Preghiera e Liturgia

2 Domenica di Quaresima 2019

Trasfigurazione Cappella SeminarioAvvolti nella Luce.
«E' bello per noi stare qui» Lc 9,33.

La scena della Trasfigurazione si discosta dall’iconografia tradizionale ad andamento orizzontale, che mette in alto e ai lati di Cristo le figure di Elia e Mosè e sotto i tre discepoli negli atteggiamenti del dialogo, del timore e dell’adorazione. La scena si staglia su un fondo decisamente nero, ad indicare che di fronte alla luce divina del Trasfigurato, quella del giorno annichilisce e diventa notte.
«La Trasfigurazione» Marko Rupnik 2012 - Cappella del Seminario Vescovile di Verona.

IL TRASFIGURATO.
La scena coglie l’ostensione della natura umana del Cristo, nella grande visione del Tabor. Realizzato in varie tonalità di bianco e oro, il mosaico presenta l’umanità assunta dal Verbo, trapassata e circondata dalla gloria della maestà divina. La figura del Cristo è colta nell’atto del camminare, simbolo del suo ministero messianico: Egli è Colui che viene dall’alto Gv 3,31, da Dio Gv 6,46, nel nome del Signore Gv 12,13, per la salvezza del mondo Gv 3,17; in Luca è colui che si dirige decisamente verso Gerusalemme e gli eventi ivi legati Gv 9,51 e che Risorto, rimane in cammino con i discepoli Lc 24,15. Consegnandosi nelle mani degli uomini Cristo mostra, nel modo più intenso possibile, l’invincibile amore del Padre. L’umanità trasfigurata e splendente sul Tabor è lettura e anticipazione di quella morente e oblativa del Golgota, massima e definitiva rivelazione dell’amore di Dio. Il Cristo trasfigurato tiene nella mano sinistra un rotolo aperto: si tratta dell’elenco dei peccati di tutta l’umanità, divenuto bianco come la neve. L’inchiostro è diventato vivo argento: il male non è stato semplicemente azzerato, ma convertito.
 
ELIA E MOSÈ.
I due personaggi ai lati del Cristo Trasfigurato rappresentano la convergenza assoluta della profezia e della legislazione nella Pasqua di Cristo, che entrambe le verifica. Il gomito del Cristo esce quasi dal rotolo di Elia, mentre Mosè, guardando Cristo, lo indica come la Legge Nuova che compie l’Antica. Mosè ed Elia parlano con Cristo, ma non con gli Apostoli: l’Antico Testamento parla a noi attraverso Cristo.
 
I DISCEPOLI.
Seguendo uno schema verticale, la scena abbina due discepoli del Nuovo ai due Padri dell’Antico Testamento. Sotto il profeta Elia è raffigurato Giovanni, che in mano stringe un rotolo chiuso. Al profeta del Carmelo è così associata la profezia di Pathmos e la grande visione dell’Apocalisse. Pietro, invece, è in corrispondenza con Mosè: tutti e due indicano l’istituzione, la legislazione e il governo. Tra i piedi del primo degli Apostoli sta il gallo, a ricordare che Pietro è un peccatore perdonato e che il potere di Cristo è un potere che redime. Entrambi gli Apostoli, la profezia e la legge, il carisma e l’istituzione, indicano l’altare, il luogo dove avviene la Trasfigurazione e si apre l’accesso ad essa. L’Eucaristia convoca l’intero Corpo di Cristo, e noi siamo trasportati dalla forza del rito sulla piazza d’oro della Gerusalemme futura Ap 21,21. Il cambiamento che accade durante la Trasfigurazione non riguarda la persona del Signore, ma gli occhi dei discepoli che, cessando di essere carnali, vedono spiritualmente. Per questo motivo Giacomo, in disparte, si protegge gli occhi col mantello, affinchè si aprano i sensi spirituali e la luce assoluta di Dio possa risplendere nell’anima che la contempla, trasformandola.
 
LA MANO DEL PADRE (che in questa immagine non si vede...).
Il mosaico, che si sviluppa su due livelli, aggiunge, nel colmo del tetto, la dimensione trinitaria della Trasfigurazione. Da un ricco mantello celeste scende la mano del Padre, simbolo della sua opera creatrice. È una mano totalmente aperta, perché è l’unica che non prende niente e dà tutto. Dalla mano del Padre scende una piccola scheggia rossa, simbolo dello Spirito che trasfigura il Cristo e in Lui ci rende figli.

Sia lodato Gesù Cristo.

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