Preghiera e Liturgia

Santa Famiglia di Nazareth 2018

Santa Famiglia2018

Gesù è Dio e scende con noi.
«Scese dunque con loro...» Lc 2,51.

Oggi è la festa della Santa Famiglia di Nazareth, e dunque, la festa di tutte le famiglie. Luca è l'unico a riportare una scena di vita familiare che ha come protagonisti Maria, Giuseppe e Gesù. Io potrei parlare della mia famiglia di origine a cui voglio un mondo di bene, potrei dirvi qualcosa della mia mamma, del mio papà, di mio fratello…questa è la mia esperienza di famiglia ancora oggi che sono arrivato a 60 anni di età. Sono Sacerdote del Signore e della Chiesa… quindi che per la mia scelta ho deciso di non formare una mia famiglia. Ci sono però alcuni pensieri che mi nascono dall'ascolto della Parola e che mi piace condividere con voi. Intanto, celebrando questa festa, ci accorgiamo che quella di Nazareth non è una famiglia perfetta. E qui possiamo tirare un sospiro di sollievo: non è una famiglia priva di problemi e di incomprensioni, proprio come tutte le nostre famiglie. «Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» e, unite a queste, le parole dell'evangelista che sottolinea che Giuseppe e Maria non comprendono le parole di Gesù.
Il Vangelo, infatti, non tace le debolezze della famiglia di Nazareth, rinchiudendola in un ideale ben difficile da imitabile. Bello questo particolare: il Vangelo non nasconde i limiti. Che triste invece quando nascondo i miei limiti oppure ho a che fare con persone che nascondono e si nascondono provando a raccontarti, come si dice, «quella dell'orso», poi li scopri e ti domandi: ma perchè c'è stato bisogno di inventarsi questa scusa?
Tornando all'angoscia: appartiene a Maria e appartiene a Giuseppe così come appartiene ad ogni mamma e ad ogni papà quando il figlio o la figlia cominciano a chiedere o a fare delle cose nelle quali difficilmente ci si può riconoscere. La non comprensione del figlio ma anche quella fra di loro, aggiungo io: chissà quante volte Maria e Giuseppe si sono dati la colpa l'un l'altro per non aver badato a sufficienza a Gesù. Eppure Gesù cresce in sapienza, età e grazia. Quel Figlio ha imparato anche attraverso genitori limitati, genitori che non capivano, come a dire che si cresce anche in una casa, in una famiglia segnata dalla debolezza e dal limite.
 
Alcuni giorni fa, durante la Santa Messa del giorno di Natale è risuonata nelle nostre orecchie e nei nostri cuori la parola dell'Incarnazione: «Il Verbo si fece carne... il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi». Il Verbo, la Parola, Gesù scende, viene nella vita, viene ad abitare nella nostra vita. Anche il Vangelo appena ascoltato ci parla di Dio che scende, nella Santa Famiglia, ci racconta di un Dio che si fa figlio e continua a scendere. Il testo originale in greco, infatti, dice proprio che Gesù «scese» con loro, e poi - altra forma, altro modo di scendere -, stava loro sottomesso. È molto importante che il Vangelo ci racconti di Gesù che nel momento in cui i suoi genitori non capiscono, scende con loro. Dio che nonostante le incomprensioni, la non accoglienza, la non vigilanza, ha un'unica risposta: scendere con l'uomo.
 
Ricordo che un giorno, giovane adolescente, proprio perché avevo ormai dichiarato di non essere stato capito, me ne sono uscito di casa sbattendo la porta e andandomene per un’ora…e chissà, forse capita a tanti. Qui invece il contrario: due genitori non capiscono e per tutta risposta Gesù non se ne va, scende con loro. Questo vale anche per la nostra relazione con Dio: tutte le volte che non capiamo, che ci domandiamo perché, nella malattia di una persona cara… Dio scende con me, proprio perché non capisco; in quel fatto, così doloroso, impossibile da accettare, Dio scende con me; in quella persona, che improvvisamente scopri così diversa da come si era mostrata a te e non capisci più, Dio scende con te; nella persona che ami, e che ha bisogno di conferme da doversi mettere alla prova per sapere se vale ancora qualcosa agli occhi degli altri, Dio scende con te; in quel figlio adolescente o poco più, che risponde e pretende e crede di saperla lunga e per il quale ti sei battuto fino all'inverosimile e che non capisci e che non ti capisce, Dio scende con te; forse ti sembra una magra consolazione ma un Dio che scende, come dicono i ragazzi oggi, è tanta roba!
In Gesù, Dio scende e prende dimora, abita in questa storia contrassegnata dal nostro limite; ha toccato con mano il limite dei suoi genitori, tocca con mano i miei, i nostri limiti e non per questo fugge via o ha parole di rimprovero o di disperazione tipo: «Ecco, qui non capiscono, non c'è niente da fare!». Invece scende, fa un ulteriore pezzo di strada. Gesù cresce in sapienza, età e grazia, proprio perché scende; l'incarnazione è questa discesa che è durata per tutta la sua vita, non è stata questione di un giorno. Scende anche con Pietro, in quello sguardo d'amore che ha strappato lacrime di pentimento ma forse anche di stupore: «Fino a qui è sceso con me il mio maestro, fin dentro il mio rinnegamento, non mi ha voluto lasciare solo».
 
Signore, scendi con me, con noi e con tutti: nei nostri dubbi, nelle nostre domande, nel nostro dolore e continua a stare, a farci compagnia, a fare un pezzo di strada con noi. Che bella la Chiesa quando è capace di annunciare fino in fondo la Verità, ma di scendere, di capire certe lontananze, certi peccati, magari non capisce, però scende ugualmente. Che bella la Chiesa quando davanti alla debolezza dei propri figli, invece di scappare via, scende con loro perché riconosce in quello scendere la scelta di Dio, il suo mescolarsi con la vita degli uomini perché è quella la legge dell'incarnazione. Poi c'è anche l'altra discesa, la sottomissione.  «Stava loro sottomesso»: non so spiegarmi bene, ma so che Dio che si sottomette, almeno per me, è proprio affascinante, sottomesso a delle persone, non a degli ordini. Se mi metto in ascolto, se credo che dall'altro posso «andare a scuola» ed imparare, allora vivo con saggezza e con umiltà. Questo tema della sottomissione è importante anche nella Prima Lettura, dove Anna restituisce a Dio quel figlio che è convinta di avere avuto in dono: una donna di fede, una donna che si sottomette alla volontà di Dio riguardo al figlio. Anna no, ha un unico desiderio: vuole condurre Samuele a vedere il volto del Signore e cederlo al Signore per tutti i giorni della sua vita. Ci viene detta qui la nostra vocazione, quella di condurre anzitutto a leggere i volti, incontrarli, riconoscere in loro un tratto, straordinario ed incancellabile, del volto di Dio.
 
Due segni ulteriori di luce e che possono aiutarci:
- il verbo «cercare», la domanda che Gesù fa ai suoi: «Perché mi cercavate?» Non è una domanda scontata, e scontata non è la risposta perché non è rivolta soltanto a Maria e a Giuseppe, ma è rivolta al lettore del Vangelo che in ogni tempo cerca Dio. Cerco Gesù nella mia vita? E se lo cerco, perché? Per portarlo dove voglio io o per lasciarmi condurre da Lui a vedere il volto del Signore?
- la risposta che Gesù dà a sua Madre e che tradotta in modo letterale dal greco, suona così: «Non sapevate che io devo essere nelle cose del Padre mio?».
 
Forse possiamo cominciare proprio dall'Eucaristia:
viviamola non come il rispetto di un precetto, ma come un essere e uno stare nelle cose di Dio.
In famiglia diventiamo veri testimoni dell’Eucaristia.
 
Sia lodato Gesù Cristo.

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