Líbera me, Dómine, de morte ætérna,
in die illa treménda.
Quando cœli movéndi sunt et terra.
Dum véneris iudicáre sǽculum per ignem.
Tremens factus sum ego,
et tímeo, dum discússio vénerit,
atque ventúra ira.
Quando cœli movendi sunt et terra:
Dies illa, dies iræ,
calamitátis et misériæ,
dies magna et amára valde.
Dum véneris iudicáre sǽculum per ignem.
Réquiem ætérnam dona eis, Dómine:
et lux perpétua lúceat eis.

Giuseppe Verdi – 1869

Liberami, Signore, dalla morte eterna,
in quel giorno tremendo.
Quando cieli e terra saranno sconvolti
e tu verrai a giudicare il mondo col fuoco.
Tutto tremente io sono, e atterrito,
al pensiero del giudizio
e della collera imminente.  
Quando cieli e terra saranno sconvolti:
Giorno d'ira quel giorno,
giorno di rovina e di miseria,
giorno grande e pieno d'amarezza. 
Tu verrai a giudicare il mondo col fuoco.
L’eterno riposo dona loro, Signore:
e splenda ad essi la luce perpetua.

I canti della Messa tradizionale per Defunti, denominati dalla prima parola della Messa propriamente detta «Requiem» includono alcuni dei più antichi, solenni e commoventi canti della Chiesa. Essi esprimono la serietà della morte e cercano la misericordia di Dio per coloro che sono scomparsi. Nella riforma liturgica succeduta al Concilio Vaticano II si sono soppressi dei testi che esprimevano una spiritualità ereditata dal Medioevo. Sono stati eliminati testi tanto familiari e persino amati come «Libera me, Domine» e «Dies irae», così come altri che parlavano del giudizio, del timore e della disperazione. Ma nella morte non c’è anche disperazione? I testi dell’antica Messa per i Defunti parlano della misericordia di Dio e del dono della salvezza, nel contesto della colpa umana e della giustizia di Dio.