3 Domenica del Tempo Ordinario 2018

Giona"Giona, alzati, va' a Ninive
e annuncia loro quanto ti dico".
 
Giona è un profeta inviato da Dio verso la metà dell’VIII secolo a.C. a Ninive, la capitale dell’Assiria. Fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me». Ninive è una città nemica del piccolo regno di Israele, è una potenza che lo distruggerà nel 722 e deporterà molti ebrei. Ma Dio invia il profeta proprio al cuore della città. La reazione di Giona non si fa attendere: preso dalla paura egli scappa! Se Ninive è a oriente, al di là del deserto, il profeta va a occidente...
Giona"Giona, alzati, va' a Ninive 
e annuncia loro quanto ti dico".


Giona è un profeta inviato da Dio verso la metà dell’VIII secolo a.C. a Ninive, la capitale dell’Assiria. Fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me». Ninive è una città nemica del piccolo regno di Israele, è una potenza che lo distruggerà nel 722 e deporterà molti ebrei. Ma Dio invia il profeta proprio al cuore della città. La reazione di Giona non si fa attendere: preso dalla paura egli scappa! Se Ninive è a oriente, al di là del deserto, il profeta va a occidente...
Scende al porto di Giaffa per fuggire attraverso il mare fino a Tarsis, in Spagna. La paura nei confronti del potente, di chi domina con malvagità e prepotenza induce a non fare il profeta, a non parlare a nome di Dio, a tacere: ecco perché il testo sottolinea che Giona fugge «lontano dal Signore».
Il profeta riceve da Dio una missione, ma si chiude e non denuncia il male commesso dalla città di Ninive… e fa finta di niente. L’illusione che per vivere meglio si debba fingere di non vedere, la paura delle conseguenze di una parola pronunciata con con franchezza: tutto questo spinge a tacere, che equivale a fuggire. Si tratta di una verità valida ieri come oggi. Fare i profeti costa caro! Sì, fare i profeti costa fatica, incomprensione, isolamento. Ma in queste situazioni siamo forse tutti come Giona, pronti alla fuga?
Dio però impedisce a Giona la riuscita del suo progetto. Invia una tempesta che blocca il tragitto della nave e minaccia di distruggerla. Poi Giona, individuato come la causa di questa sciagura, è gettato in mare dove rimane per tre giorni e tre notti nel ventre di un grosso pesce. Qui egli si mostra pentito del rifiuto opposto a Dio, eleva a lui una lunga preghiera e infine viene rigettato dal pesce sulla spiaggia. A questo punto Dio gli rinnova la missione: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Questa volta Giona vi si reca e predica per tre giorni attraversando tutte le vie della città e chiedendo la conversione, il cambiamento del modo di vivere. Egli ha ancora paura, teme di essere ucciso da questi nemici di Israele, ma agisce secondo il comando del Signore. Il risultato è sbalorditivo: la grande città peccatrice si converte nella sua totalità (persino gli animali!), piange le proprie malvagità e fa digiuno. Allora «Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece».
 
Ciò che Dio desiderava, cioè la conversione dalla malvagità, si è puntualmente avverato, eppure Giona si arrabbia, va in collera: «Giona provò grande dispiacere e ne fu sdegnato». Nella sua ottica Ninive va punita per il male che ha commesso; la città si sarà anche convertita, ma la pena le deve essere assegnata, perché senza castigo e punizione non ci può essere neppure giustizia. In breve questo è il suo ragionamento: se Dio è giusto, deve punire i colpevoli. Anche noi – se siamo sinceri con noi stessi – la pensiamo come Giona: se il male non è punito, non c’è più giustizia. Quanti cristiani affermano: «Sì, Dio è misericordioso ma è anche giusto», e dunque pensano alla giustizia di Dio in maniera umana. Ma la giustizia di Dio non è la nostra, è la sua: è una giustizia che è sempre nello stesso tempo anche perdono e misericordia. Giona però non sopporta che la pena non arrivi. Dio allora gli chiede: «Ti sembra giusto essere sdegnato così?».
 
Ma egli si chiude in un altero silenzio, esce da Ninive e va su una collina a oriente della mura: «Si fece lì una capanna e vi si sedette dentro, all’ombra, in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città». È convinto che Dio, se davvero è giusto, farà scendere il fuoco su Ninive e la brucerà, e si pone in attesa di quella che lui crede essere la giustizia di Dio. A questo punto Dio decide di dare una lezione al profeta disubbediente che sembra non conoscere il suo cuore. Mentre Giona dorme Dio fa crescere sulla sua testa un alberello di ricino il qiqajon che gli fa ombra e gli è di conforto nell’arsura del deserto. Il profeta si rallegra di quell’ombra, ma l’indomani Dio invia il vento secco del deserto e fa seccare in un momento il qiqajon. Allora Giona, colpito dal sole, si infuria «e chiede di morire, dicendo: “Meglio per me morire che vivere”». 

 
È a questo punto che il libro si conclude con parole che costituiscono il suo vero insegnamento, per chi vuole e sa ascoltarlo - meraviglioso a livello letterario è il fatto che l’ultima parola sia una domanda, a cui ogni lettore è chiamato a rispondere -. Dio disse a Giona: «Ti sembra giusto essere così sdegnato per questa pianta di ricino?». Egli rispose: «Sì, è giusto; ne sono sdegnato da morire!». Ma il Signore gli rispose: «Tu hai pietà per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita! E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone?». Sì, Dio è misericordioso e buono verso la città, anche quando la città è peccatrice e perdona, perché gli uomini si pentono del male che hanno compiuto.
 
Ancora il tema della chiamata.
E della risposta.
Vediamo il profeta Giona che per la seconda volta viene mandato in missione a Ninive. Ma se prima era stato un evangelizzatore resistente alla chiamata, ora non cerca più di squagliarsela come aveva fatto prima. Ha finalmente capito che quando il Signore chiama, è meglio non cercare vie di scampo, se no lo aspettano le fauci spalancate di una balena. L'unico modo per scampare al pericolo è non cercare vie di scampo. Questo vale anche per noi: chissà quante volte abbiamo preferito di fuggire davanti alle vie che ci proponeva il Signore, e siamo finiti dritti dritti, nella gola oscura di qualche balena. Fidiamoci di Dio e non corriamo dietro alle balene. Aderiamo al Suo progetto e non solo ai nostri progetti: eviteremo così innumerevoli capitomboli!
 
Se trovate uno spazio di tempo, andate a leggere tutto il Libro di Giona.
È breve! Scritto 400 anni a.C. Non è una storia vera, è una storia che dice il vero, è una parabola. All'inizio Giona si illude di poter fuggire lontano da Jhwh, come se Dio fosse vincolato a uno spazio preciso. Non vuole andare a Ninive ad annunciare la salvezza, vuole fare di testa sua. Si trova solo, in mezzo al mare, con l'unica possibilità: quella di morire annegato. L'amorosa cura di Dio lo salva facendolo inghiottire da un grosso pesce, che lo riporta a Ninive. E qui annuncia a tutta la città quanto gli dice il suo Signore: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». Il numero 40 indica un tempo forte per fare qualcosa, per prendere decisioni, un'occasione decisiva, forse irripetibile. Gli abitanti di Ninive accolgono l'opportunità, credono al Dio di Giona, si convertono, cambiano direzione di vita. Ninive, che rappresenta tutte le minacce che il popolo ebraico ha dovuto affrontare, sarà salvata da Dio, malgrado la condanna che Giona era stato obbligato a pronunciare. La missione di Giona è incredibile per un giudeo: predicare la conversione in un mondo che era considerato segno della maledizione. Il Dio della misericordia “non ha piacere della morte del malvagio, ma desidera che si converta e viva”. La giustizia di Dio, non è la nostra, ma si rivela nella misericordia che trasforma chi la sa ricevere, chi ci crede, rende sano chi era ammalato, rende puro chi era sporco. La chiave di tutto è credere che ciò sia possibile a Dio, a un Dio diverso da noi, un Altro, quando nel nostro concetto esiste solo ciò che è come noi, esistiamo solo noi! Questo, è fondamentale: il mondo non lo racchiudiamo nella nostra esperienza, è di più! Per credere a questo, occorre un lavoro quotidiano, accorgerci intanto che lo pensiamo e aprirci a quello che non conosciamo, sapendo e credendo che esiste.
Anche noi non avremmo forse mai creduto che quella gente si sarebbe convertita, invece è successo perché ha saputo credere a un qualcosa di diverso da loro, qualcosa di più grande.

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