4 Domenica di Pasqua
È la Domenica del Buon Pastore.
Oggi vorrei condividere con voi alcuni spunti presi qua e là nelle diverse letture. Tutto oggi mi pare legato più del solito. Nel Libro degli Atti degli Apostoli Pietro, dopo la Risurrezione, trova un coraggio da leoni. Quanto è bello questo Pietro così audace, quando noi tutti ancora ce lo ricordiamo traditore, fifone che rinnega persino di avere conosciuto Gesù! Quanto coraggio infonde a me, a noi e alla Chiesa intera!
Pietro oggi sembra dirci: “Coraggio, alziamoci e a voce alta proclamiamo la nostra fede. Raccontiamo la vittoria di Cristo, non abbiamo paura di mostrare il nostro essere credenti. È bello seguire il Risorto e non vogliamo nasconderlo, proprio là dove viviamo ogni giorno”. Pietro non si vergogna più di seguire Gesù, non ha più paura di sostenere che è dei suoi. Non solo non ha più paura, ma ha una voglia matta di raccontarlo in lungo e in largo, a Gerusalemme e in ogni angolo della Palestina! E Pietro ci parla ancora oggi: “Non nasconderti amico mio! Sei cristiano e sii felice di esserlo”.
In questa settimana poi siamo invitati a riprendere il bellissimo Salmo 22. Se ne hai l'occasione e la possibilità, fai due passi in campagna, in mezzo alla natura e con calma fatti raggiungere da queste parole. Sono musica del cuore, non avere fretta, assaporale. Altrimenti puoi sempre uscire sul tuo balcone, o startene seduto sulla tua poltrona, chiudere gli occhi e gustare, cantare, pregare:
“Il Signore è il mio pastore,
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce, rinfranca l'anima mia.
Mi guida sul giusto cammino per amore del suo Nome.
Anche se vado per una valle oscura
non temo alcun male, perché Tu sei con me”.
Sono di una pace queste parole!
E quante volte le parole di questo Salmo risuonano sulla porta della nostra Chiesa, quando accogliamo un fratello defunto:
“Abiterò nella Casa del Signore per lunghissimi anni…”.
Ed ecco il Vangelo.
Gesù pronuncia le parole sul Buon Pastore in un clima di feroce avversione e non ha peli sulla lingua.
Di fronte a sé ha la classe religiosa del tempo, ha gli scribi, conoscitori della scrittura e della Legge, la classe sacerdotale, i farisei, i puri della fede. E dice loro: avete messo il popolo in un recinto fatto solo di prescrizioni, di regole. Avete ridotto il popolo a gregge di pecore che deve obbedire senza riflettere. Avete scordato l'essenziale, il volto di amore del Dio di Israele. Questo dice Gesù, consapevole della gravità delle sue parole, della durezza del suo giudizio. La gente ascolta queste parole, parole dette per amore, dette con passione, dette con forza.
Al tempo di Gesù le pecore venivano radunate durante la notte e chiuse in un basso recinto fatto di pietre accatastate. A volte, ad aumentare un po’ la sicurezza, si aggiungeva una fila di rovi spinosi, in modo da impedire ai ladri e ai lupi di accedere e di fare scempio del gregge.
Il recinto, di solito, sorgeva nei pressi del villaggio. I proprietari, a turno, si alternavano per la veglia della notte: si ponevano nell’unica apertura del recinto di pietre e, seduti, si appoggiavano con la schiena ad uno stupite e con le gambe rannicchiate chiudevano il passaggio: diventavano loro stessi la “porta” del recinto. Impedivano così ai malintenzionati di avvicinarsi.
Sul fare del mattino bastava una voce per svegliare le pecore che venivano lasciate passare per andare a pascolare.
Avendo ora davanti agli occhi questa immagine capiamo meglio l’allegoria usata da Gesù nel decimo capitolo del Vangelo di Giovanni e che leggiamo ogni anno, dividendola in tre parti, durante la quarta Domenica di Pasqua.
Gesù è quel pastore che passa la notte a vegliare, accovacciato all’apertura del recinto di pietre, diventando egli stesso la porta che lascia passare solo chi ha a che fare con le pecore e tiene lontano i nemici, i briganti, i ladri.
Le pecore fanno gola a molti, allora come oggi. Però Gesù è la porta.
Se lo lasciamo vegliare, se diventa lui il criterio attraverso cui giudicare ogni cosa, possiamo restare tranquilli.
Gesù cambia poi immagine: Egli è il pastore. Un buon pastore. Uno che sa fare il suo mestiere, che sa dove condurre le pecore, che le conosce una per una, senza farne un gregge anonimo. E le pecore lo riconoscono quando parla. La voce di Gesù è la grande protagonista. Attraverso la sua voce i discepoli riescono ad entrare nella nuova dimensione in cui Gesù è entrato. Solo ascoltando possiamo riconoscere la sua presenza. Arde il nostro cuore nell’ascoltare le sue parole, ieri, oggi e sempre. Diventiamo uditori attenti ed intelligenti della Parola, in essa riconosciamo il nostro pastore. Il nostro cuore non mente: Lui solo sappiamo ascoltare perché a Lui sto a cuore, perché Dio mi ama liberamente. Ci ama e amandoci ci rende liberi di amare. Gesù è venuto a chiamarci per nome, per condurci al Padre. Chiede ai suoi discepoli un rapporto personale, intimo, coinvolgente. Gesù chiama le pecore per nome e le pecore riconoscono la sua voce, perché è una voce che parla direttamente al cuore, è una voce che salva, che riempie, che consola, che scuote, che dona energia, che perdona, che inquieta, che sconcerta, che porta a verità, alla verità tutta intera. Cosa abbiamo da temere? Nessuno ci può strappare dalla mano del Padre. Regaliamoci un tempo in cui ascoltare la voce del Pastore.
Il guardiano gli apre. Il guardiano del gregge sa di non essere lui il pastore, ma di avere ricevuto il compito e l’onore, il peso e la gioia di vegliare sul gregge in attesa dell’arrivo del pastore. No, non sa dove siano i pascoli erbosi, è solo un guardiano, anch’egli chiamato a custodire il proprio cuore nell’attesa della venuta del Maestro. Anch’egli in attesa trepidante di ascoltare la voce del Maestro. Così siamo noi preti. Anche noi pecore. Anche noi cercatori fragili. Eppure colmi di attesa e di speranza. Che sanno amare il gregge dell’amore del pastore, in attesa di ricevere il dono del Risorto. Gioite, cercatori di Dio. Esultate, anime in pena! Rinsaldate le ginocchia vacillanti, gregge di Dio. Amati e chiamati per nome, portati a salvezza e libertà dall’Unico che vi conosce! Gioisci, Chiesa di Dio, sogno del Risorto! Tu Chiesa, chiamata a vegliare con amore il gregge dell’umanità, ansiosa di indicare il Cristo a chi cerca la vita e cerca la vita in abbondanza!