Epifania 6 Gennaio 2014

StellaCometa2La velocità dell'informazione, delle notizie che ci arrivano ogni giorno, ma anche del nostro stile di vita che non ci da il tempo di assimilare le cose fatte pochi istanti prima perché già ne dobbiamo fare di nuove, ci hanno portato a bruciare le tappe, in molte cose.


Tutto di corsa, tutto bruciando le tappe, perché chi si ferma è perduto, e chi nella vita va avanti per piccoli e progressivi passi è spesso un emarginato. Anche nelle cose che realizziamo, facciamo sempre tutto di fretta, perché diciamo di non avere mai tempo, per cui ci portiamo avanti e facciamo tutto e subito.
Il modo stesso di fare il presepio è cambiato, ed è sintomatico: le statue dei Magi vengono messe subito nel presepio senza attendere il loro tempo. Non è neppure Natale ed essi magari già vengono ad adorare il Signore con i loro doni. Una volta, invece, s'iniziava a metterli ai margini del presepio, in lontananza, dietro le montagne di cartapesta, dove un po' di farina gialla tracciava il deserto nel quale si trovavano parcheggiati, e da dove a partire dal giorno di Santo Stefano si avvicinavano sempre di più verso la grotta per poi collocarsi davanti al Bambino Gesù la mattina del giorno dell'Epifania. E questo non solo perché venivano da lontano, ma perché erano lontani, e progressivamente si avvicinavano al Mistero del Figlio di Dio fatto uomo. 
Sì, perché figli di Dio magari lo si nasce, ma per rimanere in quello stato di grazia e benedizione, occorre riconoscersi in cammino, sempre, proprio come questi Magi, che vengono da un non meglio precisato Oriente e là vi ritornano facendo un'altra strada, quindi anche disposti a rimettersi sempre in discussione. 

Nel viaggio dei Magi possiamo trovare dei segni per il nostro cammino di fede: uniamoci anche noi alla carovana dei cercatori di Dio e iniziamo, o continuiamo, il viaggio che ci condurrà ad adorare il vero Re. Non corriamo il rischio di intraprendere da soli l'itinerario verso il Signore.
Difatti, è Lui che nel paradosso della grotta, Dio fatto uomo, mostra a tutti la sua divinità, e vuole radunare intorno al suo presepe tutte le genti, chiamando anche quelle che hanno smarrito la stella perdendo il cammino, oppure quelle che noi riteniamo meno degne di comparire al suo cospetto. Per unirsi al pellegrinaggio dei Magi, allora, bisogna scorgere le tracce di Dio nell'esistenza, sforzarsi di comprendere il suo linguaggio impercettibile; avere il coraggio di perseverare nonostante la fatica del viaggio e i giudizi della gente e, soprattutto, inginocchiarsi, riconoscere nel Bambino Gesù, il Signore e il Re di tutti i re. Prostrati e in adorazione davanti al bambino Mt 2,11, capiremo che Egli vuole la nostra collaborazione per realizzare la salvezza per tutti. È indispensabile, quindi, portare al nostro Re i doni come i Magi: l'incenso della fede e dell'ubbidienza, la mirra della testimonianza d'amore e l'oro della carità che ci spinge a lavorare nella Chiesa per la Sua gloria. Forse concretizzare quanto detto potrebbe risultare difficile: offrirsi ai fratelli, sacrificare l'esistenza senza che gli altri se ne accorgano. Però, i Magi, "al vedere la stella, provarono una gioia grandissima" v.10. Anche noi preghiamo perché, nelle difficoltà Lui si manifesti sempre più; nei dubbi di fede la sua stella illumini il nostro sentiero; negli attimi di sconforto essa brilli e indichi la via dell'amore. Inginocchiati, vicini alla Verità fatta storia, imploriamoLo perché anche per noi ci sia una vera Epifania, una nuova manifestazione del Signore alla nostra mente e al nostro cuore, così da trasmettere a tutti la consolazione e la dolcezza dell'amore di Dio.
Ma non sono di certo gli unici a muoversi progressivamente, in cammino verso la salvezza. Il profeta Isaia, nella Liturgia di oggi, ci parla di "genti" in cammino verso Gerusalemme, di re che vanno in cerca dello splendore della città santa, di abbondanza che proviene dal mare, di ricchezza delle genti, di cammelli e dromedari provenienti da Madian, Efa e Saba - Egitto, Arabia ed Etiopia, forse -; Paolo - più teologico e meno figurativo - parla di un cammino di rivelazione iniziato nelle "precedenti generazioni" e giunto poi agli apostoli e ai profeti.
Tutti in viaggio, insomma, tutti in cammino, a formare un solo popolo di fronte al Mistero dell'Incarnazione. L'Epifania, più che la festa di una stella cometa che appare nel cielo e porta suggestione ancora più di ciò che il Natale già porta con sé, è riconoscere il Mistero del Dio fatto uomo svelato progressivamente agli uomini di ogni tempo e di ogni luogo, purché accettino di fare la fatica di mettersi costantemente in cammino. Chi si ferma, è perduto; chi si ferma - leggi Erode, l'unico a non muoversi mai - non riconoscerà la grandezza del Mistero di Dio, e penserà di far coincidere la gloria di Dio con la propria gloria, eliminando tutto ciò che vi è di intralcio. Così si è formato il popolo di Dio, così si è formata e continua a formarsi la Chiesa; con uno stuolo di genti che da ogni parte della terra va a contemplare il Mistero. Ci sono tutti, in questa Epifania mai conclusa della Chiesa: gente che cammina con le proprie gambe e gente che viene portata in braccio, re e poveri, uomini e donne, popoli dei quattro punti cardinali della terra, genti che arrivano trasportate dal mare della confusione spirituale e genti che arrivano in fila, ordinati, come fossero una colonna di cammelli, apparentemente forti ma capaci anche di perdersi, in mezzo al deserto del nostro tempo e del nostro mondo di oggi. L'Epifania nella Chiesa continua, non si può fermare: il Mistero di Dio non è ancora rivelato pienamente a tutte le genti e a ogni uomo, e finché noi occupiamo questo lembo di terra e questo spazio di tempo, siamo tenuti a sentirci in cammino e a costruire il popolo di Dio, comunque e ovunque. E soprattutto, progressivamente, ossia senza bruciare le tappe, senza fare le corse, senza avere l'affanno di arrivare tutti insieme davanti alla grotta di Betlemme, senza l'assillo di sentirci i primi, privilegiati perché in ginocchio davanti al Signore o perché forti della nostra saggezza. Il messaggio finale del Natale, rivelato pienamente in questa mai conclusa Epifania, è quello di una Chiesa in cammino, sulle più diverse e disparate strade degli uomini, in cerca del senso profondo del loro essere: condividere - come ci dice Paolo - l'eredità di Gesù Cristo, divenendo anche noi Figli di Dio.

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