Immacolata 2018
«Io sono l’Immacolata Concezione».
«Nulla è impossibile a Dio» Lc 1,37.
In una fredda mattina del gennaio 1849 Pio IX si affaccia dal balcone del palazzo che lo ospita e vede il mare in tempesta. È preoccupato. Gli è accanto il cardinal Lambruschini suo compagno di esilio nella fortezza di Gaeta. Erano fuggiti da Roma in seguito alla rivolta che già aveva fatto delle vittime. Il cardinale dice al Papa: «Vostra Santità non guarirà il mondo dai mali che l'opprimono… se non proclamando articolo di fede l'Immacolata Concezione della Madonna». Pochi giorni dopo...
Pio IX diffonde una lettera in cui chiede ai Vescovi di prendere posizione sul dogma dell’Immacolata. L'esito è quasi plebiscitario e l'8 dicembre del 1854 il Papa può dichiarare il solenne dogma di fede secondo cui «la beatissima Vergine Maria sin dal primo istante del concepimento, per singolare grazia e privilegio di Dio e in vista dei meriti di Gesù Cristo, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale». La mattina di quell'8 dicembre, nella Basilica di san Pietro, al momento della lettura del testo ufficiale, Pio IX è investito da un fascio di luce proveniente dall'alto, fenomeno sorprendente, perché in nessun periodo dell'anno, e tanto meno alla vigilia della stagione invernale, da nessuna finestra un raggio di luce poteva raggiungere l'abside dove si trovava il Papa. È una sorta di «approvazione del cielo», l'auspicio di un più lieto avvenire nell'allora tormentata vita della Chiesa. E la proclamazione dell'Immacolata ridà nuove risorse spirituali alla comunità dei credenti. Tre anni e pochi mesi dopo quell'8 dicembre, precisamente l'11 febbraio del 1858, la Madonna apparendo a Lourdes, con tono solenne, a Bernardette che le chiedeva con insistenza chi fosse dice: «Io sono l’Immacolata Concezione» a conferma del pronunciamento papale.
Una sosta mariana, in questo cammino di Avvento, per celebrare l'Immacolata Concezione della Vergine Maria. Il Vangelo è quello dell'Annunciazione. L’annunzio della nascita di Gesù a Maria, costituisce il centro del Vangelo dell’infanzia secondo la narrazione di Luca. Il nome della Vergine Maria, importante per la nostra vita, assume un ruolo misterioso, ma eminente. L’ebraico Mirjam va tradotto con «Illuminatrice del mare» o con «Stella del mare», traduzione, quest’ultima, preferita da San Bernardo. Luca vuole sottolineare la povertà della sua condizione: è una donna, è vergine, priva dell’unico valore riconosciuto alla donna nella società antica: la maternità; vive a Nazareth, oscuro villaggio di una regione religiosamente infida. Ma Dio ama compiere le meraviglie della sua opera proprio nella debolezza della condizione umana; san Paolo ricorda che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza Cfr. 2Cor 12,7-10. Così Maria diventa la “proclamazione della grazia di Dio»; niente in lei è grandezza puramente umana; tutto in lei è opera di Dio. Nel l'annunciazione abbiamo il mistero dell’incontro tra l’uomo e Dio che non si può spiegare perché è l’incontro dell’amore. Avviene e basta. È un incontro che lascia il segno: qui sta la grandezza. La novità è questa: la speranza del popolo trova il suo compimento nella Vergine di Nazareth, Maria, che sta per diventare madre del Figlio dell’Altissimo, del Salvatore del mondo. San Giovanni Crisostomo ci aiuta a capire questa novità con queste parole: «È in te colui che si trova dappertutto; è con te e viene da te, lui che è il Signore in cielo, Altissimo nell’abisso…, Creatore al di sopra dei cherubini…, Figlio in seno al Padre, Unigenito nel tuo ventre, Signore – egli sa come – interamente dappertutto e interamente in te».
«Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzareth» v. 26.
La Parola porta un evento, un annuncio, qualcosa di nuovo, bello, inaudito. È il sesto mese. Da cosa? Abbiamo un dato cronologico che ci riporta all'episodio precedente, il concepimento di Giovanni Battista. Il sesto mese è in riferimento alla gravidanza di Elisabetta. Inizia la chiamata di Maria, la sua umile e «potente» comparsa sulla scena della salvezza. Dio si fa presente proprio in questo contesto per mezzo dell’angelo Gabriele. Egli viene ricordato solo due volte nell'AT. È il messaggero che svela a Daniele i tempi della fine Dn 8,16 e 9,21. È l'angelo che apre il tempo del compimento delle promesse divine. Questo accade a Nazareth. Non è Gerusalemme, la città santa, la città del culto, dove avvenne l’annunzio a Zaccaria, ma è un villaggio di una regione disprezzata, infedele e semipagana; un villaggio che non gode di buona fama cfr. Gv 1,46 e totalmente ignorato dall'AT.
«A una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» v. 27.
La prima parola con cui Luca qualifica Maria è: «vergine, promessa sposa» . La parola “vergine” in greco parthenos, mentre in ebraico almah, designa sia una ragazza vergine e sia una donna appena sposata. Il termine greco vuole anche indicare una fanciulla che non ha avuto rapporti sessuali. Nella Bibbia, inoltre, indica una vita disposta ad accogliere. Maria rappresenta, nella prospettiva del Vangelo, la novità compiuta dalla grazia di Dio. La menzione di Giuseppe, figlio di Davide, giustifica, sul piano storico e legale, la promessa riguardante il figlio di Maria: Dio gli affiderà il trono di Davide suo antenato. Luca riporta anche il nome della Vergine: Maria, il cui nome significa «amata».
«Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» v. 28.
Quì inizia il dialogo. L'ascolto è strutturato da un saluto e un appellativo, seguiti dalla garanzia di protezione divina. Nel testo originale il saluto suona così: Kaire kekaritoméne; cioè: «rallegrati tu che sei stata trasformata (o ricolma) dalla grazia» cfr. Sof 3,14ss.; Zc 2,14. Possiamo leggere questo saluto con queste parole: «Rallegrati… Dio ti ha guardato con favore, con benevolenza, ti ha guardato con la ricchezza della sua generosità e ha trasformato la tua vita con il suo dono di grazia; per cui la forma che la tua vita ormai ha assunto è la forma prodotta in te dalla grazia di Dio, dal dono di Dio». Il verbo usato indica una condizione permanente. Maria è identificata dall’inviato di Dio come colei che è totalmente avvolta da suo amore gratuito. Questo saluto si conclude con la protezione divina: «Il Signore è con te». È una espressione familiare che troviamo sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento.
«A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo» v. 29.
Qui inizia il messaggio dell’angelo Gabriele, al quale fanno da contrappunto una riflessione e una domanda di Maria. Maria rimane turbata: è il suo travaglio che si pone davanti al suo Signore con timore. Il turbamento di Maria, più che per l'apparizione, come accade a Zaccaria, è per il saluto. Ella continua a stare alla Sua presenza, diventa modello e icona del cammino di ciascun cristiano. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù». v. 30-31. Non è un saluto, ma una realizzazione messianica. Maria sarà la madre del Messia atteso e annunciato. Il turbamento di Maria non è un semplice «turbare», ma un perturbare, sconvolgere… e fa parte del genere letterario delle annunciazioni cfr. Lc 1,12 corrispondendo alle perplessità che avviene in ciascun chiamato ancora oggi. Maria è la donna che, nella routine della vita ordinaria, si trova davanti al piano divino (elezione) che Dio intende realizzare per mezzo della sua persona a favore del popolo. Maria è la donna che fa passare Dio nel suo cuore (re-cor-dare) per concepire un figlio, darlo alla luce e chiamarlo Gesù; accoglie i segni della realizzazione di quanto le viene prospettato nel miracolo del concepimento di Elisabetta e finalmente pronuncia il suo fiat.
«Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» v. 32-33.
Questa descrizione è la spiegazione del mistero. Una serie di titoli messianici: "sarà grande", "Figlio dell’Altissimo" nel suo grembo l'Altissimo sta per assumere forma umana. Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?» v. 34. In questa domanda troviamo sempre l’opposto con Zaccaria che cerca un segno. Maria, invece, cerca la sua obbedienza in Dio in maniera cosciente e responsabile. È una ricerca di come dovrà svolgere il suo ruolo, di come realizzare i disegni di Dio. Maria in questa sua ricerca comincia a dare corpo a questa chiamata divina, a capire che «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome» Is 49,1. Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra» v. 35. La risposta dell’angelo affonda sull’azione dello Spirito Santo potenza creatrice, fonte di vita, che aleggiava sulle acque Gn 1,2, atteso per i tempi finali e che rinnova tutto, dato alla Chiesa il giorno di Pentecoste, ma già operante nella vita pubblica di Gesù. Lo Spirito opera in Maria il grande intervento divino della salvezza. Egli è Colui che copre, adombra come una nube. L'ombra, la nube nell'AT, sono i segni della presenza divina cfr. Es 13,21; 19,16; 40,34-35. Anche nel NT viene ripreso con lo stesso significato cfr. Lc 9,34-35. Non si tratta di una presenza qualunque, come quella che nell'AT Dio riservava ai grandi uomini, ma di una presenza divina speciale cfr. Es 40,35.
«Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» v. 35b.
Gesù nascerà santo, nella santità che si addice a Dio solo, sarà chiamato Figlio di Dio e come tale sarà riconosciuto.
«Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio» v. 36-37.
È la conclusione del discorso che si fa garanzia di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Per Maria non è una novità quel «nulla è impossibile a Dio», l'ha meditato! Ha ricordato cioè ha fatto passare Dio nella sua vita, nel suo cuore, più volte. In questa garanzia vi è la fede di un popolo, la gioia di chi ripone fiducia in Dio 2Tm 1,12.
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola. E l'angelo si allontanò da lei» v. 38.
La risposta di Maria «Eccomi», la ritroviamo circa 200 volte perché Dio passa sempre dalla vita dell'uomo, lo chiama. L'espressione infatti è di colui o colei che ripone fiducia in Dio, che si mette a completa disposizione per compiere la sua volontà. Anche in questo versetto troviamo ancora una qualifica di Maria: «serva del Signore o schiava». Il sì di Maria è un sì gioioso "ghénoito" è il primo sì alla consegna che Dio fa di se stesso nelle mani di ogni uomo e di ogni donna. Gesù è il consegnato dal Padre nelle mani dell’altro. E Maria, attraverso il suo sì, permette questo: permette che attraverso di lei abbia inizio la consegna di Gesù. È lei il l'ancella, titolo riservato ai grandi personaggi di fede e che ora è chiamata a donare il Verbo all'umanità!
Sia lodato Gesù Cristo.