nella nostra vita.
Il Vangelo, anzitutto: siamo ancora tutti lì sulla riva, stupiti di fronte alla condivisione di cinque pani e due pesci che ha saziato tutti. Anzi, ne sono avanzate dodici ceste. E Gesù che fa? Invita i discepoli ad attraversare il lago per raggiungere l'altra riva, mentre lui sale in disparte sul monte a pregare. Ai discepoli è data una missione, che è quella di portare il Vangelo ai pagani: quelle dodici ceste di pane avanzato sono il segno del Pane vivo.

Cristo si spezza in ogni Eucaristia perché lo portiamo nel mare della vita, perché attraversiamo le correnti di un'altra settimana consapevoli che non dobbiamo temere. Gesù non si ripone nel tabernacolo, si porta nella vita. Il lato orientale del lago è abitato dai pagani, da coloro che sono lontani dalla fede. Ecco dove devono andare i discepoli con le ceste di pane! 
Loro se ne starebbero volentieri da questa parte, tentati di volere un Gesù che fa i miracoli così da godersi anche loro gli applausi del pubblico, come amici del Maestro. E invece no: Gesù se ne va in disparte a pregare… e a loro tocca affrontare il mare aperto. Il mare è il simbolo del caos, delle forze del male, degli ostacoli da affrontare nella vita. Pietro e i discepoli devono nuovamente attraversare il lago di Tiberiade. Partono, ma pensano di essere soli. Il mare è agitato, i problemi in questa attraversata, che è la vita, non mancano mai, le onde sembrano anzi travolgere la nostra barca. Questo racconto è come un'icona della Chiesa: aspettando il ritorno del Maestro, anche noi dobbiamo attraversare la storia su una fragile barca sballottata dai venti. Anche noi in questi giorni siamo storditi: ancora a piangere morti e ad assistere, impotenti e rassegnati, all’ennesimo massacro.
Nella striscia di Gaza, in Ucraina, in Libia, il Califfato che caccia i cristiani da Mosul.
Storditi e confusi, in un’estate e ancora in una crisi economica che spegne anche la voglia di reagire. E ci sembra di affondare lentamente. Violenza e tempesta. Proprio la Parola di oggi.

Una sofferenza, una stanchezza, un dolore, il vento gelido del dubbio, l'assenza del Maestro: “Sì, Lui esiste, ho anche incontrato il suo sguardo, ma ora non lo sento… è assente”. Quanti di noi si sono spesso sentiti travolti dalla notte, dal male, dalle onde alte che sovrastano?
Così Elia, dopo avere sfidato la regina Gezabele e il suo culto agli idoli, deve fuggire per non essere ucciso e vorrebbe morire, così Pietro e gli altri turbati dal vento contrario, stanchi di remare, così noi, chiamati a vivere dentro questo mondo di oggi che talvolta ci allontana anche da Dio. I discepoli, che sulla barca agitata dalle onde del lago sono sconvolti dalla paura, mi ricordano tante situazioni che io ho vissuto e che visto vivere anche da altre persone. Tante volte navigare è facile e l'acqua è tranquilla, ma ci sono occasioni nelle quali la vita è sconvolta da tempeste che minacciano la nostra felicità e ci fanno piombare nella paura e nella più totale insicurezza. 
Io non sono mai stato su una barca durante una tempesta, ma ho visto dei filmati e ho letto dei racconti che mi hanno fatto capire quanto possa esser difficile la vita a bordo di una imbarcazione e i sentimenti di paura ed estrema insicurezza che provano coloro che navigano. La paura è quella di non avere certezza per il futuro, anche immediato. Non si sa dove appoggiarsi e anche l'appiglio più sicuro diventa precario. E in questa situazione di paura e di insicurezza si fatica a rimanere ottimisti e, anche se altre volte la stessa prova è stata superata, ogni volta la si vive con timore.
Ma proprio quando l'onda è alta su di noi, proprio quando ci sembra di essere sconfitti, qualcosa accade. “Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare”. Sul finire della notte, quando ancora è buio e il giorno fatica ad arrivare… la luce di Cristo viene ad illuminare la notte, entra nelle tenebre della nostra vita. Il mare grosso, le difficoltà non si fuggono, ma vanno attraversate. Gesù viene camminando sulle acque, sovrastando proprio le paure più terribili che possiamo immaginare, quelle che ci impediscono la gioia, quelle che ci tagliano il fiato.
La malattia, la morte di qualcuno che amiamo, la solitudine.
E quando si avvicina alla barca agitata dal mare, Gesù si affida ad una sola parola: “Coraggio!”. Quando la barca è agitata Gesù viene a me e mi sussurra: coraggio! Le tenebre non sono più tenebre, ci sono qui io, non avere paura. Viene camminando sulle acque: un chiaro richiamo al Libro di Giobbe dove si dice che solo Dio cammina sulle onde del mare, sul caos, sulle tenebre del male. Quest'uomo, ci dice Matteo, è veramente Dio. Coraggio quindi!
Per vedere nella vita se Gesù sia veramente Dio… non c'è altra via che andare. Pietro si tuffa, anche lui vuole camminare sulle acque, sulle difficoltà: si fida, muove i primi passi e finché va, puntando gli occhi sul Maestro, allora cammina anche lui sulle onde, proprio come Dio! Riesce ad attraversare il mare, e quindi le difficoltà. Appena non segue Lui e si guarda attorno, ecco la paura, ecco che comincia ad affondare. L'unica vera strategia per camminare sulle onde del mare è seguire Cristo, fissare Lui anche nel mare agitato. Anche là dove ti senti sul punto di affogare, c'è ancora un'ultima carta da giocare, un ultimo grido: “Signore, salvami!”. “E Gesù lo prende per mano”.
Davanti ai dubbi della fede, davanti alle tempeste della vita, il discepolo è chiamato, come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio, recuperando quella dimensione che è il silenzio, la preghiera, l'ascolto del grande e quieto oceano della presenza di Dio. È urgente forse riscoprire un modo nuovo di pregare e di meditare, un modo che attinga all'immensa tradizione cristiana usando parole nuove, adatte alla nostra storia di oggi. Il discepolo è chiamato a gettarsi nelle braccia di Dio, perché la fede è fidarsi, la fede è slancio nel vuoto, la fede è abbandono.
Infine Paolo ci indica la fedeltà di Israele come modello: una fedeltà da imitare, una custodia della Parola che ammiriamo, fedeltà conservata con tenacia nella continua tempesta che Israele ha attraversato e sta ancora attraversando. Il popolo di Israele vive ancora e sempre della fiducia nel Dio dell'Alleanza, di generazione in generazione. Animo, dunque, altri hanno già vissuto ciò che noi viviamo, altri hanno già attraversato il mare in tempesta…e a tutti Gesù ha detto: “Coraggio, ci sono io…non abbiate paura”.

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