22 Domenica del Tempo Ordinario 2019
E io, in questo racconto, chi sono?.
«Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato».
Il Signore ci invita alla mensa della sua Parola e del suo Corpo, a fare comunione con Lui e con i fratelli. Da Lui apprendiamo l’arte del vivere nella fede, dicendo grazie per i doni che abbiamo ricevuto e che fanno grande la nostra vita. Se riconosciamo questo, scopriamo la vera umiltà, e Dio ci innalza ancora di più e ci porta alla sua altezza. Partecipiamo al Banchetto divino per servire il Signore e ricevere la ricompensa del Regno eterno.
«Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato».
Il Signore ci invita alla mensa della sua Parola e del suo Corpo, a fare comunione con Lui e con i fratelli. Da Lui apprendiamo l’arte del vivere nella fede, dicendo grazie per i doni che abbiamo ricevuto e che fanno grande la nostra vita. Se riconosciamo questo, scopriamo la vera umiltà, e Dio ci innalza ancora di più e ci porta alla sua altezza. Partecipiamo al Banchetto divino per servire il Signore e ricevere la ricompensa del Regno eterno.
Prima Lettura.
Il segreto del libro del Siracide sta nell'avere a cuore il bene del figlio: ogni consiglio, ogni rimprovero, ogni preghiera, e ogni correzione non hanno mai come fine l'imposizione di un proprio punto di vista, ma la crescita serena del figlio. Un figlio, cioè ogni giovane che si affaccia sull'avventura della vita e che rischia di trovarsi disarmato e debole. Il consiglio è di rifuggire l'orgoglio e la superbia; quando le opere sono compiute secondo queste due direttrici l'esito non può mai essere positivo. È nella natura degli uomini grandi essere umili e miti, basti pensare ad un padre ed a una madre che, pur essendo grandi, si piegano ai bisogni, ai desideri, ai tempi del proprio figlio. Questa legge della natura vale anche davanti Dio; anzi di fronte a Lui questa legge umana acquista un carattere di salvezza, tanto che proprio Gesù, all'inizio della sua missione, dirà: «Beati i miti perché erediteranno la terra».
Seconda Lettura.
Il cristiano, secondo l'autore della lettera agli Ebrei, non è l'uomo delle grandi e tante manifestazioni del divino, ma è colui che dimora nella città del Dio vivente e partecipa della vita di Dio. Con Gesù di Nazareth si entra nell'unico, grande avvenimento del Dio con noi. Se ci fermiamo a pensare a questa grande verità non possiamo non sentire lo stupore per il dono magnifico che ci ha portato Gesù: la comunione con il Padre. Il grande dono di grazia consiste in questo rapporto da «primogeniti» con Dio e destinatari di quella benedizione che presso l'antico popolo dell'alleanza era riservata solo a uno dei figli. Figli nel Figlio, per essere benedetti e quindi diventare noi stessi benedizione per tutti.
Vangelo.
Nessun gesto, nessun avvenimento, anche quello che sembra il più feriale, il più scontato, come può essere un pranzo o una cena, è privo di un valore eterno. In ogni nostro gesto si esprime il nostro cuore, la verità più profonda di noi stessi. Gesù non ha eguali quando si tratta di osservare la realtà per farvi emergere una verità. E anche oggi, durante un normalissimo banchetto, egli non fa mancare il suo sguardo che vede, educa, corregge, dirige. I farisei, con i quali Gesù è seduto a tavola, lo osservano e con questo atteggiamento hanno l'intenzione di coglierlo in fallo. Il loro invito non è gratuito, disinteressato, ma piuttosto un banco di prova per poi accusare l'ospite nei suoi atteggiamenti. Lo sguardo di Gesù coglie la verità e vede quella voglia di primeggiare… ma tutto per lui è motivo di evangelizzazione. Ecco la parabola che dice ma non giudica, che ha come scopo unicamente quello di far sorgere nel cuore dei suoi uditori la domanda: «E io, in questo racconto, chi sono?». Dalla risposta a questa domanda nasce un cammino di liberazione dalle apparenze che ci trasformano in protagonisti per vivere una vita autentica secondo il disegno di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.