4 Domenica di Avvento 2018
«Gaudete in Domino» Esortazione apostolica di Sua Santità Paolo VI - Maggio 1975
«Rallegratevi sempre nel Signore» Fil 4,4-5.
«Rallegratevi sempre nel Signore» Fil 4,4-5.
Dopo venti secoli, questa sorgente di gioia non ha cessato di zampillare nella Chiesa, e specialmente nel cuore dei Santi. È necessario che noi, ora, facciamo sentire qualche eco di tale esperienza spirituale, che, secondo la diversità dei carismi delle vocazioni particolari, illumina il mistero della gioia cristiana. Al primo posto ecco la Vergine Maria, piena di grazia, la Madre del Salvatore. Disponibile all'annuncio venuto dall'alto, essa, la serva del Signore, la sposa dello Spirito Santo, la Madre dell'eterno Figlio, fa esplodere la sua gioia dinanzi alla cugina Elisabetta, che ne esalta la fede: «L'anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore... D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» Luc. 1,46-48. Lei ch'è madre dei dolori. Ma essa è anche aperta senza alcun limite alla gioia della Risurrezione.
Quale mirabile risonanza acquistano, nella sua esistenza di Vergine d'Israele, le parole profetiche rivolte alla nuova Gerusalemme: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto col manto della giustizia, come uno sposo che si cinge di diadema e come una sposa che si adorna di gioielli» Is. 61,10. Vicina al Cristo, essa ricapitola in sé tutte le gioie, essa vive la gioia perfetta promessa alla Chiesa: Mater piena sanctae laetitiae; e giustamente i suoi figli qui in terra, volgendosi verso colei che è madre della speranza e madre della grazia, la invocano come la causa della loro gioia: Causa nostrae laetitiae.
Le esperienze interiori s'incontrano, pur nella diversità delle tradizioni, in Oriente come in Occidente. Queste attestano un medesimo itinerario dell'anima, per crucem ad lucem, e da questo mondo al Padre, nel soffio vivificante dello Spirito. I maestri dello spirito ci lasciano sempre un messaggio sulla gioia. I Padri orientali abbondano di testimonianze su questa gioia nello Spirito Santo. Origene, ad esempio, ha descritto spesso la gioia di colui che entra nella conoscenza intima di Gesù: l'anima è allora inondata di allegrezza come quella del vecchio Simeone. Nel tempio che è la Chiesa, egli stringe Gesù fra le braccia. Egli gode pienamente della salvezza tenendo fra le mani colui nel quale Dio riconcilia a sé il mondo Cfr. In Lucam Hom. 15: PG 13, 1838-1839. Nel Medioevo, fra molti altri, un maestro spirituale d’Oriente, Nicola Cabasilas, vuole dimostrare come l'amore di Dio per lui procuri il massimo della gioia Cfr. De vita in Christo, VII: PG 150, 703-715. In Occidente, basti citare qualche nome fra quelli che hanno fatto scuola sul cammino della santità e della gioia: sant'Agostino, san Bernardo, san Domenico, Sant'Ignazio di Loyola, san Giovanni della Croce, santa Teresa d'Avila, san Francesco di Sales, san Giovanni Bosco.
Ma ricordiamo tre figure, che ancora oggi attirano l'insieme del popolo cristiano. Anzitutto il Poverello d'Assisi, sulle cui tracce si sforzano di mettersi numerosi pellegrini. Avendo abbandonato tutto per il Signore, egli, grazie a madonna povertà, ricupera la prima beatitudine, quando il mondo uscì intatto, dalle mani del Creatore. Nella sua spogliazione, ormai quasi cieco, egli poté cantare l'indimenticabile Cantico delle creature, la lode di frate sole, della natura intera, divenuta per lui come trasparente, specchio immacolato della gloria divina, e perfino la gioia davanti alla venuta di «sora nostra morte corporale»: «Beati quilli ke se trovarà ne le tue sanctissime voluntati». In tempi più vicini a noi, santa Teresa di Lisieux ci mostra la via coraggiosa dell'abbandono nelle mani di Dio, al quale essa affida la propria piccolezza. Ma non per questo essa ignora il sentimento dell'assenza di Dio, cosa di cui il nostro secolo, a suo modo, fa la dura esperienza: «Talvolta all'uccellino (a cui essa si paragona) sembra di credere che non esista altra cosa all'infuori delle nuvole che l'avvolgono... È quello il momento della gioia perfetta per il povero debole esserino . ... Che gioia per lei restarsene là malgrado tutto, fissare la luce invisibile che si nasconde alla sua fede» S. Thérèse DE LISIEUX, Histoire d'une âme, Manuscrits autobiographiques, Cerf-Desclée de Brouwer, Paris 1973, p. 227 (MS. B, f. 5). Infine come non ricordare, immagine luminosa per la nostra generazione, l'esempio del beato Massimiliano Kolbe, genuino discepolo di san Francesco? Durante le prove più tragiche, che insanguinarono la nostra epoca, egli si offrì spontaneamente alla morte per salvare un fratello sconosciuto; e i testimoni ci riferiscono che il luogo di sofferenze, ch'era di solito come un'immagine dell'inferno, fu in qualche modo cambiato, per i suoi infelici compagni come per lui stesso, nell'anticamera della vita eterna dalla sua pace interiore, dalla sua serenità e dalla sua gioia.
Nella vita dei figli della Chiesa, questa partecipazione alla gioia del Signore non si può dissociare dalla celebrazione del mistero eucaristico, dove essi sono nutriti e dissetati dal suo Corpo e dal suo Sangue. Di fatto, in tal modo sostenuti, come dei viandanti sulla strada dell'eternità, essi ricevono in modo sacramentale la gioia. Fratelli e Figli carissimi, non è forse normale che la gioia abiti in noi allorché i nostri cuori ne contemplano o ne riscoprono, nella fede, i motivi fondamentali? Sono semplici: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito; mediante il suo Spirito, la sua Presenza non cessa di avvolgerci con la sua tenerezza e di penetrarci con la sua Vita; e noi camminiamo verso la trasfigurazione della nostra esistenza nel solco della risurrezione di Gesù.
Sì, sarebbe strano se questa Buona Novella, che suscita l'alleluia della Chiesa, non ci desse un aspetto di salvati.
La gioia di essere cristiano, strettamente unito alla Chiesa, «nel Cristo», in stato di grazia con Dio, è davvero capace di riempire il cuore dell'uomo. Non è forse questa esultanza profonda che dà un accento sconvolgente al Mémorial di Pascal: «Gioia, gioia, gioia, pianti di gioia»? E vicinissimi a noi, quanti scrittori sanno esprimere in una forma nuova - pensiamo per esempio a Georges Bernanos - questa gioia evangelica degli umili, che traspare dappertutto in un mondo che parla del silenzio di Dio! La gioia nasce sempre da un certo sguardo sull'uomo e su Dio: «Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce» Luc. 11,34. Noi tocchiamo qui la dimensione originale e inalienabile della persona umana: la sua vocazione al bene passa per i sentieri della conoscenza e dell'amore, della contemplazione e dell'azione. Possiate voi cogliere quanto c'è di meglio nell'anima dei fratelli e questa Presenza divina tanto vicina al cuore umano. In Dio stesso tutto è gioia poiché tutto è dono.
Perciò la nostra ultima parola in questa Esortazione è un appello pressante a tutti i responsabili e animatori delle comunità cristiane: non temano di insistere, a tempo e fuori tempo, sulla fedeltà a celebrare nella gioia l’Eucaristia domenicale. Che la partecipazione ad essa sia insieme degnissima e gioiosa! È il Cristo, crocifisso e glorificato, che passa in mezzo ai suoi discepoli, per trascinarli insieme nel rinnovamento della sua risurrezione. È il culmine, quaggiù, dell'Alleanza d'amore tra Dio e il suo popolo: segno e sorgente di gioia cristiana, tappa per la Festa eterna. Là il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vi guidino!
Noi di gran cuore vi benediciamo.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 9 maggio dell'anno 1975, dodicesimo del Nostro Pontificato.
La prima parte dell'Esortazione Apostolica viene enunciata nella Domenica precedente, 3^ di Avvento.